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La conquista del Messico

Mesoamerica e civiltà messicane

Le civiltà mesoamericane fiorivano nel primo millennio avanti Cristo, degli Olmechi rimangono imponenti rovine tra il Tabasco e la baia di Campeche, dal più antico San_Lorenzo Tenochtitlán risalente al I millennio., La Venta tra il IX e il IV secolo e Tres Zapotes che decadde nel II secolo. Della regione di Oaxaca erano signori gli Zapotechi tra la ricca Mitla , la città di Yagul e San Josè Mogote che dominarono poi dal quinto secolo a.C. dal grande centro di Monte_Albàn , seguirono i Mixtechi prosperando fino al XV secolo quando furono anch’ essi sottomessi dagli Aztechi del sovrano Ahuitzotl. Nell’ occidentale Michoacàn affacciato sul Pacifico fin dal XVII secolo avanti Cristo gli antenati indigeni Purèpecha fondarono città come Jacona El Opeño, Ihuatzio e quella che divenne Tzintzuntzan, nel XIII secolo della nostra era i discendenti P’urhépecha fondarono poi la cultura Tarasco sopravvissuta fino all’ arrivo degli spagnoli. Nella regione costiera tra lo Yucatàn e la baia di Campeche dal IX all’ inizio del XVI secolo dominarono gli Huaxtechi dal centro di El_Tamuìn e nella vicina zona di Xalapa era il territorio dei Totonachi con la loro capitale Cempoala. Nella regione centrale di stendeva il regno dei Tepanechi che fondarono Tlacopan e la loro capitale Azcapotzalco nei pressi del lago Texcoco e alla loro stirpe appartenevano i bellicosi Chichimeca devoti al dio Mixcoatl nel XII secolo sconfissero i potenti Toltechi e ne presero la capitale Tula . Furono poi tra i più tenaci oppositori dei conquistadores spagnoli nella sanguinosa guerra Chichimeca descritti dai cronisti e Gonzàez_Dàvila come temibili e feroci guerrieri. Nella storia mesoamericana si sono susseguite quelle civiltà che sembra abbiano portato le lori varie culture nella Valle Tepētzallāntli Mēxihco a Teotihuacàn dove gli dèi sono stati creati’gli uomini diventano dei che fiorì tra il I e il VI secolo come centro cerimoniale attorno al Tempio consacrato al divino Serpente Piumato Quetzalcoatl, con la grande Piramide del_Sole che assieme a quella della Luna domina i magnifici resti che si stendono in questa suggestiva e a lungo enigmatica Teotihuacàn che venne abbandonata ma che influenzò quegli Aztechi che furono gli ultimi a dominare il Messico precolombiano con il loro vasto impero.

Delle prime notizie su quei territori e popoli molto si deve al missionario Bernardino_de_Sahagùn apprese l’ idioma nahuatl e ne redasse l’ Exercicio quotidiano di testi cristiani da divulgare tra gli indigeni, fu attento studioso del popolo Mēxihcah degli Aztechi e ne scrisse nella voluminosa Historia general De las cosas_de_Nueva España nota come Codice fiorentino , i prime tre volumi trattano della storia e cultura degli Aztechi, i successivi fino al settimo della loro religione , dall’ ottavo al decimo la società, costumi e vita quotidiana, l’ ultimo dell’ ambiente naturale messicano. Nella sua attenta ricerca ed esposizione, dai racconti Huehuetlatolli o degli anziani Nahua raccolti da Andrès_de_Olmos, nel sesto libro trasse la la versione indigena sulla conquista dell’ impero azteco. L’ altra la racconta Bernal Dìaz_del_Castillo che fu partecipe della spedizione guidata dal capitano Hernàn Cortès nell’ incontenibile conquista di quell’ impero nel centinaio di capitoli della voluminosa Historia Verdadera de la Conquista de la Nueva España.

Dallo Yucatàn al Messico

Nel 1511 un vascello diretto a Santo Domingo naufragò e i superstiti su una barca furono spinti dalle correnti sulla costa del Belize ove furono catturati dagli ultimi Maya discendenti dall’ antica civiltà ormai in declino, ridotti schiavi e sacrificati ne sopravvissero solo il frate avventuriero Gerònimo de Aguilar e l’ abile marinaio Gonzalo Guerrero che riuscì ad integrarsi nella comunità indigena divenendone un nobile che si oppose tenacemente alla spedizione di Juan de Grijalva a Francisco Montejo nel loro assalto alla città Chetumal e la roccaforte di Tulum per la conquista dello Yucatàn. Essa iniziò nel 1517 quando vi giunse Francisco_Hernàdez de Cordoba che rimase stupito da quel restava delle città che aveva potuto vedere nell’ antico territorio maya, certi di grandi ricchezze da Cuba il governatore Diego Velàzquez de Cuèllar inviò una poderosa spedizione guidata da Juan de Grijalva che non trovò ricchezze, ma proseguì la conquista dello Yucatàn con le tre spedizioni di Francisco_de_Montejo dal 1527 per quasi vent’ anni. I racconti degli indigeni confermavano l’ esistenza di un fiorente e potente regno ad occidente dello Yucatàn In quel precolombiano Messico da scoprire, così il governatore de Cuèllar decise di esplorare qui territori e Il dieci febbraio dell’ anno di grazia 1519 il colto e raffinato avventuriero Hernàn_Cortès , che si millantava nobile hidalgo nelle colonie caraibiche dove era carico di debiti, assieme al fido Pedro de Alvarado, e all’ unica conquistadora che si conosca Maria Estrada, salpò per la vicina costa messicanacon undici vascelli, un centinaio di marinai e cinquecento soldati tra archibugieri e cavalieri , mastini e cavalli sconosciuti agli indigeni.

Bernal Dìaz_del_Castillo che tutto ci racconta nell’ Historia Verdadera così inizia: “Cortés convocò me e Martin Camos di Biscaglia al suo cospetto, e ci chiese quale fosse la nostra opinione sulle parole Castilan, Castilan, che gli Indiani di Campeche avevano ripetuto così spesso, e facendo cenno ad est, quando sbarcammo lì, sotto il comando di Hernandez de Cordoba “ . Da lui sappiamo anche le vicende dei dispersi tra gli indios Guerrero e de Aguilar riconoscendole il valore ed onore, testimonianza del primo europeo che s’ era unito a quella gente indigena come altri a seguire generando la stirpe dei mestizos che si diffuse in quelle terre dal Messico al costiero Belize e l’ impervio Guatemala, poi a sud per le Vie delle Ande tra gli incaici Figli del Sole: “Cortés disse che aveva spesso riflettuto sulla questione e che non poteva fare a meno di pensare che gli indigeni avevano alcuni Spagnoli tra di lorouno si chiamava Jeronimo de Aguilar.. ricevuto il riscatto…..Liberato andò in cerca del suo compagno, Gonzalo Guerrero, e lo mise al corrente di tutto .. Quando Cortés vide quell’uomo così abbigliato, come ognuno di noi aveva fatto, chiese: dov’è lo Spagnolo? Quando Jeronimo lo sentì dir così indietreggiò secondo il costume indiano e disse: io sono qui

Continua poi narrando che sbarcò senza problemi nel golfo di Campeche ben accolto dagli indigeni a Tabasco ricevendo ricchi omaggi d’ oro tra i quali quattro diademi, massicci orecchini e pregevoli statuine raffiguranti cani, iguana ed anatre, oltre ad indigene che, prima di usare per i piaceri suoi e dei luogotenenti, volle battezzare. Si dice che la più bella era la nobile La Malinche che fu battezzata Doña Marina ceduta al nobile Alonso Hernandez Portocarrero, ma ben presto affiancando Gerònimo de Aguilar divenne l’ interpete della spedizione e amante del conquistador Cortès e poi madre di suo figlio Martìn el mestizo.

L’impero atzeco

I vascelli spagnoli continuarono lungo la costa e nei giorni precedenti la Pasqua del 1519 giunsero in una zona favorevole all’ insediamento dove fu fondata la città che divenne la sua piccola colonia di Veracruz, nonostante il decreto del governatore de governatore gli avesse assegnato il solo incarico esplorativo e commerciare con i nativi, Hernàn Cortès emanò il decreto di fondazione della nuova colonia e ne stabilì il governo: “….Il potere è vostro. Io passo da questo momento, e per sempre, la carica di capitano generale ai sindaci e ai reggenti, in modo che il consiglio possa no­minare capitano generale chi gli sembri più meritevole…”. Per acclamazione della sua truppa ne divenne incontrastato reggente, poco prima che arrivassero gli ambasciatori di Montezuma Xocoyotzin, divino sovrano degli Aztechi che dominavano tutte le terre di quella vasta parte del Messico con il loro potente impero , recando ricchi doni d’ oro massiccio, argento e pietre preziose, ricambiati da Cortès con un cappello di velluto, una sedia, una medaglietta raffigurante San Giorgio e un rosario. I due notabili aztechi aggiunsero ai doni di Montezuma tante pietre preziose da riempire un elmo e anche a loro Cortès contraccambiò prodigamente con un cappello, una camicia e un rosario a testa. I doni degli aztechi furono inviati in Spagna all’ imperatore Carlo V assieme alla prima descrizione delle nuove terre e alle lettere di supplica dei notabili e capitani della spedizione che chiedevano di nominare Cortès governatore delle colonie d’ oltre mare.

Il sovrano di quel vasto impero ove tramontava mai il sole, non si mostrò riconoscente, accolse le notizie e i doni senza degnarsi di rispondere, ma Cortès nella sua incontenibile ambizione pensò bene di dare ben più che un tratto di costa e maturò l’ intenzione di conquistare quel vasto e ricchissimo regno messicano del quale sarebbe divenuto vicerè. Fece affondare le navi per evitare ogni tentazione a tornare indietro, giustificandosi con la sua gente che i vascelli erano ormai seriamente danneggiati ed inutilizzabili, Il 23 aprile 1519 dalla foce del rio Grijalva partì per l’ incontenibile conquista iniziando la sua lenta marcia edificando villaggi e fortificazioni per due anni, domando rivolte indigene e scontrandosi con la flotta inglese al largo dell’ isola di Ulùa dove fece edificare la fortezza di San_Juan, la prima contro i corsari britannici e la nascente pirateria caraibica. Nel frattempo si prodigò ad ingraziarsi le popolazioni indigene della regione di Cempoala sottomesse dagli aztechi sobillandole a non riconoscerne l’ autorità e a non versare più tributi, continuando a omaggiare Montezuma dall’ aspetto nobile e fiero:

Il gran Montezuma era un uomo di circa quarant’anni, di alta statura e ben proporzionato, piuttosto asciutto e di colorito olivastro; aveva i capelli non molto lunghi, che appena gli coprivano gli orecchi e poca barba nera, ben curata; viso piuttosto allungato e allegro, occhi vivaci e nel portamento e nello sguardo rivelava bontà e quando era necessario, anche severità.“

Juan Cermeno e Pedro Escudero con alcuni spagnoli del suo seguito ancora fedeli al governatore Velàzquez de Cuèllar riuscirono ad armare un piccolo naviglio tentando di tornare a Cuba, ma vennero scoperti e i due capitani condannati alla forca, al nostromo Gonzalo mozzati i piedi e agli altri frustati quasi a morte per tradimento.

La conquista del Messico

Anche dalla Historia verdadera de la conquista de la Nueva España di del Castillo ed altre e fonti si sa che l’ ambizioso Cortèz liberatosi degli oppositori e ormai completamente autonomo dal governatore della colonia cubana, iniziò la sua marcia nell’ interno alla conquista dell’impero azteco del potente Montezuma con solo quindici cavalli poco più di quattrocento uomini a piedi armati di spade e picche, tredici archibugi e trentadue balestre che avrebbero dovuto affrontare gli oltre quarantamila guerrieri del poderoso esercito azteco, seguendo il suo bellicoso itinerario.

Tutto è raccontato da Diaz del Castillo, anche la meraviglia degli spagnoli giunti al mercato di Tatlelolco : “Intanto Cortès, accompagnato dai suoi capitani e soldati, tutti armati e molti a cavallo, arrivò nella granpiazza di Tatelulco; e restammo tutti meravigliati nel vedere la gran moltitudine di gente e l’abbondanza di mercanzie. Quel mercato conteneva tutti i prodotti che si possono trovare nella Nuova Spagna,…..Da una parte c’erano mercanti d’oro, d’argento, di pietre preziose, di piume e di stoffe, e dall’altra mercanti di schiavi, che ci pareva d’essere dove i portoghesi vendono i negri della Guinea

Giunse in vista della grande città e splendida capitale Tenochtitlàn, strordinario capolavoro urbanistico e architettonico, impreziosita da templi dominati dal Templo Mayor , palazzi, canali e ponti la cui grandiosa bellezza impressionò profondamente gli spagnoli e Cortès che ebbe a dichiarare che mai aveva visto tale magnificenza, per poi iniziarne la conquista fino alla distruzione. Continua il racconto sull’ incontro con Montezuma signore degli aztechi : “Passato un bivio, da cui si diparte una strada che va a Cuyacan, ci vennero incontro altri ambasciatori a darci il saluto del loro re: ci fermammo un poco e Cacamatzin, il signore di Iztapalapa, il signore di Tacuba e il signore Cuyuacan, ci precedettero per andare ad incontrare il gran Montezuma, che veniva in lettiga, accompagnato da grandi signori e da molti cacicchi suoi vassalli.

Per l’ inferiorità militare cercò di imporsi con l’ inganno evitando lo scontro aperto, ma nel frattempo il governatore per porre definitivamente fine all’ insubordinazione, era giunto da Cuba con novecento soldati perfettamente armati, artiglieri e ottanta cavalli. L’ ormai irriducibile Hernan Cortès lasciò a Tenochtitlàn un centinaio di uomini al comando di Pedro de Alvarado per contrastare la spedizione contro di lui corrompendone gli ufficiali che, al momento della battaglia si rivoltarono contro il governatore e lo esautorarono imprigionandolo schierandosi con il conquistador Cortès che da qul momento poteva contare su un piccolo esercito per sgominare l’ imperatore Montezuma e le sue armate. Prima di proseguire l’ impresa di preoccupò di scrivere all’ imperatore spagnolo Carlo V offrendo alla corona le terre che andava conquistando:“…tanto grandi e tali che, come già ebbi a scrivere nella pre­cedente relazione, la Vostra Sacra Maestà può prenderne il titolo di imperatore, con uguale diritto e merito non minore di quello che già possiede sulla Germania…”

Cortès era ben più colto e abile del rozzo e sanguinario Pizarro che stava conquistando il vasto impero Inca Tawantinsuyu in Perù e fu capace di imporsi con le lusinghe e la diplomazia al potere della madrepatria per assicurarsi il dominio delle terre che andava conquistando prima ancora di terminare l’ impresa, allo stesso tempo riuscì ad ingannare gli Aztechi e il loro imperatore Montezuma evitandone la reazione prima che fosse pronto all’ attacco.

La presa di Tenochtitlàn

Assieme agli alleati indigeni Tlaxcaltechi gli spagnoli scatenarono gi scontri si dal giugno 1520, i militi aztechi reagirono orgogliosamente alla sorpresa combattendo furiosamente nel primo scontro dal quale uscirono vittoriosi, ma il 1 luglio 1520 fu la Noche_Triste celebra rata con il canto di vittoria azteco: “..Arrivammo lentamente, senza pensare, O Tlaxaltechi-Cantate amici miei! Li ho visti e ne sono ammirato:Con scudi e con spade i Tlaxcaltechi Vogliono seguire i castigliani Nell’ acqua venimmo ad assediarli e li abbiamo sconfitti..”

Il cronista e religioso Lòpez_de_Gòmara nella sua controversa Historia racconta che furono poco più di quattrocento spagnoli e quattromila loro alleati indigeni a perire, in verità pare che furono tutti sterminati, riuscirono a scampare combattendo solo Cortès con l’ amante La Malinche, l’ unica spagnola della spedizione Maria Estrada, il capitano Alvarado e pochi veterani. Fu l’ ultima vittoria di questo popolo guerriero dalla raffinata cultura prima di essere travolto dai conquistadores che riuscirono a riorganizzarsi e Cortès fu vittorioso in quell’ agosto 1521 che vide infuriare fino la battaglia finale per la caduta di Tenochtitlàn. Guardò per un’ ultima volta la splendida città che aveva ammirato e decantato poi la distrusse facendo strage degli abitanti. Con la maestosa capitale Tenochtitlàn distrutta Cortèz aveva completato la conquista del vasto impero di un’ altra grande civiltà precolombiana del Nuovo Mondo America, furono Aztechi gli ultimi a dominare il Messico edificando le loro città, dalle montagne e i deserti del nord alle foreste tropicali dello Yucatàn ove sopravvivevano i discenti dell’ ormai decaduta antica civiltà Maya.

Pedro de Alvarado e il Guatemala

Durante la conquista dello Yucatàn e poi dell’ impero azteco in Messico, si venne a sapere del vicino territorio Quichè popolato dagli indigeni K’iche’ depositari della mitologia maya, discendenti dai mitici antenati Hunahpu e il gemello Xbalanque che generarono i Kaqchikel fondatori dell’ antico regno di Chajoma, le leggende raccolte nel Popol_Vuh raccontano che qui dalla civiltà Maya al fine sorse il regno Q’umarkaj. Ne rimanevano centri e città, ma altre erano state abbandonate da tempo, fiorivano Mixco Viejo e Iximche, la costiera Kaminaljuyu sul Pacifico come Cotzumalhuapa, la vicina Montana e il più antico Monte Alto Maya e Balberta, nella regione di Huehuetenango si trova Zaculeu Saqulew, sul rio Motagua l’ antigua Quiriguà abbandonata, ma gran parte dei nelle foreste del Petèn sono rimasti a lungo nascosti come Zacpetèn e la vicina Topoxtè, Yo’k’ib’ Piedras Negras, la grande Tikal con la vicina Uaxactùn Siaan K’aan. Del territorio si interessò Pedro de Alvarado chiamato tonatiuh dagli indigeni che ben presto impararono a temerlo, assieme a Diego de Rojas nel 1524 iniziò la conquista creando la Capitanía general de Guatemala , ne fondò la capitale Antigua Santiago de los Caballeros e il conquistador Alvarado divenne poi ferreo governatore del Guatemala. Così come le città azteche e delle altre civiltà del Messico anche negli antichi centri maya del Guatemala le rovine di templi e i palazzi ricordano una lunga storia che sgranava i suoi eventi mentre aldilà degli oceani altri popoli facevano altrettanto, inconsapevoli gli uni degli altri, poi i mondi separati per millenni si incontrarono e fu la fine.

© Paolo del Papa Viaggiatori ed esploratori. Vol. America:La conquista del Messico.

Photo gallery: New World Routes | Mexico Guatemala

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