Dopo la scoperta delle rotte nell’
Atlantico e l’epico viaggio di Vasco da
Gama nel 1497, che aprì agli
europei l’antica
Via delle spezie, il nascente impero
portoghese nell’ era delle sue
scoperte realizzò il sogno di
Enrico il Navigatore e un secolo di avventurose spedizioni nel grande
Mare Oceano Tenebroso Atlantico, recuperando in parte il grave errore di non aver dato a Cristoforo
Colombo quella fiducia che invece fu accordata dai
sovrani cattolici di
Spagna assicurandosi la
scoperta e il dominio delle nuove
rotte per le successive
esplorazioni del
Nuovo Mondo America. Tuttavia ad ovest la nuova
Via per l’ Asia orientale era ormai, ma ad est quelle rotte attorno al Continente Nero e attraverso l’ Oceano Indiano erano incrociate da tempo dai vascelli arabi che dal medioevale periodo
shirazi avevamo fondato
città centri sulla costa orientale africana tra
Kisiwani Kisiwani, le isole keniote di
Pate e la fiorente
Lamu, il porto di
Malindi e la città di
Mombasa visitate da Vasco
da Gama, oltre la potente
Zanzibar fino alla somala
Brava come racconta il navigatore portoghese João de
Barros. Inoltre l’ espansione
ottomana rendeva armare una poderosa flotta di dissuasione per affermare il dominio lusitano su quei mari e nessuno meglio del comandante Pedro Álvares
Cabral che era vecchio amico di
Vasco da Gama, poteva condurre le tredici caravelle da guerra verso su quella
Via delle spezie e il suo predecessore fu prodigo di cosigli e dettagli sulle rotte, come trattare gli indigeni lungo le coste africane e i ricchi principi indiani una volta a destinazione.
Pedro Álvares
Cabral era un personaggio singolare anche per l’ epoca, scontroso nei modi e trasandato nel vestire, violento e dalla religiosità fanatica, ma geniale brillante studioso, esperto navigatore secondo solo all’ amico e mentore da Vasco
da Gama, che possedeva una meritata fama di abile interprete di venti e rotte, rispettato e temuto da ogni marinaio imbarcato sulle flotte lusitane. Con il sostanzioso contributo di banchieri e mercanti fiorentini, il nove marzo del 1500 la flotta salpò da
Belèm, calcolando il tempo necessario per entrare nell’ Oceano
Indiano e sfruttare i venti dei
monsoni che soffiano da ovest, spingendo con il vento in poppa le caravelle fino alle coste dell’ indiano
Malabar. Per la sua
spedizione Pedro Álvares
Cabral imbarcò i più validi ed esperti comandanti portoghesi, tra i quali Bartolomeu
Dias che nel
viaggio di tredici anni prima aveva raggiunto per primo il
Cabo da Boa Esperança e Nicolau
Coelho capitano di Vasco da
Gama nella sua impresa, equipaggi e militari veterani e un manipolo di francescani ansiosi di evangelizzare i pagani asiatici.
La scoperta del Brasile
In breve la flotta incrociò le isole di Capo
Verde dove si scontrò con un violento fortunale che danneggiò la caravella comandata da Luìs
Pires costringendola al rimpatrio, fu presa la vecchia rotta nell’
Atlantico lungo le coste del Golfo di
Guinea per assicurare approdi prima di prendere la nuova a sud ovest che si inoltrava nell’
oceano con i venti a favore per evitare il lunghissimo costeggiamento del continente e spingersi più rapidamente a sud, ritrovando poi la costa al
Capo di Buona Speranza, secondo le istruzioni di
Vasco Da Gama. A quelle latitudini passava idealmente la
Raya, la linea tracciata nel 1493 dalla bolla
Inter Caetera del pontefice
Alessandro VI e ratificata l’ anno dopo nel trattato di
Tordesillas, che assegnava all’impero
spagnolo l’ emisfero ovest e a quello
portoghese quello orientale del mondo conosciuto, con la reciproca inibizione a superarla.
Pedro Álvares
Cabral non si accorse di aver superato da un pezzo quella
linea stabilita a
Tordesillas quando il ventuno aprile si trovò a ben diciotto gradi di latitudine sud e tre giorni dopo avvistò una costa frastagliata a ovest che scambiò per una grande isola, ma era la costa dell’ immenso continente sudamericano già incrociata a gennaio dello stesso anno da uno dei compagni di
Colombo Vicente Yáñez
Pinzòn, come racconta
Coelho:
“
Per sfuggire alla terra di Guinea, dove le bonacce avrebbero potuto ostacolare il suo cammino, si addentrò molto nel mare, per essere sicuro di poter doppiare facilmente il Capo di Buona Speranza. Essendo già da un mese impegnato in quella grande deviazione, nella seconda ottava di Pasqua che era il 24 aprile, si venne a trovare in un’altra costa di terraferma la quale, secondo la stima dei piloti gli sembrò che potesse distare quattrocentocinquanta leghe dalla costa di Guinea e che l’altezza del polo antartico a sud fosse di dieci gradi ”
La flotta proseguì per diversi giorni lungo il litorale dell’ ancora ignoto
Brasile dietro cui si elevavano colli coperti di jungla, fino a sbarcare in una baia popolata da indigeni descritti da
Cabral nella sua cronaca, la prima degli indios costieri:
“….andavano ignudi, non avevano armi di metallo, dormivano in reti composte di liane di palme, vivevano in capanne coperti di tetti di paglia..”
Il 23 aprile del 1500 sbarcò a Porto
Seguro e quando lasciò la costa il 3 maggio, il calendario segnava l’ anniversario del ritrovamento della
Vera Croce, così con la consueta fantasia dei naviganti iberici
Cabral battezzò l’
Ilha de Vera Cruz, una delle tante del Nuovo Mondo da poco scoperto. Ma la denominazione durò solo quattro anni, fino a quando nelle successive spedizioni i
colonizzatori portoghesi non rimasero stupefatti dalle immense foreste di prezioso legno rosso chiamato
brasil e fu subito ribattezzata
Tierra do Brasil Brasile. Pedro Álvares
Cabral inviò subito il capitano Gaspar de
Lemos con la sua caravella patria per annunciare la scoperta di una nuova terra e il tredici maggio del 1501 un’ altra flotta di tre caravelle guidata da Gonçalo
Coelhopartì rapidamente per raggiungere Cabral imbarcando anche il fiorentino Amerigo
Vespucci che l’ anno prima aveva partecipato alla spedizione di Alonso de
Ojeda scoprendo il
delta del fiume
Orinoco nella venezuelana
Guyana e l’ immensa foce dell’
Amazonas sulla costa del
Brasile.
Sulle coste africane orientali
Nel frattempo
Cabral aveva preso la rotta est verso il
Capo di Buona Speranza per continuare la missione, ma una violenta tempesta si abbattè su quella parte dell’ oceano per ben venti giorni e il 23 maggio la caravella di Bartolomeu
Dias e altre tre affondarono, quella del fratello
Diogo Dias fu danneggiata e si perse alla deriva dopo aver doppiato il capo, fino ad una grande isola che circumnavigarono, tracciando le coste del
Madagascar battezzato
São Lourenço, già avvistate da Pêro da
Covilha e Vasco da
Gama. Il resto della flotta dispersa continuò lungo le coste africane fino al
Mozambico da dove si stendeva il mitico
regno dell’ oro di
Monomotapa del quale si raccontavano le favolose ricchezze e la splendida corte, ma non vi fu tempo a verificarne la veridicità per raggiungere il raduno stabilito davanti le coste africane a
Sofala, dove fecero appello solo sei delle tredici caravelle. Quella costa fino a
Zanzibar era dominata dal
sultanato della tanzaniana
Kilwai Kisiwani che controllava il traffico dell’ avorio, oro e
schiavi con i regni neri dell’ interno che non accolse bene i protoghesi, sobillato dai mercanti arabi che li tacciavano di pirateria e deluso dalle merci da loro presentate, nel frattempo anche i buoni francescani che cercarono di evangelizzare gli infedeli non fecero che aggiungere irritazione ai musulmani delle coste e
Cabral salpò in fretta per
Malindi.
Su questa costa kenyota Vasco da
Gama aveva stabilito rapporti con la popolazione e i portoghesi furono accolti bene, così Pedro Álvares
Cabral pensò bene di esplorare l’ entroterra per vere notizie sul leggendario
reame del
Prete Gianni che le
leggende e parte della
cartografia medioevale collocava nei territori del regno cristiano d’
Etiopia, approfittando dell’ occasione per assegnare il comando della missione ai due poco di buono graziati Luis De Moira e Juan Machado dei quali voleva disfarsi. Naturalmente la spedizione fallì dopo poco e fu il primo degli insuccessi registrati in seguito dai portoghesi nel tentativo di penetrare in quel territorio sconosciuto fino all’ arrivo dei primi
europei, vi giunsero
Estevao e il fratello
Cristoval figli di Vasco
da Gama, Pero da
Covilhã e Francisco
Alvares che redasse la
Verdadeira Informaçam das Terras do Preste Joam das Índias. Le basi sulla costa orientale africana contesa alle
città arabe e la presenza dei
portoghesi dall’ epoca in
Etiopia aprì un traffico anche in quelle regioni.
La via dell’ India
La permanenza a
Malindi di Pedro Álvares
Cabral fu allietata dagli ottimi rapporti con la popolazione e il sultano che gli fornì due abili piloti arabi per trovare agevolmente la rotta dei
monsoni attraverso l’
Oceano Indiano e prendere la
Via delle spezie arrivando in sedici giorni sulla
costa indiana del
Malabar avvistata il ventitrè agosto dall’ ormai ridotta flotta portoghese. Fu decisa una sosta per sistemare le caravelle duramente provate e far riposare l’ equipaggio prima di sbarcare a
Calicut dove il comandante
Cabral voleva presentarsi nelle migliori condizioni per compiere finalmente la sua
missione indiana e proseguire l’ opera iniziata da Vasco da
Gama presso i sovrani di quelle terre. Le sei caravelle vennero accolte da due notabili del
raja di
Calicut e un ricco mercante e
Cabral si accinse a sbarcare con i suoi capitani e i quattro indiani portati da
Vasco da Gama in Portogallo per raccontare ciò che avevano visto, facendosi concedere dal raja sei ostaggi per manifestare intenzioni pacifiche, come d’ uso da quelle parti secondo le istruzioni del suo predecessore. La missiva del sovrano lusitano di cui era latore non fu di buon effetto per il suo accennare a missioni e conversione degli indiani
induisti alla
vera fede cristiana, rischiando di compromettere fin dall’ inizio i rapporti con i locali, ma il
raja fu comunque benevolo, concesse gli ostaggi e udienza ai portoghesi. Mentre iniziavano gli incontri i sei nobili
hindu tratti in ostaggio simbolico sulle caravelle mostrarono la loro indole di
casta elevata considerando gli europei impuri e obbligando di scortarli nelle loro abitazioni per consumare i pasti secondo i complicati e lunghi cerimoniali tradizionali che sconcertarono la ciurma di scorta in paziente e un po’ umiliante attesa ogni volta.
Finalmente Cabral sbarcò accolto dal
raja e la sua corte mostrarando disponibilità a future trattative commerciali con gli europei, la
missione sembrava iniziare bene, ma tornando a bordo i portoghesi trovarono un vascello indiano che reclamava la restituzione dei sei ostaggi che al rifiuto si tuffarono e ne nacque un alterco, rimediato dagli indiani con la consegna in sostituzione di alcuni ricchi mercanti arabi, destando le furie della potente comunità
islamica della città contro gli europei. Comunque l ‘incidente non turbò le trattative che portarono ad accordi commerciali sulla vendita delle spezie e alla concessione di magazzini che potevano essere guardati da sessanta armati portoghesi, un successo che rischiava di essere compromesso dall’ attività dei francescani in città nel loro zelo di rozzi e sprovveduti missionari che infastidiva non poco gli abitanti e irritava ulteriormente la comunità islamica. Intanto in tre mesi delle sei caravelle solo due erano state stivate di spezie e pepe, sospettando un qualche sabotaggio degli arabi alla fonda,
Cabral fece perquisire un loro vascello e ciò scatenò la rivolta dei musulmani da tempo covata che assalirono e saccheggiarono i magazzini portoghesi uccidendo i guardiani.
L’ irato comandante
Cabral fece immediatamente
bombardare la città e incendiare quindici vascelli da trasporto arabi e indiani, lasciando
Calicut per la rivale
Cochin, dal cui sovrano aveva ricevuto offerte vantaggiose e dove in una ventina di giorni riempì tutte le sei caravelle di merci e spezie, facendo poi rotta per il ritorno in patria. Vi giunse poi nel 1510 Alfonso de
Albuquerque dopo aver presa
Goa e nel 1530 il gesuita Francesco
Saverio edificò la prima grande missione e che divenne capitale dell’
India portoghese.
Per il ritorno
Cabral costeggiò il
Kerala sostando a
Kannur dove caricò preziose spezie di cannella e zenzero a credito, con l’ accordo di pagarle nella successiva spedizione e il sedici gennaio del 1501, ad un anno circa dalla partenza, prese la rotta dei monsoni per attraversare l’ Oceano Indiano, ma pochi giorni dopo la caravella del capitano Sancho de
Tovar naufragò e la flotta ridotta a cinque raggiunse il
Mozambico per una sosta.Ripreso il viaggio fu doppiato il
Capo di Buona Speranza per la consueta rotta
atlantica lungo le coste africane occidentali fino a Capo
Verde dove la flotta incrociò altre tre vascelli portoghesi che si accingevano a traversare l’ Oceano per esplorare quella terra di
Santa Cruz del nuovo continente americano scoperta da Pedro Álvares
Cabral per sbaglio l’ anno precedente e battezzarla definitivamente
Tierra do Brasil, iniziando la secolare
colonia portoghese del
Brasile. Giunto a Lisbona fu onorato come meritava per la sua impresa e per il più grande carico di spezie mai giunto in Europa, quindi si ritirò nella sua residenza di
Santarèm a soli trentaquattro anni, trascorrendo il resto dei suoi venti anni di vita isolato e senza più riprendere il mare, mentre il Portogallo prese il suo dominio sulla rotta
atlantica africana, l’ orientale
Via delle spezie e verso il
Brasile , che lui aveva aperto e delle quali fu maestro, qui si spense e riposa nella chiesa di Santa
Maria da Graça che doverosamente sono andato a visitare dopo aver viaggiato nei luoghi delle sue spedizioni, così come ho fatto al monastero dos
Jerònimos per la
tomba di Vasco da
Gama che ne fu mentore.
© Paolo del Papa
Viaggiatori ed esploratori. Vol. America: Navigatori ,Cabral.
Photo gallery:
Vie d’America
Brasile
Oceano indiano
India