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Antico Sahara

Florida preistoria

Il Sahara non è sempre stato quel “deserto più vasto” al-ṣaḥrā’ al Kubra che si stende sull’ Africa settentrionale, un tempo era percorso da fiumi che alimentavano laghi e lussureggiava di vegetazione popolata da quella fauna che la si ritrova molto più a sud nei parchi del continente. La preistoria di questo immenso deserto la raccontano graffiti e dipinti rupestri. Li si trovano dai più occidentali siti della Mauritania e il conteso Saharawi alle preziose opere dipinte e incise nel Tassili n’Ajjer e il libico Acacus, passando in Ciad nel massiccio di Ennedi e il sito di Borkou, continuando nel Tibesti orientale e i siti di Ouori e Enneri Korossom, nel vasto deserto occidentale i siti sparsi da Gilf Kebir al remoto Sebu e tra le rocce sudanesi del jebel El Uweinat. Nella lunga cronologia delle suggestive immagini le più antiche raffigurazioni risalgono al paleolitico superiore tra il XII e il VI millennio e mostrano stilizzati ippopotami, rinoceronti, elefanti, giraffe e altra fauna tipica africana d’ un epoca fertile prima della desertificazione, a partire dal IX millennio neolitico si sovrappone un periodo definito arcaico con enigmatiche figure antropomorfe dette Teste tonde riferite a culti magici e religiosi nel loro fluttuare come visioni di pratiche sciamaniche. Tra il VII e il III millennio raggiunsero l’ apice dell’ arte rupestre sahariana con la raffigurazione realistica di vita quotidiana e mandrie di bovini che ne testimoniano il passaggio da cacciatori ad allevatori, definito periodo bovidiano. Le più antiche rinvenute a Matkhendush nel libico Mesak Settafet raffigurano allevatori neri di probabile origine sub sahariana nel wadi Tabu, mentre sicuramente mediterranei sono quelli dell’ Amil, più recenti le figure longilinee di probabili origini nilocamite di Ti-n-Anneuin e Ti-n-Lalan sempre nel Tadrart libico Acacus. Al II millennio appartiene il Bubalus individuato da Thèodore Monod nel 1932 che, più che un periodo, lo definisce stile bubalino dalle scure incisioni patinate raffiguranti il bovino selvatico preistorico bubalus antiquus o pelorovis. Segue il periodo Cavallino dal III al I millennio che coincide con l’ inizio della desertificazione e la scomparsa della fauna di savana, ma anche un’ ulteriore progresso deI probabili antenati dei Garamanti, per le raffigurazioni di carri trainati da cavalli utilizzati per trasporto e motivi bellici. A partire dal II millennio iniziano le raffigurazioni di dromedari che ne testimoniano la loro introduzione in nord africa dal vicino oriente in pieno avanzamento del deserto. Compaiono infine le figure dei guerriers libyens rinvenute tra i monti nigerini dell’ Aïr ad ovest del deserto Tènèrè e nell’ Adrar des Iforhas ai margini del Tanezrouft, allo stesso periodo risalgono le tracce di scrittura in berbero arcaico Tifinagh utilizzata nel Tamacheq parlato ancora dai Tuareg che conferma essere i discendenti di quelle popolazioni.

Tassili

Seguendo gli itinerari di Lhote al più vasto patrimonio di questa preistoria sahariana si accede da Djanet, tra le rocce di Adjefou scoprì una grande parete dipinta con strane figure in ocra rossa, semplici e stilizzate simili alle tante altre sparse nel Sahara, ma rappresentavano l’ arrivo di popolazioni straniere diverse e con la scoperta di dipinti che raffiguravano carri e cavalli stilizzati anche nei siti di Ala-n-Edoument, Tiror, Tin Abou Teka e I-n-Itinen, ricordarono il quarto libro delle Historìai ove il greco Erodoto citava il popolo dei Garamanti. Essi usavano carri tirati da cavalli per le incursioni dalla Libia nel paese dei Trogloditi che vivevano tra le rocce di montagne più a sud, le vicende raccontate dallo storico greco gli erano contemporanee e risalivano al V secolo a.C., ma lo stile di quei cavalli ricordava quello dei dipinti micenei di ben sette secoli precedenti. I cretesi attaccarono le colonie egiziane in Africa settentrionale assieme a quei Popoli del Mare descritti dai geroglifici egizi di quel periodo e si allearono con gli antenati dei Garamanti libici penetrando nel Sahara, poi Lhote scoprì un graffito vicino ai pozzi di Arlit oltre Es Souck, l ‘antico centro berbero di Tademekka nel Sahara meridionale, che faceva credere ad una traversata del deserto di quelle antiche popolazioni con i loro carri, confermata da un ritrovamento vicino ai pozzi di Ti-m-Missao sull’ antica pista tra l’ Ahaggar algerino e l’Adrar des Iforhas nel territorio del Mali. Le ricerche di Lhote continuarono per molti anni dal 1935 al 1957, quando scoprì nell’ Hoggar altre raffigurazioni di carri e confermò definitivamente la scoperta della più antica rotta carovaniera dalle coste libiche della attraverso il deserto del Sahara e l’ arido Sahel fino al Niger nel primo millennio avanti Cristo, molto prima degli insediamenti dei berberi conosciuti, ed uscì dalla leggenda per entrare nella storia la Via dei Carri.

Acacus e Tibesti

Più tardi esplorando aree del limitrofo Fezzan l’ italiano Fabrizio Mori ha svelato pitture e graffiti di quell’ arte rupestre e prima che questa Libia venisse sconvolta dalla guerra e dai criminali islamici dell’ Isis , erano vari percorsi per accedere allo scrigno dell’ arte rupestre nel deserto che s’ apre con il vasto sito del Tradart Acacus .Ove sorge Germa era l’ antica capitale Garama di quei Garamanti discenti dagli anonimi artisti e di qui si va per il wadi Awiss dove si trovano siti con dipinti e incisioni di animali e tra le più antiche immagini di figure umane dell’ intero Sahara, tra le altre uno strano personaggio seduto su un amimale stilizzato che si siede su una schiena di un animale stilizzato e una figura femminile in bianco ed ocra che reca un grande oggetto simile ad uno scudo. Il wadi Tashwinat si ramifica molte formazioni rocciose dipinte e incise a partire dal IX millennio alcune del peridoTeste tonde e molte di fauna varia, bovini dalle enormi corna e figure umane prive di viso e munite di bastoni probabilmente mitologiche. Anche qui e nel Tin Newen si trovano dipinti quei carri rinventuti da Lhote nell’ algerino Tassili che ricordano quelli dei Garamanti . Poco distante il wadi Tin Lebbo svela dipinti policromi, nero, bianco e ocra di fauna africana, giraffe e figure umane dai tratti elaborati e espressivi che ne denotano l’ evoluzione stilistica.Da Tanshalt la vista spazia magnificamente sull’ Acacus, tra le rocce mandrie di bovini, figure umane stilizzate e antiche iscrizioni in Tifinagh ancora utilizzato dai Tuareg, continuando nel wadi Anshal si trovano graffiti di giraffe ed elefanti più antichi e dipinti di donne nello stile simile alle scene di caccia con personaggi recanti archi e frecce nell’ In Ferdan. I cammelli stilizzati Nel wadi Takdhalt fanno ritenere che parte delle opere risalgono periodo dell’ introduzione del dromedario in nord africa, molte hanno tratti stilizzati come le donne in forme triangolari, ma le raffigurazioni più singolari sono degli “uomini uccello” dalla misteriosa simbologia, anche qui si trovano più recenti iscrizioni in berbero Tifinagh . Nella grotta di Wan Amil si trovano dipinti policromi, bianco ed ocra risalenti al periodo Pastorale medio del Tassili con bovini, scene di caccia e personaggi, tra i quali i due capi seduti che si scambiano oggetti, arco e frecce, probabile alleanza tra tribù o pacificazione dopo un conflitto, come sembra suggerire il dipinto bellico sottostante. In quella del Wan Muhuggiag dalle pareti dipinte e graffite con immagini di animali, bovini e persone risalenti a vari periodi è stata rinvenuta una misteriosa mummia nera di bambino. A wadi Tidwa si trovano tra le incisioni e dipinti più misteriosi dall’ ignota mitologia come l’ incisione dell’ uomo licaone, forse derivato dal greco lycaon Lukos anthropos riferito alla licantropia che fa pensare a contatti tra le tradizioni elleniche e garamanti. Tra le rocce e le gole del Matkhandoush si trova uno degli scrigni più preziosi dell’ arte rupestre nella regione con le incisioni che raffigurano l’ ambiente e la fauna nell’ arcaica era della fertile savana e ne percorre i successivi periodi con la raffigurazione di bovini, scene di caccia, trappole per animali simili a quelle usate dai Tuareg dei quali sono presenti iscrizioni in Tifinagh lasciate dagli antenati.

Venendo dal libico Fezzan si stende il vulcanico massiccio del Tibesti dominato dall’ Emi Koussi che racchiude gyser, sorgenti ed oasi tra le gole rocciose ove anche qui anonimi artisti fin dal neolitico hanno lasciato le loro opere graffite e dipinte dell’ arte rupestre diffusa nel Sahara, nella cronologia solo alcuni esempi del più antico periodo bubalino, mentre l’ area è ricca di opere risalenti al bovidiano pastorale tra il IX e il IV millennio, diffuse quelle del periodo cavallino dal II millennio che coincideva con l’ introduzione a la diffusione del cavallo nel Sahara, e di quell’ arte rupestre i siti più affascinanti si trovano nel Tibesti orientale come i dipinti di Ouri ed enneri Korossom.

Per chi ha percorso quelle vie, seguendo antiche rotte nel Sahara e le carovaniere dei Tuareg rimane rimpianto e rabbia per l’ impossibilità di praticarle ancora sconvolte dalla criminale follia islamica anche in quella parte del mondo e non rimane altro che raccontare com’ era.

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