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Perù Paititi

Le vie per la leggendaria città perduta di Paititi in Perù

Dall’Ecuador oltre il confine peruviano la “panamericana” segue quasi il tracciato dell’antica strada incaica e la via percorsa da Pizarro per raggiungere Cajamarca dove si consumò il tradimento e il primo sanguinoso “incontro”degli spagnoli con gli incas che apriva la lunga serie dell’avanzata verso la capitale Cuzco,l'”Ombelico del Mondo”.La prima grande città che si incontra in Perù è Trujillo,nella cui zona e si stendono i resti della civiltà preincaica dei Mochica,i misteriosi luoghi sacri “huacas”di origine totemica che si susseguono sulla regione desertica costiera fino alla capitale dei Chimu Chan Chan,uno dei più vasti ed affascinanti siti archeologici peruviani.Gli Incas definivano tutte le popolazioni antecedenti la loro ascesa con il dispregiativo “yuncas”per caratterizzarle come barbare,in verità esse hanno origini antichissime ed alcune risalgono al III°millennio a.C.,al IX°sec.a.C.risale la “Cultura di Chavin”che adorava una misteriosa divinità felina alla quale furono consacrati templi e santuari oggetto di pellegrinaggi dalle varie zone delle Ande su antichissime vie di comunicazione tra le valli che favorirono lo sviluppo della civiltà andina.Dagli altipiani settentrionali Chavin influenzò notevolmente anche gli insediamenti costieri permettendo lo sviluppo delle antiche culture Cupinisque e Salinar,dalle quali ebbe origine la civiltà Mochica che ha lasciato tanti resti nella regione in gran parte riferiti alla sua organizzazione sociale in clan distinti da simboli totemici zoomorfi che decorano la ceramica e i tessuti rinvenuti lungo tutta la costa desertica peruviana fino a Nazca e che probabilmente influenzarono anche le popolazioni costiere cilene nell’area di Tacna.L’elemento più affascinante di queste civiltà costiere preincaiche è costituito dalle misteriose figure gigantesche tracciate nel deserto circostante Nazca,enormi raffigurazioni stilizzate di animali visibili solo da grande altezza e databili attorno al IV°sec.d.C.,coloro che le tracciarono non potettero mai vederle,dato che è possibile solo sorvolando la “pampa”di Nazca,per l’archeologa Maria Reiche ha dedicato la vita a studiarli probabilmente fu un enorme calendario astrologico raffigurante i simboli totemici dei clans e che solo le divinità celesti potevano vedere,forse alcune delle figure di pesci ed uccelli furono ispirate dalla fauna delle vicine isole Chinchas,anche il “mistero di Nazca”alimentò le leggende che si tramandarono fino agli Incas.

Molti dei misteri delle civiltà preincaiche svilupparono miti ancora vivi all’arrivo degli spagnoli e probabilmente anche la credenza di misteriose città nascoste tra le Ande e la selva risalgono ad essi,forse anche la leggenda di “Paititi”era già presente da tempo tra gli indigeni quando i conquistadores ne ebbero notizia e si scatenarono alla sua ricerca credendo che fosse una città nascosta dove gli Incas avevano trasferito i loro favolosi tesori per sottrarli alla loro avidità.

La panamericana continua fino a Chiclayo dove si lascia per procedere attraverso le Ande su una vertiginosa strada in un maestoso paesaggio che poi scende repentinamente verso la “selva alta” su un antico tracciato incaico che giunge al centro di Bagua da dove parte la cosiddetta “pista dei pongos”,aperta dagli avventurieri alla ricerca della mitica città di “Paititi”,centro dell'”Eldorado”.

In quechua “pongo” significa porta e nella selva peruviana indica gli stretti canyons creati dalla violenza delle acque fluviali nei contrafforti rocciosi della cordigliera orientale,costeggiando il rio Maranon la pista ne sfiora alcuni dei più impressionanti,come quelli di Rentema,Escurrebraga,Huracayo,Cumuc-Yacu,Ujure e Taquirizia,strette gole coperte di vegetazione in un suggestivo e selvaggio ambiente popolato da animali esotici le cui grida si confondono con il ruggito del fiume.La pista termina nell’avamposto di Nazareth dove la via continua in piroga a motore sulle turbinose acque del Maranon fino al leggendario pongo de Manchariche,”quello-che-rompe” in lingua quechua,dove probabilmente molti avventurieri hanno lasciato la vita inseguendo l'”Eldorado”,fu descritto per la prima volta dall’esploratore naturalista francese La Condamine nel XVIII°secolo come meraviglia della natura.

Qui il Maranon riceve le acque del Santiago aumentando di volume e si apre la via nella roccia in uno stretto canyon scatenando la sua violenza compressa in uno spazio ridottissimo che provoca un vortice più impetuoso di qualsiasi cascata al mondo.Per affrontare il pongo de Manchariche non basta lo spirito di avventura,il coraggio e il miraggio dell'”Eldorado”che ha ingannato tanti avventurieri,occorre affidarsi agli abilissimi barqueros indigeni che ne conoscono ogni segreto ed insidia,dopo le dovute offerte alla Pachamama.Lasciato il Maranon e i suoi fantasmi di leggendarie città d’oro nella foresta,una pista militare porta a Chachapoyas sul rio Utubamba,lungo cui vi sono alcuni sperduti siti archeologici la cui presenza nei racconti degli indios hanno alimentato la leggenda delle favolose città nella jungla e di Paititi.:nella foresta del distretto peruviano di Amazonas sono stati scoperti ben duecento gruppi archeologici precolombiani,rovine di città,ponti ed edifici che confermerebbero l’ipotesi di una migrazione dalle Ande nell’oriente amazonico degli incas per sfuggire ai conquistadores,avanzata per la prima volta dall’archeologo Tello.Alcuni di questi centri sono ancora sconosciuti e i loro nomi evocano antiche leggende e misteri precolombiani:Yapale,Atupampa,Pitalla,Choquibamba,Collabamba,Mulloc,Soya e altri ancora che testimoniano la presenza di una civiltà in questa zona selvaggia ed inospitale,forse il mito dell'”Eldorado”è meno fantasioso di quanto si creda.Tra tutti i resti i più impressionanti sono quelli della fortezza di Tingo Kuelap,una gigantesca struttura difensiva con enormi mura ed edifici a strapiombo su un profondo precipizio,per estensione ed imponenza simile al celebre Machu Pichu.

Le zone più interne della regione sono popolate da tribù che sopravvivono nella foresta,un tempo cacciatori e “riduttori”di teste come gli Agarunas e gli Huambisas appartenenti allo stesso gruppo dei più noti Jivàros e forse qualche teschio e testa “ridotta”appartiene ad ignoti ed incauti ricercatori dell'”Eldorado”.

Villaggi indios e piccoli avamposti coloniali si susseguono lungo la pista fino a Moyobamba da dove qualche avventuriero senza nome ha affrontato la jungla senza ritorno nella febbre dell’oro,molto meno impegnativo chiedere un passaggio sui piccoli aerei della Fuerza Aerea Peruana per raggiungere Pucallpa sul rio Ucayali,al centro di una zona popolata da gruppi indios,oggetto di spedizioni di avventurieri per secoli,sostituiti più recentemente da studiosi ed antropologhi.Da Pucallpa una pista impraticabile durante le piogge attraversa le “Pampas del Sacramento” ,foreste e paludi disabitate regno incontrastato di uccelli e altri animali tropicali,dopo le quali il paesaggio cambia completamente con il “Boqueron del Padre Abad”,il passaggio tra la pianura tropicale e i contrafforti delle Ande,cercato per secoli dagli avventurieri ed esploratori,costituito da una gola nascosta dalla foresta le cui pareti rocciose si elevano per 1500 metri solcate da cascate.

La pista continua sulla “Cordigliera Azzurra” che separa nettamente la “selva alta”dalle Ande e raggiunge il centro di Tingo Maria da cui si arrampica tra le montagne per Huanuco e Cerro de Pasco,descritti nell’epopea degli eroi indios dei romanzi di Manuel Scorza,una via che collega le Ande all’Amazzonia nota agli Incas.A Cerro de Pasco l’antica via dei conquistadores è seguita da una delle ferrovie più alte del mondo che sale agli oltre quattromila metri del passo La Oroya attraversando un paesaggio andino di incomparabile bellezza per proseguire a sud,mentre la via lascia la strada ferrata per un’altra direzione di accesso alla “selva alta”passando per il villaggio di Tarma e scendendo rapidamente dalle Ande alla missione di San Ramon nella regione del rio Urubamba.

Evitando le estenuanti marce nella jungla dei cercatori d’oro,con il piccolo aereo di San Ramon si può raggiungere l’altra missione di Camisea dove proseguire in piroga a motore sull’Urubamba popolato dalle comunità indios dei Piros,Campas e Machiguengas e dove visse la sua folle avventura l’ormai leggendario Fitzcarraldo.I Piros sono divisi in una quindicina di tribù,un tempo temibili guerrieri con i quali hanno dovuto fare i conti i primi bianchi che si avventurarono sul fiume,anche se ormai le loro frecce non bersagliano più le piroghe degli stranieri,il contatto con i Piros è difficilmente cordiale,a differenza dei loro vicini Campas e Machiguengas.

Al pongo de Manique l’Urubamba incontra i lembi granitici della cordigliera di Vilcanota e si apre la via con la furia delle sue acque producendo uno dei più suggestivi canyon della “selva alta”,superato il quale si procede più tranquillamente fino all’avamposto di Quiteni per lasciare il fiume e continuare su un’antica pista incaica a Quillabamba,risalendo poi i contrafforti andini per la più celebre delle “città perdute”precolombiane,la leggendaria Machu Pichu cercata invano per quattro secoli,fino alla scoperta di Bingham nel 1911.

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