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Modigliani a Sumatra

Sulle antiche rotte delle Spezie e le vie dell’ Indonesia tra la penisola malese e la vicina Giava, dal settimo secolo a Sumatra sorse il regno Srivijaya ove fu introdotto il buddismo che fiorì fino alla conquista del giavanese Majapahit e la penetrazione islamica che si impose con il sultanato di Aceh, descritta dai viaggiatori medievali da Marco Polo all’ arabo Ibn Battuta, su quelle rotte giunsero gli europei e dal XVII secolo fu dominio della Compagnia Olandese delle Indie Orientali e poi colonia. Una lunga storia che ha lasciato testimonianze artistiche e culturali, mentre il territorio interno dell’ isola è dominio di una natura grandiosa e selvaggia con montagne, laghi, cascate, fiumi, foreste tropicali. Dallo stretto che la divide dalla Malesia e lungo il resto dell’ Indonesia passarono antiche migrazioni, lasciando tribù che qui sopravvivono a conservando costumi, tradizioni e cerimonie come la società matrilineare dei Minangkabau, la cultura megalitica di Nias, il popolo Batak, e le isolate tribù delle Mentawaii.

Ad avventurarsi in quei territori fu tra i primi Elio Modigliani, brillante studioso fiorentino introdotto alla paleontologia dallo scienziato ed esploratore Arturo Issel presidente della Società geologica italiana e nella ligure grotta di Bergeggi trovò un sepolcro neolitico, una scoperta che lo rese noto nell’ ambiente stringendo rapporti con Paolo Mantegazza, il celebre esploratore marchese Orazio Antinori tra i fondatori della Società Geografica Italiana all’ epoca molto attiva nelle esplorazioni africane, il naturalista Giacomo Doria fondatore del Museo di Storia naturale genovese e Odoardo Beccari tra i primi esploratori del Borneo e nel 1881 divenne membro della Società per l’antropologia e l’ etnologia fondata a Firenze.

Tra i guerrieri di Nias

Dal 1886 Elio Modigliani per due anni viaggiò tra le isole della Malesia e quelle indonesiane tra le coste di Sumatra settentrionale e occidentale raggiungendo assieme Giovanni Battista Cerruti l’ isola di Nias popolata da temibili cacciatori di teste che gli olandesi non osavano sfidare, tentò di esplorarne l’ interno scovolto da conflitti, epidemie e loschi traffici di schiavi, sembra avesse anche il sinistro compito di riportare teschi al Museo di anntropologia fiorentino fondato nel 1869 da Paolo Mantegazza per confermare alcune teorie fondate su un razzismo scientifico di Cesare Lombroso, ma da vero viaggiatore ed osservatore qual’ era giunse a convinzioni opposte a quel tipo di antropologia che s’ era diffusa all’ epoca, come dimostra nel suo Un viaggio a Nias ove racconta di quella gente in una visione del tutto diversa.

A Nias la lunga storia di questa isola la raccontano tradizioni, cerimonie, costumi e un una arte tribale che rappresenta divinità, esseri sovrannaturali, spiriti e la storia di questa popolazione dalle origini ancora incerte, raffigurando l’ arrivo dei primi stranieri indiani, arabi e infine europei che incrociavano le rotte delle Spezie e le vie dell’ Indonesia giungendo a Sumatra per continuare nella vicina Giava. L’ antica cultura megalitica ha resistito fieramente nei secoli ad ogni tentativo di sottomissione, compresa quella coloniale olandese che riuscì a sopraffare i bellicosi guerrieri niassesi con una vera e propria campagna militare e Modigliani s’ avventurò con pochi mezzi e accompagnato da indigeni locali, confortato dal suo spirito tra l’ esploratore, studioso e avventuriero dotato di coraggio e intraprendenza. A Nias si dedicò a rilevamenti topografici, ambientali, naturalistici e geografici p che gli permisero di realizzare la prima carta dell’ isola, studiandone le particolari caratteristiche geologiche e sismiche. Non tralasciò l’ interesse etnografico e un’ ampia documentazione sulla popolazione di Nias con la raccolta di reperti, materiale di ogni tipo, disegni, foto e note su vita e costumi delle tribù i cui villaggi dalle grandi case di pietra si ergono tra i suggestivi rilievi coperti di jungla dell’ interno. L’ antica cultura megalitica di Nias che continua ad affascinare ed impressionare i visitatori con i suoi massicci altari di pietra, le tradizioni tribali di quel popolo guerriero tra i villaggi Bawomataluo e l’ antico Hili Simaetano , misteriose divinità e spiriti ai quali la comunità reca offerte, sacrifici e cerimonie diverse dal resto delle popolazioni indonesiane, tra le quali il salto rituale di un altare in pietra di oltre due metri.

Nel 1891 raggiunse poi l’ isola di Engano a sud ovest di Sumatra dove trovò gli abitanti sopravvissuti che utilizzavano le proprie donne che si spogliavano per attirare gli equipaggi per depredarne le navi che incrociavano l’isola, ne visitò l’ interno raccogliendo reperti botanici e zoologici, descrivendo usi e costumi di quella popolazione nel capitolo Viaggio ad Engano nel suo Isola delle donne pubblicato nel 1894.

Tra i Batak di Sumatra

Dopo le esplorazioni di Nias e la visita di Engano, si presentò alle autorità coloniali olandesi di Sumatra chiedendo i permessi per penetrare nel territorio dei Batak suscitando sorpresa alla richiesta di quell’ italiano che tanto desiderava essere fatto a pezzi e magari divorato dalla più temuta popolazione della colonia. Come Modigliani ebbe poi a scrivere, non aveva in simpatia gli olandesi che a suo avviso avevano accentuato la diffidenza delle popolazioni di Sumatra inviando spedizioni contro i villaggi per esigere tributi con soldati accompagnati dalla feccia locale che si abbandonava a violenze e saccheggi, lui non era un olandese Blandei e quindi non poteva considerarsi nemico. Modigliani era un personaggio singolare come molti degli italiani che all’ epoca si dedicarono a viaggi ed esplorazioni, forse un esploratore e uno studioso sui generis, sicuramente dotato di grande coraggio, spirito d’ avventura e buone capacità letterarie con suoi scritti pubblicati poi nel Bollettino dalla Società Geografica Italiana nel 1894 e successive edizioni che da un oltre un secolo continuano ad esercitare un loro fascino, imperdibile il suo Fra i Batacchi indipendenti che ricordo come ottima lettura quando mi recai per la prima volta a Sumatra. Partì attraverso l’ isola per il territorio dei Batak armato fino ai denti, strumenti di rilevamento topografico e una ingombrante macchina fotografica che gli permise di realizzare uno dei primi reportage nella storia dei viaggi ed esplorazioni. Suoi compagni erano alcuni nativi con i quali comunicava in lingua malese che ben conosceva, assicurandosi che uno fosse padrone dell’ idioma parlato dai Batak, certo di penetrare nel territorio tribale incolume e di entrare in buoni rapporti per raccogliere il maggior numero di informazioni possibili con un buon interprete. Durante la spedizione fu attivissimo nell’ effettuare rilevamenti topografici, eseguire vari esperimenti di osservazione scientifica sul territorio, annotare le caratteristiche botaniche e zoologiche, disegnare e fotografare ambienti, villaggi e popolazioni, oltre che a raccogliere una gran quantità di reperti naturalistici, manufatti, stoffe, oggetti quotidiani e rituali, statue. Quello strano orang putì evidentemente attirava l’ attenzione dei bellicosi Batak, dato che non solo non lo fecero a pezzi e se lo mangiarono, come paventavano i funzionari olandesi, ma lo accolsero e impararono a rispettarne il coraggio, la tenacia e soprattutto la sincera curiosità che manifestava nel voler apprendere tutto sulla loro esistenza, cultura, usi e costumi, annotando, disegnando e fotografando quanto poteva. In pieno territorio Batak si trova il grande lago Toba che prende il nome da una delle confederazioni tribali Batak della regione chiamata Toba, fino all’ esplorazione di Modigliani non si sapeva altro se non la sua esistenza, egli ne accertò l’ origine vulcanica e lo esplorò in ogni angolo effettuandone tutti i rilievi topografici ed idrici possibili, misurandone la lunghezza in ben cento chilometri con al centro l’ isola Samosir a sua volta lunga quaranta chilometri e popolata dai più isolati villaggi. L’ esplorazione e i rilevamenti accurati della zona durarono a lungo, alternati da una gran raccolta di documentazione, disegni, foto e oggetti della popolazione, scoprì gli immissari che alimentavano il lago e le cascate dai quali sorgevano, oltre a scoprire l’ impressionante cascata Sipisopiso: «Figuratevi un bacino ovale, largo circa 100 metri e lungo 300, con pareti a picco e un’ immensa colonna d’acqua che vi precipita verticalmente. L’ acqua sbuca da una spaccatura del monte, e cade in volume enorme da un’altezza di circa 100 metri con due salti; l’inferiore ne misura circa 40. Per molti metri si sollevano ancora gli spruzzi, che si spargono per ogni dove. Non ricordo di avere mai provato un’ emozione pari a quella che mi dominava mentre fotografavo il Sapuran Siarimo».

Scrisse ammirato da quello spettacolo indimenticabile e posso assicurare che la suggestione del luogo ispira le stesse emozioni a chiunque si trovi al cospetto di quello scenario naturale. Sebbene fosse un ottimo osservatore e le sue note furono preziose alla conoscenza dei Batak, non aveva una preparazione antropologica, anche tenendo conto di quanto fosse limitata all’ epoca, era inoltre prodotto del suo tempo dominato dall’ accentuato e mentalità coloniale, ma forse in parte contribuì al suo successo personale tra i sospettosi Batak, assieme ad una notevole dose di coraggio, come racconta in un episodio quando appena giunto fu scambiato per un odiato olandese Blandei, rischiando di terminare lì la sua esplorazione massacrato dai guerrieri. Pensò bene di tirare fuori la bandiera italiana sventolandola irritato per averlo confuso con un’ altro popolo e lo slancio patriottico lasciò attoniti i Batak che non solo si convinsero delle sue origini, ma da quel momento lo rispettarono per il coraggio dimostrato e, forse, per un gesto che sembrò loro alquanto singolare se non un po’ folle.

Così il nostro Modigliani fu ben accolto tra i temuti Batak con rispetto e forse ritenuto dotato di una qualche capacità superiore alla media, tanto che cominciò la processione di infermi certi che sarebbe stato in grado di curarli, ed egli si trasformò in sorta di uomo medicina dando fondo alla sua riserva di bicarbonato quale pozione per ogni male che, se non guarito, teneva a precisare era dovuto al volere della divinità suprema Debata. Una divinità terribile e crudele che esigeva sacrifici umani e imponeva l’ uso del raccapricciante amuleto pangulubalang ottenuto con le ceneri di bambini fatti a pezzi e bruciati dopo averli allevati a questo scopo, uso che descrisse con orrore, pur cercando di mantenere il consueto atteggiamento quasi distaccato del suo Fra i Batacchi Indipendenti pubblicato al suo ritorno nel 1892. Può apparire ispirato dalla consuetudine dell’ epoca nei confronti di selvaggi primitivi, ma in verità va inteso come buona letteratura antropologica che gli permise di descrivere accuratamente quanto vedeva o ciò di cui aveva notizie certe, tremenda e impacabile nella sua chiarezza la lunga descrizione del banchetto antropofago di un condannato per adulterio : “ L’ esecutore della sentenza, capo di certo grado, avanza verso la vittima con un gran coltello alla mano; venegli appresso un uomo con un piatto fondo contenente una preparazione che i malesi appellano sambul, fatta con sale e con altri ingredienti. L’ esecutore chiama ad alta voce il marito offeso e gli dimanda qual parte del corpo della vittima più gli andrebbe aversi. Quegli prescieglie l’ orecchia destra, e subito l’esecutore la taglia con un sol colpo e la rimette al marito che immersala nella salsa la mangia. Ciò fatto, tutti gli astanti gittaronsi sul corpo del giustiziato, tagliandone e mangiandone ciascheduno la parte che più gli aggrada.”

Nella sua fiorita prosa di fine secolo le note di Modigliani sono più che un resoconto da conservare negli archivi geografici o scientifici, sono vera letteratura di viaggio da leggere come un romanzo dell’ epoca, forse non confortato da un gran livello letterario, ma sicuramente affascinante come lo è stato per me nei miei viaggi in Indonesia tra le isolate tribù delle Mentawaii, i popoli di Sumatra la cultura megalitica di Nias, le comunità dei Batak, tentando di immedesimarmi in quel personaggio che le ha scritte.

© Paolo del Papa: Viaggiatori ed esploratori. Vol. Asia: esploratori italiani,Modigliani.

Photo gallery: Indonesia

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