Nelle AmericheAmerica MeridionaleAnde

Attraverso le Ande

Via dei conquistadores

Nel primo periodo della colonia spagnola in Peru, iniziarono i contrasti tra il sanguinario Pizarro e il degno compagno Diego de Almagro che avevano travolto e conquistato il vasto impero Tahuantinsuyo degli Incas e, prima dello scontro diretto che insanguinò il Peru per undici anni, fu nominato governatore dei territori più meridionali del Vicereame e nel 1535 partì dalla capitale Cuzco sulla strada incaica imperiale del sud con qualche centinaio di armati verso gli sconosciuti altipiani boliviani. Seguì la via che sale ad oltre tremila metri a Puno e continua ai quattromila del lago Titicaca, dove trovò i resti dell’antica città di Tiahuanaco e i villaggi indigeni Aymara, dove poi fu edificata La Paz. Proseguì nel freddo e rarefatto clima andino che decimò uomini e cavalli nella regione del lago Popò e del salares Uyuni fino agli aridi altipiani tra la Bolivia e l’ Argentina, continuando lungo la cordigliera e l’immenso deserto costiero di Atacama saccheggiandone le oasi, sedi di raffinate culture preincaiche. Lungo la costa cilena continuarono il saccheggi e la distruzione di città e villaggi, cercando invano l’ oro gli spagnoli si spinsero fino a Valparaìso e dove più tardi edificarono Santiago, ma delusi dal magro bottino gli uomini lo indussero a tornare indietro su quella che pensavano la via più breve per evitare le Ande ed affrontarono incautamente il deserto di Atacama dove furono decimati dalla sete e dagli stenti, arrivarono a Cuzco due anni dopo dalla partenza della drammatica spedizione nella quale i conquistadores furono sconfitti dalle Ande meridionali e dal deserto più arido del mondo che si affiancano in un incredibile contrasto ambientale e climatico per centinaia di chilometri in Cile.

Bolivia

Ho percorso più volte la strada da Cuzco alla città Puno che segue il tracciato dell’antica via inca percorsa dai conquistadores, le carovana di lama sono state sostituite da autobus di linea che trasportano gli indios

tra i centri sparsi sull’arido altipiano. Uomini muti dal volto scavato intontiti dalla coca e donne gonfie nei loro vistosi costumi con l ‘inseparabile bombetta e che spesso nascondono sotto le ampie gonne oggetti di contrabbando ai controlli verso la frontiera boliviana di Desaguadero, dove i poveri villaggi indios sono simili a quelli trovati da Almagro. La selvaggia desolazione dell’altipiano si interrompe improvvisamente con l’intenso blu del lago Titicaca sul cui sfondo si stagliano le vette innevate della cordigliera offrendo uno degli spettacoli naturali più suggestivi del mondo, ad un’altitudine di 3800 metri il lago copre una superfice di 8400 chilometri quadrati con settanta chilometri di larghezza e centottanta di lunghezza disseminato da una cinquantina di isolette, il punto più profondo è di trecentosettanta metri e alimenta il rio Desaguadero che attraversa gli altipiani meridionali per sfociare più a sud nel lago Poopò, con il quale anticamente il Titicaca formava un unico lago lungo ottocento chilometri e largo quattrocento. Le sponde frastagliate sono coperte di vegetazione e dagli alti giunchi di totora, habitat di una ricca fauna acquatica, favorendo uno dei più antichi insediamenti delle Ande che sviluppò la civiltà di Tiahuanaco tra l’ VIII e IX secolo d.C., i cui discendenti Aymara popolano gran parte dell’altipiano. Sul lago sono sopravvissute poche famiglie della più antica popolazione andina, chiamata dagli altri indios andini come”selvaggi” Urus, ma essi si definiscono “Gente del Lago” Kot’Suns o uchusuma, il primo popolo comparso nel mondo e di origine sovrannaturale, ma per gli altri erano solo miserabili sudditi dell’Impero incaico, tanto poveri da essere esentati dai tributi. Da sempre vivono di pesca nelle isole galleggianti e lavorano le canne di totora con le quali fabbricano imbarcazioni leggerissime, l’antica organizzazione sociale è fondata su quattro clan divisi in piccoli villaggi, ognuno dei quali possiede i propri sacrari segreti i cui tumuli rappresentano gli spiriti Mulku a cui vengono sacrificati animali e depositate offerte cerimoiniali. Nonostante la cattolicizzazione sopravvivono le antichissime credenze nei Mulku e nei misteriosi spiriti Achachila protettori del clan e della tribù, dagli Incas hanno ereditato la venerazione per la dea della terra Pachamama, il cui culto è diffuso tra tutti gli indios andini dall’ Ecuador all’ Argentina. Oltre il Titicaca si stendono le rovine nel nel sito della civiltà preincaica Tiwanaku che dominò gli altipiani fino alla costa peruviana, una raffinata cultura simboleggiata dal complesso Pumapunku e la suggestiva Puerta del Sol, il cui fregio che raffigura il Sole Piangente, influenzò le successive culture andine e la divinità felina della cultura Chavìn nel nord del Peru, ha i raggi che terminano in teste di giaguaro e regge due bastoni di comando decorati con teste di condor e felini, mentre copiose lacrime scorrono sull’enigmatico volto che guarda lo sconfinato altipiano. L’ antica via incaica seguita dai conquistadores giunge alla capitale boliviana La Paz , la più alta del mondo, il cui centro conserva molti quartieri coloniali animati dalla più alta percentuale indigena tra tutte le maggiori città sudamericane, Quechua e soprattutto Aymara con i loro costumi tradizionali riproducono in città parte della loro antica cultura andina, il cui esempio più singolare sono le immagini un po’ inquietanti del grande

mercado de las brujas, dove streghe, fattucchiere e sciamani vendono i prodotti della medicina tradizionale e misteriosi rimedi magici contro ogni male del corpo e dello spirito. Poco fuori dalla capitale si stende la cordigliera Chacaltaya e el Valle de la Luna con le sue suggestive formazioni rocciose immancabilmente sede di spiriti e presenze sovrannaturali per gli indios, poi la via degli altipiani prosegue in uno dei più grandiosi ed affascinanti paesaggi andini sulla dove sono sorti i centri coloniali di Oruro e la ciudad Cochabamba che conservano l’antica anima indigena dei Figli del Sole. Verso est si divide scendendo per la via de la muerte nelle yungas fino alla regione subtropicale coperta di vegetazione e ricca di piantagioni, dove da sempre gli indios coltivano la coca che tradizionalmente masticano per resistere al duro clima e le condizioni di vita a grandi altitudini sulle Ande, ma che è divenuta anche l’ elemento di uno dei più grandi business illegali del mondo, la regione tra le yungas e l’ immensa foresta amazzonica è dominata da potenti bande del narcotraffico con i loro eserciti privati e le loro leggi che ho incontrato lungo i fiumi sul confine con il Brasile fino ai centri di Trinidad, Santa Cruz de la Sierra e Guayaramerìn. In questa regione conquistadores e avventurieri aprirono un’ altra via alla ricerca dell’ Eldorado dalle vie andine alla foresta amazzonica e ne ho percorsi alcuni itinerari avventurandomi in spedizioni alla ricerca della mitica ciudad perdita di Paititi, le favolose città d’oro non furono mai trovate, ma più tardi altri avventurieri senza scrupoli trovarono il nuovo Eldorado per produrre tonnellate di erythroxylum trasformata in polverina bianca che hanno invaso la vecchia Europa e i ricchi Usa aprendo un’ altra via storica, la via della coca. La via degli altipiani procede tra paesaggi maestosi e desolati a grandi altitudini, dove il gelo e gli stenti decimarono la spedizione di Almagro, gli indios sopravvivono in povere capanne pascolando lama e strappando alla terra poche coltivazioni, adattati al clima rarefatto delle montagne andine continuano un’ esistenza millenaria aggrappati tenacemente a costumi e tradizioni dalle origini perse nella storia. Da Oruro parte una vecchia pista di minatori lungo i laghi Uru Uru e il grande Popo che misteriosamente sparisce e ricompare dal blu intenso che contrasta con il rugginoso colore dell’ altipiano , quasi a riflettere l’immenso cielo terso che avvolge il grandioso paesaggio e i minuscoli villaggi sperduti degli indios dove nulla è cambiato da quando gli spagnoli di Almagro procedevano faticosamente nell’ambiente ostile e selvaggio seguendo il miraggio dell’ oro che non trovarono. Sfiorando il 5000 metri lungo la cordigliera, corre la via dell’argento per Potosì, città coloniale dal prosperoso passato creata nel 1545 ai piedi del Cerro Rico dopo la scoperta dei grandi giacimenti di argento nella vicina Pailaviri, la grande produzione del prezioso metallo fece della regione una delle più ricche della colonia, il cui centro fu la vicina Sucre che ancora vanta la sua aristocratica atmosfera con gli ordinati quartieri, le chiese e i palazzi coloniali, ricordi della fortuna degli hidalgos di Spagna. Uyuni è come un avamposto sperduto e polveroso ai margini dell’immenso deserto di sale lasciato da un antico lago prosciugato, un’irreale bellezza dai tremuli miraggi all’orizzonte, macchie di colore delle rocce coperte di cactus appaiono come oasi nell’abbacinante bianco che si perde sotto il cielo di cobalto, indios che estraggono il sale a volte appaiono come fantasmi in piccole carovane di lama.

Tra Cile e Argentina

La via di Almagro punta ad ovest attraverso una zona dove appaiono improvvise le Lagune Verde e la fantastica Colorada dalle acque blu contrastate da superbe colonie di uccelli migratori e di fenicotteri rosa come incredibili miraggi nella maestosità dell’altipiano deserto, poi scende repentinamente oltre la frontiera cilena dove si apre l’immensa pianura desertica costiera per Chuquicamata, la più grande miniera a cielo aperto del mondo. L’oasi di Chiu Chiu fu sede di un’antica cultura precolombiana che mummificava i defunti come quelle di Nazca e la vicina Paracas nel precolombiano Perù, ne rimane la fortezza pukara di Lasana, travolta dagli spagnoli che si aprirono la via saccheggiando villaggi fino a Valparaìso nella vana ricerca dell’oro, per poi tornare indietro attraverso il deserto di Atacama che li decimò come una vendetta della natura violata e il suo popolo umiliato. Tornando in Bolivia si procede poco oltre il confine con l’ Argentina trovando le rovine della fortezza incaica di Pucara de Tilcara, dove le antiche mura diroccate si confondono tra le rocce rossastre e i grandi cactus da sempre parte del grandioso paesaggio del territorio popolato dagli indios discendenti dei Figli del Sole che continuano a strappare i poveri raccolti e i pascoli per le greggi di lamas alla Madre Terra Pachamama con i loro immutabili volti di pietra.

Qui incrociava un’antica pista incaica che collegava gli altipiani boliviani alle Ande argentine attraverso uno dei paesaggi andini più selvaggi e suggestivi me li ha fatti scoprire il mio amico Horacio di Jujuy in un’ indimenticabile girovagare in questa regione magnifica ed inospitale tra lunghe traversate sugli aridi altipiani ove s’aprono abbacinanti salares e incredibili lagune di rifessi blu e cobalto ed estenuanti percorsi sui cinquemila metri a cercare le colonie di fenicotteri, seguendo le piste per le sperdute comunità degli indios Kollas coyas e Qulla nell’altipiano. Un tempo collegati dalle carovane di llamas con i centri più meridionali dell’incaico impero Tahuantinsuyo, attraverso la suggestiva Quebrada dalle magnifiche formazioni rocciose d’ ocra, si arriva alla cittadina di Humahuaca. I coyas si raccolgono tra le case d’ argilla del villaggio arroccate per il loro secolare mercato dove la locanda dell’ amico poeta e musicista Fortunato Ramos, accoglie i pochi viaggiatori e narra antiche vicende indigene, ne ricordo il tempo passato assieme a raccontarci storie, gli lasciai l’ ultima raccolta di poesie pubblicata da mio padre Eldo traducendgli i versi e la mise tra i suoi cimeli recitando un’antico canto indio per lui. Dall’ altipiano si scende per le piste tra i villaggi di La Cueva, Uruya, Casabindo e Cachioca con i loro poveri campi di mais e patate e il tempo che si è fermato all’ arrivo degli spagnoli che avanzarono su questa tra le vie andine verso sud e alla fine di quel XVI secolo di conquiste fondarono Salvador de Jujuy che si ritrova con gli antichi quartieri che diramano dalla cattedrale decorata di fregi e statue indigene, più a sud sorse Salta, da dove parte la ferrovia tren las nubes per il Cile lungo un’ antica pista incaica che serpeggia nella selvaggia Quebrada de Los Toros e risale i quasi quattromila cinquecento metri del Cerro de Chorrillos per discendere repentinamente verso il deserto cileno e la costa del Pacifico nella regione di Antofagasta, qui s’ aprono le valli degli antichi Calchaquies che le popolarono fino all’ arrivo dei conquistadores contro i quali combatterono a lungo fino alla capitolazione in una fiera epopea che ancora ricordano nelle loro storie e canti sommessi come tra tutte le comunità degli indios che ho cercato sulle vie andine dalla sacra valle incaica scendendo dal Peru attraverso la Bolivia e i maestosi altipiani lungo il norte cileno e la suggestione argentina.

  © Paolo del Papa da “Le vie delle Ande”   Foto reportages: Peru Bolivia | Argentina | Via delle Ande

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