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Sahara: via dei carri

La via dei carri

Le origini della più antica rotta carovaniera del Sahara furono scoperte dall’archeologo francese Henri Lhote.

Hoggar tra i rilievi del Tassili n’Ajjer mentre cercava di interpretare lo straordinario archivio rupestre rupestre lasciato dagli antichi abitatori del deserto con i loro fantastici graffiti e dipinti che per secoli ne hanno raccontato l’ ambiente, la vita, le leggende e le tradizioni fin dal neolitico. Lhote che rivelò tra i primi questo patrimonio, nell’ Adjefou trovò una parete dipinta con figure che rappresentavano l’ arrivo di popolazioni straniere e la scoperta di altri dipinti di carri e cavalli stilizzati ricordarono il quarto libro delle Historìai ove il greco Erodoto citava il popolo dei Garamanti che usavano carri con cavalli per le incursioni dalla Libia. La scoperta di graffiti vicino Arlit oltre Es Souck, antico centro berbero di Tademekka nel Sahara meridionale, faceva pensare a traversate del deserto di quelle antiche popolazioni con i loro carri, confermata da un ritrovamento vicino ai pozzi di Ti-m-Missao sull’ antica pista tra l’ Ahaggar algerino e l’Adrar des Iforhas nel territorio del Mali. Le ricerche di Lhote continuarono per molti anni fino al 1957, quando scoprì nell’ Hoggar altre raffigurazioni di carri e confermò definitivamente la scoperta della più antica rotta carovaniera dalle coste libiche della Tripolitania e la Cirenaica attraverso il deserto del Sahara e l’ arido Sahel fino al Niger nel primo millennio avanti Cristo, molto prima degli insediamenti dei berberi conosciuti. Sull’ antica via doveva che essere nota alle guarnigioni romane insediate a Ghadames in Libia che conquistarono il centro berbero di Rapsa dove sorse Ghat a soli ottanta chilometri a nord di Djanet e dal I secolo a.C. per quasi duecento anni i romani inviarono spedizioni su quelle antiche piste che ho cercato di ripercorrere nelle mie traversate tra il Sahara e il Sahel.

Cornelio Balbo

Tra i vari itinerari romani che ho ripercorso il primo fu compiuto da Lucio Cornelio Balbo nel 19 a.C. parti’ da Sabrata con migliaia di legionari della Legio III Augusta passando per Ghadames e poi a sud dell’oasi di Biskra per oltre cinquecento chilometri fino all’ hammada al-Hamra verso il Tanezrouft procedendo nello wadi Shatii e il centro di Awbari attraverso il teritorio dei Garamanti ne prese la capitale Garama e l’ oasi di Rapsa nel Tadrat Acacus e quindi le altre nel vicino Tassili. Secondo Plinio scese ad Abalessa e di lì a sud trovò dei fiumi per cui Lhote pensò probabile che avesse seguito quell’ antica pista dei carri che aveva dedotto dalla scoperta dei dipinti rupestri attraverso il desolato Tanezrouft e l’ adrar des Iforhas giungendo a Gao Tilemisi sul Niger che la popolazione antenata dei Songhai lo chiamava “grande fiume” Isabari. Le spedizioni a sud del limes Tripolitanus continuarono con Settimio Flacco nel 70 d.C. e di Giulio Materno sedici anni più tardi, che penetrarono nelle profondità del deserto, ma senza far capire dove arrivarono .Le ricerche di Lhote scoprirono che le spedizioni seguirono l’antica pista carovaniera attraverso il Sahara fino al Niger, confortato da Plinio che elencando i luoghi dell’ itinerario di Balbo cita Alasi, l’antica Abalessa dell’Hoggar dove sono stati rinvenuti stampi di monete raffiguranti Costantino in una fortificazione. Cita anche Balsa, trascrizione del nome in lingua tamachek tuareg di Ilezy, i rinvenimenti romani ad Abalessa sono molto posteriori all’epoca della spedizione, ma le rovine simili ad una fortificazione romana precedente. La spedizione di Cornelio Balbo aveva raggiunto il Niger attraversando l’ intero Sahara oltre il Sahel sull’ antica pista carovaniera aperta mille anni prima che partiva dal golfo della Sirte, passava per Cydamus nell’ oasi di Ghadames, proseguiva attraverso l’ Ahaggar per il centro di Abalessa da dove attraversava il Tanezrouft e l’ Adrar des Iforhas giungendo nel Mali a Tilemisi Gao dove scorre il Niger.

Valerio Festo

Ancora Plinio ci racconta che nel 70 d.C. il legato della Legio III Augusta si avventurò nel territorio dei Garamanti seguendo la prima parte della via di Balbo, ma non menziona i fiumi trovati pertanto avrebbe percorso un altro itinerario dal Tassili per il plateau Djado traversando il Tènèrè oltre il massiccio dell’ Air fino all’ oasi di Arlit e quindi la zona ove poi sorse Agadez, continuando nel la pianura di Gadoufaoua ove si è scoperto un vasto giacimento di fossili dinosauri ouranosaurus nigerensis e Jobaria tiguidensis. Procedendo a sud la spedizione giunse a quel flumen Dasibari trovato da Cornelio Balbo chiamato Girin nella mappatura delle imperiali vie romane nota come cartografia Tabula PeutingerianaHoc Flumen quidam Grin vocant, alii Nilum ricorrente; dicitur enim sub terra Etyopium in Nylum ire Lacum“, i Tuareg lo chiamano ” fiume dei fiumi” Gber-n-igheren o Ngher, latinizzato in Girin da cui poi Niger .La sua identificazione con il Nilo nelle spedizioni romane e nella Tabula è all’origine di quel mistero che gli esploratori andarono poi cercando per secoli.

Settimio Flacco e Giulio Materno

Claudius Tolomeo nella sua Geografia individua una terra rhinos e un Hippos lacum oltre il Sahara e a sud del Sahel che sarebbe il lago noto come Ciad alimentato dai fiumi Chari e Komadugu Yobe un tempo vastissimo e ormai ridotto a paludi con isolotti sabbiosi che si inseguono negli acquitrini ma ancora popolato da coccodrilli e ippopotami e sulle sponde villaggi di pescatori che convivono con allevatori nomadi in attesa che l’antico lago scompaia nella sabbia del deserto che avanza inesorabilmente. Marino di Tiro che isipirò Tolomeo racconta che Settimio Flacco partì nel 76 d.C.dalla libica Leptis Magna per i territori dei Garamantes fino alla regione della capitale Germa e di lì in tre mesi a sud superando il Tibesti, probabilmente seguendo l’ itinerario che passa per Aouzou e quella che doveva essere un oasi a Bardai arrivando all’ odierna Faya Largeau da dove si traversa la depressione di Bodèlè per raggiungere la Terram Aethiopiae ove era quel Hippos lacum del Ciad. Una decina di anni dopo anche Julius Materno partì da Leptis passando da Ghadames e forse Sebha per attraversare il Fezzan raggiungendo Germa da dove assieme al sovrano di quel popolo viaggiò per quattro mesi passando per Cufra ed attraversando poi l’ altopiano di Ennedi fino all’ odierna Fada e quindi la suggestiva oasi tra le gole di Archei da dove avrebbe continuato per la pianura di Abèchè giungendo ai fiumi Bahr Salamat e Bahr Aouk , poco distanti il Chari e il Komadugu Yobe che alimentano il lago poi chiamato Ciad nella regione di Agisymba descritta come terra rhinos ubi aethiopes vivit da Marino di Tiro e Claudio Tolomeo . Da queste rotte tracciate nel primo millennio avanti, si sono aperte durante i secoli tutte le altre piste carovaniere nel Sahara per il Sahel fino al Niger e poi il resto dell’ Africa e che continuano ad essere le vie di un affascinante viaggio nel deserto, nella storia e la leggenda.

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