Asia Centrale

Afghanistan

Tra l’ Hindu Kush che si lega al Karakorum sfiorando le propaggini del Pamir, si aprono aridi gli altipiani tra l’ estate arroventata dai venti caldi e l’ inverno di gelide tormente, strette valli sfuggono come oasi fertili con i campi degli agricoltori che da sempre contendono queste terre agli allevatori nomadi. Andavo per la prima volta di altre a venire sulle vie dell’asia venendo dall’ Iran in tumulto contro l’ ultimo Sha che avrebbe ceduto alla rivoluzione e ci sono poi tornato a vedere come era andata a finire. Oltre frontiera le bande sanguinarie di Hekmatyar e il golpe di Hafizullah Amin, già testimone di ciò che cominciava in Iran mi trovavo anche negli eventi di quell’ Afghanistan, iniziando una vita di viaggi per il mondo a raccontarlo con i reportages, intuendo che non v’è comprensione senza conoscenza se si vuole essere testimone del tempo. Anche qui sono poi tornato dal Pakistan con trafficanti attraverso il Khyber rientrarando con una carovana per il Beluchistan, mentre altri corrispondevano dagli hotel di Peshawar e ridicoli politici anche nostrani si facevano fotografare con presunti protagonisti della guerra in Afghanistan. S’ era nell’ invasione sovietica contrastata dal Fronte Islamico, e andavo scoprendo le nefandezze di quei Mujaheddin che tutti glorificavano, presi nel mercato dell’oppio e sostenuti dalla CIA nel traffico, terrorizzavano la popolazione più dei sovietici, non difficile intuirne le successive degenerazioni Taliban. Testimonianza controcorrente e solo dopo quell’ undicisettembre la soddisfazione d’ aver capito molto prima e che qualcuno ha riconosciuto”…Testimone di un percorso del reportage dagli anni ’80 in poi con invasione sovietica in Afghanistan cercando di descriverne luoghi e popoli lasciando ad altri immagini di disperazione, una scelta narrativa per tutti i suoi reportages perché mostrando la quotidianità si può dare speranza…” Da sempre le vie dell’Asia e della Seta passano per le aride steppe e i territori dell’ Afghanistan dove per millenni si sono trovati popoli e culture, dalle migrazioni degli indoeuropei alle vie della Persia, dall’epica spedizione di Alessandro Magno alla diffusione delle religioni sulle vie della Fede con il buddismo prima e l’ Islam poi. Nel medioevo fu territorio dei Ghaznavidi e dell’ Impero Corasmio dall’ Oxus alla Transoxiana fino all’invasione dei Mongoli che tutto devastarono lasciandovi molti dei gruppi tribali che ancora lo popolano. Dominio di Tamerlano e poi dell’ Impero Moghul fino ai tentativi di influenza europea e nell’ottocento alla prima guerra seguì la seconda anglo afghana, il novecento con i regni di Amanullah Khan e poi Zahir Shah destituito dal Partito Popolare che ne fece Repubblica democratica. Sembrava uscire dal cupo medioevo tribale, ma troppo progressista per gli equilibri dell’allora guerra fredda così che l’opposizione fu affidata alle bande del sanguinario Gulbuddin Hekmatyar, il legittimo presidente Nur Muhammad Taraki destituito e ammazzato dal golpista Hafizullah Amin appoggiato dalla CIA, poi l’ invasione sovietica e quella che la si definì guerra civile mentre saliva al governo Babrak Karmal. Il libero occidente s’adoperò a finanziare, armare e propagandare il Fronte Islamico Afghanistan che, tra i vari campioni dei celebrati Mujaheddin, aveva Osama bin Laden e Mohammed Omar che andavano coltivando i loro Talebani facendo germinare Al Qaida ben sostenuti dalla dottrina Reagan.Dopo la ritirata sovietica, quei Mujaheddin presero a combattersi tra l’ Alleanza del Nord e i Talebani, vari signori della guerra e fanatici islamici, al fine i Talebani presero Kabul ultimo lembo di Repubblica democratica con il presidente Mohammad Najibullah torturato, evirato ed ammazzato con il fratello, i cadaveri straziati appesi ne’ pressi della rappresentanza ONU su ordine di Mohammed Omar, tra quei Mujahidin ben armati dagli Stati Uniti. Così fu il governo e il regime dei Taliban con i disgustosi decreti, le mostruose regole, la condizione delle donne e le odiose restrizioni. Di quel criminale fondamentalismo_islamico ne rimangono testimonianze e immagini, della loro bestiale ignoranza simbolo è la distruzione dei Buddha di Bamiyan, ricordandone le suggestioni al loro magnifico cospetto, solo rabbia ed odio per quella feccia al potere. Per accorgersi del mostro generato c’è voluto l’ 11 settembre orchestrato dall’ Al Qaida del loro agente bin Laden, così giunse l’intervento statunitense e guerra in Afghanistan che si strascina con il governo di Hamid Karzai di assente democrazia e l’ assemblea tribale Loyajirga che ha lasciato nella morsa di quei signori della guerra ancora finanziati che lucrano con il mercato dell’oppio e se lo contendono con i Talebani mentre continuano i crimini sul popolo. Gli afghani sono divisi in vari popoli d’ origine turca come Pashtun e Tagiki, altre mongole e altaiche come gli Uzbeki, Hazara, Kyrgyz da sempre a combattersi sconvolgendo il paese già dilaniato dalla storia di recente tragica cronologia. Tribù e clan in continuo conflitto, solo le armi sono cambiate e le micidiali moderne hanno preso il posto di scimitarre e vetusti fucili. I nomadi qui li si chiama genericamente Kuchi dediti all’allevamento, al traffico carovaniero e al commercio, per altri rientra anche quello droga e armi che transita su antiche vie dell’asia per invadere l’occidente in una tragica legge della “domanda” e dell’”offerta”. Impossibile capire il presente senza penetrare la storia, come spesso fa chi crede di interpretare l’attualità perdendosi nell’ignoranza e nel ridicolo come ci si schierava con i Mujaheddin combattenti contro l’invasione sovietica, senza capire che a queste tribù afghane poco interessa un nebbioso concetto di unità nazionale, da secoli a combattersi tra loro spietatamente per il predominio dei pascoli e terreni, dell’onore clanico, dei traffici e da tempo per la droga afghana. Le antiche vie dell’Asia avevano riferimenti nelle oasi, mercati e i centri poi divenuti città, ripercorrendo queste rotte se ne può capire lo scambio culturale, migrazioni e popoli che forse possono farne comprendere il presente. L’arteria principale delle leggendarie vie della Seta partiva dal Mediterraneo attraverso l’ antica Giordania ove incrociava la via dell’Incenso o dall’ Anatolia e per la rotta persiana attraversava l’ Iran fino a questa regione di Bactriana che fu descritta da Erodoto con la capitale Balkh ove si divideva per il Pakistan culla della civilta dell’Indo e il centro di Taxila conquistati dalla spedizione di Alessandro, continuando sulla via dell’India. L’atra diramazione attraversava il desertico Xinkiang per la Cina e le sue ricchezze nella leggenda del Cathay svelata dai primi viaggiatori europei all’ attonito medioevo occidentale. Dalla mappa del secolare traffico carovaniero si sa che v’ era gran transito nella fertile valle di Bamiyan popolata da tribù di agricoltori Hazara con villaggi vicini ai campi di cereali anche qui spesso sostituiti da quelli più redditizi di oppio inaugurati dai mujaheddin, poi gestiti da taliban che se li contendono con i signori della guerra per la produzione e gran businnes.Delle antiche origini gli Hazara hanno conservato qualcosa, nei rapporti con i nomadi per lo scambio di prodotti e la gestione dei vecchi caravanserragli delle carovane, da tempo anche qui per il traffico di armi e droga e riparare i camion scassati da lunghi tragitti sulle piste. Le valli sono protetti dall’ Hindu Kush che fermano i venti freddi del nord e il Koh-I-Baba quelli torridi meridionali,ad oriente attraverso gole di Chumbol va la carovaniera per il Turkestan passando per Bamyan, gli artisti greci al seguito di Alessandro si incontrarono con l’etica buddista portata dai monaci indiani e produssero l’ arte Gandhara nel fiorente regno descritto dal viaggiatore cinese Hsuan Tsang come il punto più occidentale raggiunto dal buddismo. Vi sorse un monastero scavato nella roccia assieme alle due enormi statue dei Buddha di Bamiyan di trentacinque e cinquantadue metri, oltraggiati dalla furia dei Mongoli e dall’ iconoclastia islamica di Tamerlano sfregiandone i volti che un tempo scrutavano enigmatici la valle e i mondo aldilà di essa. Così m’apparve quella meraviglia che i talebani hanno deciso di distruggere, altro crimine assieme a violazioni, regole e leggi mostruose in nome di un ottuso fondamentalismo islamico , che siano maledetti per sempre e sprofondati nella loro Jahannam. Questo Afghanistan reca ferite delle invasioni antiche e recenti, le orde di Gengis Khan hanno lasciato i resti di Share-Gholgola, Shar-e-Zohak e le mute rovine nella valle di Adjar verso gli altipiani desertici frequentati dai nomadi Kuchi e seguendoli su una carovaniera sull’ Hazarajat appare d’irreale blu intenso Band-e Amir, la suggestione di quei laghi che ricordo animati da carovane e attorno ai fuochi la sera danze sui ritmi antichi di flauti e tamburi, gli anziani a raccontare vecchie storie. A procedere lungo il confine dell’ Uzbekistan, che all’epoca di quel mio viaggio era sovietico, s’arriva a Mazar-i-Sharif sorta sul sepolcro di Hazrat Ali, cugino del Profeta ed unico successore di Maometto per lo Sciismo, nella grande moschea Hussein-E-Baiqara sta il suo mausoleo ove si celebra annualmente il Nawruz con migliaia di pellegrini. Interdetta agli infedeli kafir, ne evitai il rigore vestito come loro seguendo il flusso di quella gente giacchè a conoscere si deve anche un po’ rischiare. Da secoli qui il mercato dei tappeti attira compratori d’ogni borsa, cromatica confusione di colori e disegni ammucchiati sotto i tendoni dove sprofondano i mercanti che invitano a sedere bevendo chay e fumare da vecchi narghilè contrattando in antichi dialetti anche con chi non li capisce. Si continua per un villaggio di Uzbeki di antiche moschee mal tenute che furono splendide, da qui Zarathustra cominciò a diffondere la sua filosofia, Balkh capitale della potente Bactriana ove passavano tutte le carovane. Di qui Mègas Alèxandros andò penetrarando l’Asia incognita e poi con l’ Impero Kusana divenne centro del buddismo a occidente, fu la Balkh islamica dei persiani Samanidi con quaranta splendide moschee, ne rimane intatta la Masdjed-E-Sabz, brillante di ceramiche smeraldo, dove dal quattrocento riposa il santo derviscio Khadjeh Abou Nasr. Lasciando questa che fu tra le vie della Seta, se ne cercano le diramazioni che si snodano in vecchie piste polverose inerpicate tra gli altipiani popolati da Tagiki , Turkmeni e gli Uzbeki che furono temibile cavalleria di Gengis Khan , poi seguìrono l’ Orda d’Oro ad occidente e solo nell’ottocento l’ Impero russo riuscì a sottometterne i vari sultanati. I Khan più bellicosi si stabilirono nell’ Afghanistan settentrionale dove ancora controllano il commercio e il traffico carovaniero, altre zone sono dominate dai proprietari terrieri Tagiki loro tradizionali antagonisti.I Pashtun sono la popolazione prevalente tra le regioni di Kabul e Kandahar, gran parte nel West Pakistan e molti in Belucistan, governati da leggi tribali come la Pakhtumwali per la quale ognuno possiede un suo valore Khun, se viene ucciso deve essere pagato alla famiglia e ogni mutilazione o ferimento corrisponde ad una frazione di esso, ma la donna vale la metà. Ad essi appartengono i nomadi Kuchi che si spostano dai pascoli estivi di montagna alle pianure d’inverno accampandosi con le tende di pelo caprino kizhdey, ritmi biblici di allevatori e scambi con gli agricoltori, quando raggiungono i pascoli invernali inizia la stagione delle feste e dei matrimoni. Tra i Pashtun le mogli si chiedono fin da bambine pagandone il prezzo nuziale, i poveri possono solo scambiarsi figlie e sorelle, chi non ne possiede si dà al furto di bestiame per pagarsi una moglie, uno dei motivi per le bande di predoni. Tradizionalmente la tribù è governata da un consiglio dei capifamiglia condotta da un Khan, nei villaggi fortificati Q’ala sta un edificio comunitario attorno cui si stendono alte case rettangolari attaccate tra loro e circondate da mura, nella zona del Khyber Pass dominano incontrastati i loro traffici da secoli. Molti dei Qala da tempo ospitano bande di briganti e trafficanti di droga e armi, sono coloro che parlano il pashtu discendenti da tribù bellicose e i cippi funerari dei reggimenti britannici massacrati sul Khyber Pass lo provano. I russi nella loro guerra in Afghanistan e gli USA con gli alleati Enduring Freedom compresa l’ Italia in quella in corso con i suoi segreti, ci si sono scontrati con perdite inflitte dagli eredi di quei mujahidin che avevano finanziato nella loro folle strategia. In ogni guerra afghana, questa gente ha inseguito feroci conflitti tribali e faide claniche, convertite per il predominio sulla produzione dell’oppio e i nefandi traffici della droga in questo paese ormai senza legge né onore. Sprofondato nell’ oscura cultura dal tetro islam ben interpretato dai talebani con i loro decreti ,la spaventosa condizione condizione delle donne vaganti fantasmi nei burka che ancora le incatena. L’antico onore tribale s’è sgretolato per ricomporsi in un mondo dove il denaro e la sopraffazione hanno sconfitto secoli di pretesa dignità culturale. Continua forse a sopravvivere tra quelle popolazioni offese ed inermi, tra i nomadi che spingono ancora le ultime carovane estranei ai confini, riconoscono solo le terre d’inverno e quelle d’estate per i loro pascoli e marciano lentamente verso il Baluchistan per passare l’inverno.

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