La spedizione di Alonso de Ojeda
Dopo aver nominato
Martìn Fernandez de
Enciso suo sostituto, Alonso de
Ojeda nel 1509 era partito da Santo
Domingo per fondare una colonia nella
Guyana venezuelana che sarebbe stata parte della
Nueva Andalucia, chiedendo l’ emanazione il proclama
Oceanis Libellus Insulis redatto da
Juan López de Palacios
Rubios che prevedeva il possesso delle terre e la sottomissine degli indigeni all’ impero
spagnolo. Con lui era l’ esperto Juan de
La_Cosa, che era stato con Cristoforo
Colombo come capitano della
Santa Maria nella
scoperta del 1492 e partecipato al
secondo viaggio dell’ anno successivo, fu poi nella spedizione di Juan Díaz de
Solìs assieme ad Amerigo
Vespucci nel 1497 e ancora con lui ed Alonso de
Ojeda nell’ altra spedizione dalla quale trasse la sua
mappa che fu la prima nella
cartografia del Nuovo Mondo.
Giunse sulla costa della
Colombia nella baia dove poi sorse
Cartagena de Indias fondata da Pedro de
Heredia nel 1533, inviando missionari per imporre l’ atto di sottomissione agli indigeni che rifiutarono ribellandosi e vennero domati dai suoi armati. Spingendosi nell’ interno nel villaggio di
Turbaco gli spagnoli vennero sconfitti dagli indigeni in violenti scontri dove Juan de
La Cosa rimase ucciso assieme ai suoi uomini. Alonso de
Ojeda riuscì a fuggire assieme ad un solo supersite raggiungendo la costa dove era giunta la flotta di Diego de
Nicuesa che con un drappello di armati tornò con lui nel villaggio sterminandone gli indigeni ribelli. Dopo la repressione Diego de
Nicuesa riprese la sua navigazione sulla costa panamense, dove poi sorse il Ducato di
Veragua nel 1537 e concesso a Luis
Colòn de Toledo figlio di
Diego e nipote del grande e posto poi sotto l’ Audiencia Real de
Panamà, mentre Alonso de
Ojeda su quella stessa costa giunse nel golfo di
Urabà e nel gennaio del 1520 vi fondò il primo insediamento spagnolo dI
San Sebastiàn de Urabá. In breve si scontrarono con i locali Indigeni
urabas e ne rimase anch’ egli ferito, decidendo di tornare a Santo
Domingo imbarcandosi nel vascello del pirata Bernardìn de
Talavera, lasciando a presidiare l’ insediamento il giovane Francisco
Pizarro, che poi divenne tra i più celebri
conquistadores travolgendo l’ impero
Inca nel 1532 da
Cajamarca nel nord del
Perù. Aspettando invano il ritorno di Alonso de
Ojeda si apprestò anche lui a ripartire per Santo
Domingo, quando giunse la spedizione di soccorso di
Martìn Fernandez de
Enciso accompagnato da Vasco Núñez de
Balboa.
Vasco Núñez de Balboa
L’ hidalgo
Vasco Núñez de
Balboa nacque con un quarto di nobiltà a Jerèz de los Caballeros in Estremadura nel 1475, la stessa che dette natali a Francisco
Pizarro e Hernàn
Cortès, nel 1501 seguì la spedizione di Rodrigo de
Bastidas per esplorare le coste della
Colombia, ebbe il battesimo del mare naufragando raggiunse la colonia di
Hispaniola a Santo
Domingo dove decise di stabilirsi facendo l’ agricoltore e il commerciante. Il giovane
hidalgo si dette al gioco e fu soffocato dai debiti, un’ottima ragione per imbarcarsi nella spedizione di
Martìn Fernandez de
Enciso raggiungendo il
Golfo del
Darìen tra quella che sarebbe divenuta
Panama e la costa della
Colombia.
Una legge promulgata da
Diego, figlio di Cristoforo
Colombo , proibiva ai coloni di Santo
Domingo di lasciare
Hispaniola senza aver onorato i debiti, ma si dice che
Balboa si imbarcò clandestino chiuso in una botte, dopo aver rischiato di essere abbandonato in mare dal capitano, riuscì a farsi apprezzare come ottimo spadaccino e venne accettato nella spedizione che aveva bisogno di tipi come lui per ristabilire l’ ordine tra gli indigeni che avevano osato ribellarsi. La colonia di
San Sebastiàn fondata da Alonso de
Ojeda era stata abbandonata e la spedizione continuò risalendo il rio
Atrato nell’ impenetrabile
foresta dell’ ignoto
Darièn, ma l’ ostilità degli indigeni rese necessario il passaggio del comando da Martìn Fernandez de
Enciso al più bellicoso Vasco Núñez de
Balboa che divenne il capo della colonia di
Santa Maria La Antigua del Darìen ed eliminò anche Diego de
Nicuesa , governatore della vicina
Veragua, facendolo naufragare con un inganno.
Abile e temerario alimentò i contrasti tra le tribù indigene della regione, alleandosi con alcune per sottomettere le altre, in visita al
cacique Comogre fu omaggiato con una gran quantità di perle ed oggetti d’ oro ed informato che tali ricchezze provenivano da una zona oltre la foresta che finiva su un’ altra costa di un’ immenso oceano ove si affacciavano paesi ricchissimi del prezioso metallo. Lo sconosciuto capitano
Balboa scrisse al sovrano
Ferdinando II d’ Aragona il
Cattolico per sottoporgli il progetto di una spedizione in quelle terre incognite piene d’ oro, ma
Martìn Fernandez de
Enciso era a corte per lamentare i torti subiti e fu nominato il più noto ed affidabile Pedro Arias
Dàvila per guidare la spedizione nei favolosi territori.
La scoperta del Pacifico sterminando indigeni
L’astuto
Balboa anticipò i tempi e prese l’ iniziativa imbarcandosi il primo settembre 1513 con un vascello, dieci canoe, 190 uomini e molti indigeni, tra i luogotenenti c’era l’ avventuriero analfabeta Francisco
Pizarro, duro e spietato, il futuro sangunario protagonista della
conquista dell’ impero
Tahuantisuyo incaico in
Perù. Lasciate le imbarcazioni nella colonia dell’ isola di
Coiba il piccolo esercito si addentrò nella jungla dell’
istmo panamense attraverso il territorio di un
cacique chiamato Poncha con il quale si alleò dopo un primo scontro ricevendo oro in cambio di cianfrusaglie. Proseguendo gli spagnoli combatterono contro gli indiani di un capo chiamato Quarequa che sbaragliarono dandosi poi alla caccia all’ indio con i cani mastini addestrati a tale funzione, svago comune tra i primi cattolicissimi coloni del nuovo mondo, in questo ed altri massacri di indigeni durante la spedizione, si distinse Francisco
Pizarro con i suoi sgherri, come scrisse disgustato lo storico umanista
Pietro Martire d’
Anghiera nel suo
Sumario de las Indias occidentales :
“…Come nei macelli i macellai tagliano a pezzi le carni bovine ed ovine, così i nostri con un sol colpo tagliavano a questo le natiche,a quello il femore ,a quell’ altro una spalla; e come una massa di bruti,ne morirono di essi circa seicento…”
Compiuta la strage
Balboa raggiunse la capanna del capo Quaregua dove vi erano uomini abbigliati da femmine dediti all’ omosessualità, usanza molto diffusa tra gli indios di rango, ma gli spagnoli,
cristianamente inorriditi dal peccato di sodomia, scatenarono i cani facendo sbranare vivi oltre quaranta
viziosi snaturati, altri ne seguirono denunciati dai sudditi che pensavano essere sgradite agli dei le pratiche dei loro capi. Del fatto continua la descrizione di Continua D’
Anghiera:
“
E viddero il fratello del detto cacique, insieme con molti altri, ch’erano vestiti a modo di femine. Del che si maravigliò forte, e massimamente che non s’era fuggito. E dimandata la causa, gli fu detto da tutti li vicini, li quali dapoi la morte del cacique corsero a vedere li cristiani come uomini venuti dal cielo, che ‘l detto cacique con tutti li suoi cortegiani erano imbrattati di quel nefando vizio contra natura. E che per questo il detto fratello con gli altri ch’erano in casa andavano vestiti da femine, né potevano toccar archi né saette ma attendevano a far servizi di casa, come fanno le femine. Vasco, udito il parlar di costoro, molto piú si maravigliò che fra quelli monti asperrimi e fra tante selve, dove vivon solamente di pan di maiz con bere acqua, né hanno frutti o uccelli né salvaticine come in altri luoghi dell’Indie, in queste genti prive di delizie vi fusse entrato simil abominevol peccato E subito fece pigliare, che potevan esser circa quaranta, e legati gli fece stracciare e sbranare da alcuni cani grandi ch’aveva menato seco, e gli adoperava a seguire gl’Indiani quando fuggivano. ”
Tra gli indigeni dell’
istmo furono trovati schiavi negri che i nativi affermarono discendere da gruppi di razziatori venuti dal mare e naufragati, un mistero che gli storici dell’ epoca spiegarono con la possibilità che africani avessero traversato l’ Atlantico per razziare le coste americane. La marcia di
Balboa proseguì con sessantasette uomini tra i monti coperti di foresta e il 25 settembre 1513 da un’ altura egli fu il primo europeo a spaziare lo sguardo sull’ immensità dell’ oceano
Pacifico, la zona era dominata da tribù comandate da un certo capo Chiapes che fu sottomesso e che accompagnò Balboa fino ad una spiaggia sul
Pacifico dove giunse il 29 settembre, prese possesso del mare appena scoperto e tutte le terre che vi si trovavano, poi esplorò la baia che chiamò San Miguel con al largo
Contadora le Isole delle
Perle. Giovan Battista
Ramusio nella sua monumentale
opera Delle navigazioni et
viaggi racconta del cacique
Tumacco nel cui territorio gli spagnoli arricchirono il loro carico d’ oro avuto dagli altri indigeni con una grande quantità di preziose perle e iniziarono il ritorno attraverso la jungla dell’
Darièn sottomettendo ogni tribù incontrata e recuperando i malati e i deboli lasciati nei vari villaggi all’ andata, i quali raccontarono della favolose ricchezze viste negli altri villaggi visitati nel frattempo.
Il ritorno carico di ricchezze fu trionfale e la sua relazione arrivò in Spagna mentre Pedro Arias
Dàvila nel 1513 fu nominato governatore della
Castilla de Oro che comprendeva i territori dell’
istmo, l’ inospitale
Darièn, il centroamericano Reino de
Tierrafirme e la costa caraibica della
Colombia.
Caduta in disgrazia e morte di Balboa
Nominato
governatore Pedro Arias
Dàvila arrivò nella colonia di
Santa Maria La Antigua del
Darien e si fece relazionare minuziosamente da
Balboa sulla spedizione, imponendo la sua autorità di governatore su tutto il territorio, ma poco dopo dal sovrano arrivò la nomina di
Balboa a governatore delle terre del
Mare del Sud, subito contrastato da
Dàvila che lo fece imprigionare con l’ accusa di tradimento, ma il malcontento nella colonia richiese un compromesso tra i due e alla fine Vasco Núñez de
Balboa ebbe in moglie per procura la figlia di
Devila che si trovava in Spagna e i due cominciarono ad avere interessi comuni.
Incaricato di organizzare una grande spedizione nel
Mare del Sud, dato il ritardo sul tempo accordato di una anno e mezzo e fu sostituito con Diego de Albeniz voluto dal suocero che continuava a tramare per sbarazzarsi di lui nonostante gli accordi.
Balboa decise di ripetere il colpo di mano che lo aveva portato alla sua prima impresa e partì sulla rotta del sud in
Perù verso il favoloso
impero Tawantinsuy incaico di cui parlavano gli indigeni, ma l’ equipaggio vide
esseri mostruosi in un banale gruppo di balene e lo costrinse a tornare indietro. Nel frattempo la colonia del
Darien languiva e Pedro Arias
Dàvila tentò di dare la colpa al suo avversario, ma fu sostituito dal governatore delle
Canarie Pedro Fernandez de
Lugo , comunque fece arrestare
Balboa dal suo compagno d’avventure Francisco
Pizarro . Lo scopritore del Pacifico venne processato per tradimento e con i suoi cinque compagni più fedeli fu decapitato nel gennaio del 1517, il cortigiano
Dàvila aveva avuto la meglio sull’ avventuriero che aveva aperto un nuovo grande capitolo nella scoperta del mondo, ma se viene ricordato il suo inutile nome è solo perchè ha avuto a che fare con
Vasco Núñez de
Balboa, scopritore del
Mare del Sud.
© Paolo del Papa
Viaggiatori ed esploratori. Vol. America: Balboa e il Pacifico.
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