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Nuova Guinea

Attraverso la Nuova Guinea tra Spiriti e Guerrieri

Tambaran

Lasciando la cittadina di Wewak sulla costa orientale della Papua Nuova Guinea, una pista penetra nella jungla verso il bacino del fiume Sepik ancora non interamente esplorato e il cui territorio costituisce una delle aree tribali più interessanti del Pacifico.Fino a pochi anni fa questa pista terminava tra i rilievi coperti di foresta tropicale popolata dalla tribù Abelam, la prima ad entrare in contatto con i bianchi e ormai celebre per il notevole livello estetico raggiunto nella costruzione e decorazione delle Haustamabaran, le alte capanne dove risiedono i misteriosi esseri sovrannaturali Tambaran.Come per la maggiorparte delle popolazioni neoguineiane, queste costruzioni costituiscono il centro religioso ,culturale e sociale della comunità, il cui accesso é permesso ai soli maschi iniziati e rigorosamente interdetto alle donne, la cui sfera spirituale é concepita come diversa da quella maschile con caratteristiche proprie e un diverso rapporto con il mondo sovrannaturale.Ciò che appare solo un elemento di superiorità maschile, in realtà possiede una complessa motivazione legata a quell’articolatissimo univèrso in cui la vita quotidiana, i rapporti sociali,la natura e il sovrannaturale,si integrano perfet­tamente generando una cultura che appare indecifrabile a parametri occidentali e solo presupponendo tutto ciò si può tentare di capire in qualche modo l’esistenza di queste popolazioni.Attorno alle imponenti Haustambaran sono disseminate le capanne degli Abelam, raggruppate nei rispettivi spazi dei vari clan che compongono la tribù,tra le quali razzolano i maiali il cui allevamento,assieme alla coltivazione dei tuberi di igname,riveste un ruolo essenziale nella società tradizionale.La propietà di tali “beni” é infatti direttamente proporzionale al prestigio personale nell’ ambito della comunità, ciò che conferisce all’individuo la qualifica di Big Man,”valore”che rappresenta uno degli elementi essenziali della società e condiziona gran parte dei rapporti individuali e collettivi. Tra gli Abelam e in tutta la regione del Sepik, la coltivazione dell’ igname o wapi è seguita soprattutto da i maschi iniziati e di grande prestigio che si sottopongono a particolari regimi di “purificazione”per accedere ai campi ed eseguire riti propoiziatori periodici fino al raccolto a cui segue una grande festa che rappresenta il momento culminante di quello che é definito il Culto dell ‘ igname. Per gli uomini costituisce l’occasione per ostentare gli esemplari più “belli” dei, tuberi che hanno coltivato e decorato accuratamente per scambiarli con i pari rango ed offrirli nel corso delle cerimonie,acquisendo o rinnovando quel prestigio che permete di accedere o confermarsi nella categoria dei Big Men. Ostentare e offrire wapi al difuori di questa festa cerimoniale costituisce invece un gravissimo insulto alla virilità, un gesto di disprezzo che immancabilmen­te sfocia in risse sanguinose spesso origine di lunghe faide ,altro elemento costan­te tra le varie popolazioni della Nuova Guinea. Dalle colline degli Abelam la pista scende verso la pianura del Sepik penetrando una foresta sempre più fitta fino al medio corso del leggendario fiume che scorre per centinaia di chilometri in territori ancora in parte poco conosciuti e che costituiva un mistero fino a tempi recenti per i bianchi insediati sulla costa.Le prime esplorazioni furono effettuate dai tedeschi che si erano stabiliti nella zona costiera di Wewak alla fine del secolo scorso, poi dagli australiani che solo negli anni trenta riuscirono a raggiungere il medio Sepik entrando in contatto con le tribù Iatmul. I villaggi su palafitte si susseguono lungo il fiume immersi nella vegetazione, ognuno con la sua “Haustambaran”che si erge tra le altre capanne sormontata dal simbolo totemico del clan dominante.Nel piano inferiore do queste grandi costruzioni si svolgono le riunioni dei clan e famiglie,ognuno con il suo spazio preciso,in quello superiore sono conservati gli oggetti sacri:statue,maschere,tamburi e flauti cerimoniali nella cui fattura gli Iatmul hanno raggiunti elevatissimi livelli stilistici.Il centro di questa che é stata definita “Arte del Sepik”, é il villaggio dì Korogo dove i maestri intagliatori sono i depositari di tecniche secolari tramandate da generazioni che riescono ad esprimere le fantastiche forme del misterioso universo dei “Tambaran”,ignari che alcune delle loro opere sono ammirate in vari musei del mondo e sulle quali sono stati scritti volumi. Come ogni manifestazione spirituale,anche la rappresentazione artistica delle entità sovrannaturali é basata sull’ Imuni che emana il “Fluido Magico” Dema presente in tutte le cose,ma in misura maggiore negli spiriti, nei defunti e negli uomini dotati di particolari capacità. Gii oggetti sacri non sono solo raffigurazioni delle entità che devono rappresentare, ma fanno parte del suo stesso “Fluido Magico” e, allo stesso tempo costituiscono un importante mezzo di comunicazione tra il mondo sovrannaturale e la comunità durante le cerimonie.Il Dema spiega anche la caccia alle teste e l’antropofagia,pratiche diffusissime nell’intera regione fino a tempi molto recenti,infatti tagliando la testa di un nemico valoroso per appenderla nell’ Haustambaran o divorandone ritualmente parti del corpo,ci si impossessa del suo “Fluido Magico”rafforzando e accrescendo il proprio.Verso l’indefinito confine con la parte indonesiana dell’isola o tra i vicini monti Hunstein tali pratiche non sono scomparse ed é molto difficile convincere le guide Iatmul a proseguire oltre quella che considerano la zona “sicura” perché,giurano,”. .da laggiù molti non sono tornati”.I timori degli Iatmul sembrano essere confermati dall’estremo isolamento di quelle comunità le cùi Haustambaran sono poco più che semplici capanne dove, effettivamente,i crani prevalgono sulle altre forme di decorazione, faide e conflitti frequenti costringono la scarsissima popolazione ad una tensione continua che la rende molto chiusa ed ostile a contatti esterni. Seguendo il Karawari, affluente del Sepik,si penetra in un’altra zona di recente eplorazione compresa tra le catene montuose Prinz Alexander, Central Range ed Hunstein, dove i primi contatti con le tribù locali risalgono agli anni settanta. L’alto Karawari penetra in quella che ritengo la zona più suggestiva dell’intero bacino caratterizzata da una foresta lussureggiante che racchiude veri e propri “tesori”botanici tra cui una incredibile varietà di orchidee,piccoli corsi d’acqua e stagni animatissimi da una fauna unica al mondo come lo strano “canguro arboricolo”,il casuario e lo splendido Uccello Paradiso. E’ il territorio dei Konmei, piccolo gruppo isolato con lingua e costumi propri diversi dalle altre tribù della regione,il cui totem tribale é il misterioso Albero Coccodrillo,l’essere mitico fondatore della stirpe raffigurato dappertutto, dalle piroghe alle decorazioni delle capanne. Qui l’igname come alimento base é sostituito dal sak-sak, il sago ottenuto da una particolare palma attraverso un laborioso procedimento da cui si ricava una specie di farina, secondo la tradizione introdotto tra gli uomini dagli Esseri Mitici. La mitologia dei Konmei é ancora poco conosciuta,ricostruendone molte leggende mi é apparsa come una delle più complesse dell’intera regione ed espressione di quell’universo articolatissimo in cui i confini tra il reale e il sovrannaturale sono indefiniti e che condiziona l’intera esistenza dell’individuo,la cui massima manifestazione é il lunghissimo ciclo iniziatico. Comincia verso i cinque anni di età,quando i bambini vengono presi in consegna dagli zii materni che negli anni li introducono gradualmente ai vari livelli della conoscenza tradizionale fino a quando sono giudicati pronti ad accedere al piano superiore dell”Haustambaran” dove vengono mostrati loro le statue e maschere segrete che raffigurano i potenti spiriti Nggwalndu. Nei giorni successivi i giovani vengono sottoposti a riti di purificazione nel corso dei quali sono svelati i vari elementi della mitologia,istruendoli per l’ammissione alla cerimonia finale,la più suggestiva alla quale ho assistito in Nuova Guinea. Gli uomini si riuniscono in segreto nel piano superiore dell’ Haustambaran decorandosi con i simboli e i colori degli spiriti che verranno evocati,poi preparano gli iniziandi e li dipingono di bianco e li scortano fuori in una sorta di processione accompagnata da tamburi e canti al cospetto della comunità riunita. Tornati nella capanna sacra gli uomini danzano pronunciando le formule magiche segrete che evocano i Nggwalndu in un’atmosfera che raggiunge un’elevata intensità emotiva collettiva,poi un anziano incide sulla schiena degli iniziandi profondi tagli che,cicatrizzandosi, ricordano il dorso del coccodrillo. Gli iniziati divengono così Uomini Coccodrillo ricollegandosi al totem tribale e definitivamente pronti ad entrare nella comunità degli uomini adulti ricevendo gli insegnamenti più segreti,mentre all’esterno l’intero villaggio festeggia con canti,danze e libagioni il più importante avvenimento nella vita di un Konmei.

Highlands

Fino a non molto tempo fa era una delle ultime zone al mondo contrassegnata nelle mappe con una significativa macchia bianca su cui era scritto “unknow”,é la regione montuosa centrale della Nuova Guinea con le alte montagne che separano vallate abitate da tribù dalle lingue diverse che spesso ignorano la reciproca esistenza per l’assenza di qualsiasi via di comunicazione naturale,l’antica tradizione guerriera Papua e le feroci faide tribali ostacolarono ogni tentativo di eplorazion fino agli anni trenta. Le prime spedizioni furono precedute da ricognizioni aeree e quando i bianchi raggiunsero le valli di Chimbu e Asaro spesso furono accolti dalle tribù locali come inviati celesti annunciati da quegli strani aerei che ne avevano sorvolato i territori per anni. Durante gli anni cinquanta l’amministrazione australiana trasformò i vari avamposti militari in piccoli centri che poi collegò tra loro con l’ “Highland highway”che ha permesso lo sviluppo di varie zone.Il resto del territorio é solo in parte accessibile con tortuose piste di montagna, impraticabili durante le piogge,con le quali si possono raggiungere le aree tribali dei grandi gruppi Bena-Bena, Gende, Wamb, Asaro, Chimbu ed Enga, che si sperdono in tribù e clan autonomi dai dialetti diversi, alcuni dei quali spesso protagonisti di duri scontri con i bianchi in passato. L’autorità governativa della Papua Nuova Guinea nelle Highlands é limitata alle zone dei centri maggiori nel resto del territorio viene riconosciuta solo quella dei capi clan e dei Big Men che si impongono con il loro prestigio per valore in guerra e lattitudine al comando, capacità oratorie e il numero dei maiali posseduti ostentato da grandi collari di denti ricurvi. Anche qui la Casa degli Uomini è centro della vita sociale e spirituale della comunità, simbolo di un complicato universo esistito da sempre fin da prima delle stesse forze sovrannaturali che lo dominano, forse “creazione”di un divinità ignota che si é poi isolata lasciando un complesso “equilibrio”tra tutti i “Fluidi Magici” che permette l’ordine del mondo e della società umana con le sue leggi ancestrali ed immutabili. Gli antenati mitici introdussero i maiali e l’agricoltura tra gli uomini permettendo loro di uscire da uno stadio “animale” accrescendone il “Fluido”, ma sottoponendoli alla continua influenza delle varie entità sovrannaturali che ne condizionano l’esistenza sia individuale che collettiva.Gli stessi antenati produssero quei “beni di consumo”che queste tribù hanno cono­sciuto dai bianchi i quali se ne sarebbero però appropiati temporaneamente fino a quando non verrà l’era in cui tutto tornerà ai Papua, epoca annunciata da “profeti” e “messia”negli ultimi trenta anni che ha visto la nascita di vari movimenti messianici.E’ la manifestazione locale di quel noto Culto del Cargo che si diffuse in varie zone della Melanesia soprattutto durante il secondo conflitto mondiale con l’arrivo di navi e giganteschi aerei “cargo”che rifornivano le basi giapponesi e americane e a cui le popolazioni locali attribuirono origine sovrannaturale. Oltre alle varie entità e spiriti degli antenati che sono sempre oggetto di ritualità collettive,esiste una vasta gamma di altre forze che possono risiedere in piante,animali o particolari località e il cui “Fluido Magico” é spesso negativo e da esorcizzare con riti e sacrifici individuali a seconda dei casi. La ritualità é fondamento della vita Papua, soprattutto quella connessa alla morte, evento misterioso che provoca il distacco defini­tivo dell’anima Minman o “Immagine riflessa” dalle tribù Waghi, che in vita ha facoltà di lasciare il corpo temporaneamente durante il sonno. I riti funebri prevedono sempre un periodo di lutto diverso tra le tribù, cospargersi il corpo con cenere o fango é più frequente, ma un tempo era diffuso il taglio della falange da parte della vedova, per alcuni far decomporre il cadavere in casa ingerendone i liquami mescolati a sago.Tra queste montagne s’assiste alle varie manifestazioni della vita quotidiana, da riti meno noti alle cerimonie collettive, matrimoni e divorzi, nascite e funerali, scontri armati e feste. Ogni cerimonia o evento collettivo é sempre celebrato nel Sing-Sing,la più importan­te e suggestiva manifestazione dei Papua in cui sfoggiano tutte lè tecniche della cosiddetta “Arte del Corpo” dipingendosi con sgargianti colori e acconciandosi con le preziose piume di casuario e dell’uccello Paradiso, denti di maiale ricurvi, conchiglie, fiori, farfalle e tutto ciò che ritengono decorativo. Uomini e donne straordinariamente decorati si riuniscono per danzare accompagnati dal suono dei tamburi mentre vengono sacrificati decine o centinaia di maiali,in un’atmosfera estremamente suggestiva,vera e propria “kermesse”di colori che non ha euguali al mondo e che può protrarsi per giorni. Tutto può essere occasione per un Sing-Sing,dalla costruzione di nuove abitazioni alla visita di personalità importanti e le cerimonie di riappacificazione tra gruppi in conflitto ,ma anche come danza di guerra prima di uno scontro e in tal caso il nero é il colore dominante e l’atmosfera festosa é sostituita da un cupo ed impressionante crescendo di esaltazione guerriera,testimonianza di una bellicosità ancora profondamente radicata. I giovani crescono nel mito dell’affermazione personale con l’esercizio delle armi per “onore”, vendetta o per i motivi più futili ed é impossibile incontrare un Papua senza l’inseparabile ascia pronto ad usarla. Nei campi, su un sentiero o in un centro abitato l’agguato e lo scontro é sempre possibile in una costante tensione che dura tutta la vita,tuttavia la società Papua ha elaborato sistemi che possono interrompere l’interminabile catena delle vendette quando una faida coinvolge grandi clan o ha avuto un elevato tributo di sangue, “compensando” l’offesa che ha innescato la faida ponendo fine al conflitto preservando l’”onore”di tutti. Sono stato testimone della più imprtante ed impegnativa “compensazione”che si ricordi al termine di una guerra trascinata a lungo nel Chimbu, alle falde del monte Wilhelm sotto un cielo plumbeo, a centinaia i guerrieri si fronteggiavano con le decorazioni da combattimento insultandosi e minacciandosi per poi scagliarsi gli uni contro gli altri agitando lance, asce, archi e mazze in un caos indescrivibile. In un alternarsi di attacchi e ritirate con impatti violenti i guerrieri dimostravano il reciproco disprezzo ostentando sicurezza nel caso di uno scontro ben più duro se le trattative non avessero avuto esito positivo. Mentre si raccoglievano i feriti,i Big Men iniziarono la lunga contrattazione attentamente seguiti da un “osservatore”governativo impaccia­to e sudato nel suo completo grigio che cercava di svolgere opera di mediazione. Le richieste ed offerte si susseguirono per ore al cospetto dei due schieramenti armati che continuavano a minacciarsi, poi urla di soddisfazione accolsero l’annuncio dell’accordo gridato dai capi clan più autorevoli e alcuni guerrieri della comunità da risarcire piantarono lunghe lance di bambù davanti agli avversari ognuna delle quali rappresentava una richiesta in denaro. Con un cerimoniale fu pagata la somma concordata,poi vennero consegnata alcune decine di maiali ed infine ragazze giovanissime accompagna­te dai parenti in lacrime per essere ceduta alla tribù da risarcire. Il prezzo dell’offesa era stato pagato ponendo fine ad anni di scontri sanguinosi e potevano iniziare i preparativi per un gigantesco banchetto collettivo seguito da un grande Sing-Sing come vuole l’antica tradizione dei montanàri della Papua Nuova Guinea:l’unico paese al mondo dove i quotidiani annunciano a titoli cubitali una pace raggiunta dopo una guerra tribale.

Fonti: estratto dalle pubblicazioni per l’Istuto Geografico Igm della Spedizione Paolo del Papa e dai seminari tenuti nella Facoltà di Antropologia dell’Università di Vienna dall’autore.
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