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Induismo

L’Induismo è la più antica delle religioni principali e la più diffusa, dopo il Cristianesimo e l’Islamismo, le cui origini risalgono probabilmente al V millennio a.C. Appartiene allla religiosità enoteista, per la quale la divinità possiede i vari aspetti di Trimurti come Brama Creatore, Visnu Preservatore e Śiva Distruttore, di Avatar come Rama o Krsna che rappresentano altre emanazioni dell’ Unico Assoluto o Brahman , il principio dal quale sorge ogni realtà e tutti gli esseri.La sua diffusione nel sub continente indiano seguì la valle del Gange, dove sorse la città santa di Benares, in Bengala. In seguito l’ induismo si diffuse in Asia orientale sulle rotte marittime per l’ Indocina, dove sorse la grande civiltà hindu Khmer, l’ Indonesia e Giava che vide il fiorire dell’ altra splendida civiltà fondata sull’ induismo.

I Veda

I documenti più antichi conosciuti del primo induismo sono i Veda, scritti in sanscrito arcaico e presentano delle somiglianze con i testi dello Zoroastrismo scritti in avestico.Si distinguono in Veda, da cui deriva l’induismo moderno, le scritture induiste post-vediche, e le scritture dei movimenti dissidenti come il jainismo ed il buddhismo. I Veda sono considerati i testi religiosi più antichi del mondo, e vengono definiti in sascrito “Śruti” o “Shruti” ciò che è stato rivelato. Si dice che siano stati rivelati dallo Spirito Supremo Brahman o da Dio ai rishi, durante uno stato di meditazione profonda. I Veda sono stati tradizionalmente trasmessi oralmente da padre in figlio, da maestro guru a discepolo. Successivamente vennero trascritti da un saggio chiamato Vyāsa o Vyāsadeva, il compilatore. Sulla base di vari indizi e riferimenti interni ed esterni ai testi, i ricercatori hanno avanzato ipotesi molto diverse sulla datazione dei Veda, dal 5.000 al 1.500 a.C. i Veda sono senza inizio né fine, e le verità in essi contenute sono eterne, e non sono creazioni umane, a differenza degli insegnamenti di Buddismo e Giainismo.

La tradizione vuole che i Veda siano stati suddivisi in quattro parti dal grande rishi di nome Vyasa, o Rig Veda, Yajur Veda, Sama Veda e Atharva Veda.Il Rig-Veda contiene dei mantra per invocare i deva per il rito del sacrificio del fuoco Yajña; il Sama-Veda contiene dei canti per lo stesso sacrificio; lo Yajur-Veda contiene delle istruzioni per la celebrazione di riti; l’Atharva-Veda comprende dei carmi filosofici e semi-magici,ognuno diviso in quattro sezioni:Samhitâ: mantra e inni.,Brâhmana: testi liturgici e rituali,Âranyaka teologia,Upaniad filosofia.I Veda sono testi pieni di misticismo e di allegorie. Molte scuole filosofiche come l’Advaitismo incoraggiano ad interpretarli filosoficamente e metaforicamente, ma a non prenderli troppo alla lettera. Il suono dei mantra è considerato purificante, e per tale motivo c’è un’attenzione rigorosa per l’erudizione e la pronuncia corretta.La religione vedica, in particolare durante il suo periodo arcaico, era differente dall’induismo attuale per numerosi aspetti, tra i quali, ad esempio, il riferirsi alle donne come autorità religiose con l’esistenza di donne rishi, l’apparente mancanza della credenza nella reincarnazione, ed un pantheon differente con Indra a capo degli Dei.

I testi sacri più recenti dell’induismo sono denominati “Smṛiti” o “Smriti” ciò che è ricordato, memoria, tradizione.Mentre la letteratura “Shruti” è scritta in sanscrito vedico, la Smriti è scritta in sanscrito classico (di difficile comprensione e soggetto quindi ad interpretazione), maggiormente semplice e comprensibile, o in prâkrit, la “lingua comune”. Maggiormente accessibili a tutti, la letteratura Smriti ha conosciuto una grande popolarità in all’interno di tutta la società indiana sin dalle origini. Anche oggi la maggior parte del mondo induista ha maggiore familiarità con la Smriti, divulgata anche attraverso rappresentazioni, balletti, dipinti, sculture, racconti, ed altre forme artistiche, a differenza di una Shruti divenuta di esclusiva pertinenza dei brahmana. La Smriti, con le sue storie di re, eroi e Dei, corrisponde dunque alla letteratura popolare, ed assolve ad una funzione didattica e divulgativa, malgrado, in caso di apparente contraddizione, la Shruti venga riconosciuta come prioritaria. La letteratura Smriti comprende le Itihasa: le epopee del Râmâyana e del Mahâbhârata, che racchiude al suo interno la famosa Bhagavad-GitaI Purâna,diciotto maggiori Maha Purana e diciotto minori Upa Purana.Gli Âgama: 28 trattati teologici, completati dagli Upâgama Âgama minori e dai Darshana, testi filosofici.

Filosofia

Contrariamente all’Occidente, in cui infatti numerosi furono i conflitti ed i punti di attrito tra Scienza e Religione, l’induismo accetta ogni nuova scoperta, inglobandola nel proprio sistema filosofico.In un testo di mitologia sono così presenti informazioni di teologia, astronomia, filosofia e molto altro ancora, leggere un Purāna come il Bhâgavata-purâna e come un’enciclopedia.Sidistinguono due filoni filosofici principali: le filosofie astika, che riconoscono l’autorità dei Veda ,le sei darshana: Samkhya, Nyaya, Vaisheshika, Purva Mimamsa, Yoga e Vedānta, e le filosofie nastika, che invece li respingono Giainismo, Buddhismo, Chârvâka ed Ateismo. L’obiettivo principale della scuola del Purva Mimamsa è quello di stabilire con forza l’autorità dei Veda. Il contributo più rilevante della scuola, di conseguenza, è quello di avere formulato delle regole d’intepretazione dei Veda. I suoi aderenti hanno creduto fermamente che la vera conoscenza fosse provata con evidenza, ed hanno cercato di scoprire la base del ritualismo vedico attraverso la ragione. La Mimansa forma la base del ritualismo nell’induismo contemporaneo, che appare spesso affatto politeista. Nell’induismo lo Yoga è considerato come un modo per raggiungere degli scopi spirituali. La parola yoga, letteralmente, significa unione, ed è generalmente interpretata come l’unione con Dio, o come l’integrazione tra corpo, spirito e anima. Scopo dello yoga è il moksha o il samadhi. Lo yoga cerca di raggiungere la liberazione attraverso il distacco tra lo spirito dalla natura materiale prakŗti, con la meditazione, gli esercizi fisici e spirituali. Le posture dello yoga asana sono considerate salutari. La scuola dell’Uttara-Mimamsa . dal sanscrito “Uttara“, posteriore, chiamata anche Vedānta, è probabilmente il pilatro centrale dll’induismo, ed è stata certamente responsabile di un nuovo insegnamento filosofico e meditativo, del rinnovamento e della rinascita dell’induismo e della filosofia indiana. Esistono sei sotto-scuole del vedānta, la più celebre delle quali è l’Advaita vedānta fondata da Adi Shankara. I Vaishnava, adoratori di Kṛṣṇa, seguono un’altra scuola del vedānta, l’”Acintya Bhedabheda“, fondata da Caitanya Mahaprabhu, in forte disaccordo con l’Advaita Vedānta.L’induismo o Sanātana Dharma “Eterna legge morale”è un modo di vivere e pensare, la parola “indù” non faceva riferimento a un sistema di credenze religiose: il termine, di origine persiana, indicava semplicemente coloro che, dal punto di vista dei persiani abitavano dall’altra parte dell’Indo.

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Pratica

Nel 1966 la Corte suprema dell’India ha definito il quadro della “fede indù” sui seguenti principi:accettazione rispettosa dei Veda come la più alta autorità riguardo agli argomenti religiosi e filosofici, e l’accettazione rispettosa dei Veda da parte dei pensatori e filosofi indù come base unica della filosofia indù;spirito di tolleranza e di buona volontà per comprendere e apprezzare il punto di vista dell’avversario, basato sulla rivelazione che la verità possiede molteplici apparenze;’accettazione, da parte di ciascuno dei sei sistemi di filosofia indù, di un ritmo dell’esistenza cosmica che conosce periodi di creazione, di conservazione e di distruzione, periodi, o Yuga che si succedono senza fine;accettazione da parte di tutti i sistemi filosofici indù della fede nella rinascita e preesistenza degli esseri.riconoscimento del fatto che i mezzi o i modi di raggiungere la salvezza sono molteplici;comprensione della verità che, per quanto grande possa essere il numero delle divinità da adorare, si può essere indù e non credere che sia necessario adorare le murti rappresentazioni delle divinità. Dio, o il Brahman ,la matrice metafisica di tutto ciò che esiste, è presente in ogni essere vivente. La religione è dunque una ricerca e una conoscenza di sé, una ricerca del divino presente in ogni individuo. I Veda dichiarano che nessuno ha bisogno “di essere salvato”, perché nessuno non è mai condannato; nel peggiore dei casi, si vive nell’ignoranza della propria vera natura divina.Il Vedānta riconosce che ci sono molti approcci diversi a Dio, e tutti sono validi. Non importa quale genere di pratica spirituale si conduca, poiché ognuna conduce al medesimo stato di realizzazione del Sé. Così i Vedānta insegnano il rispetto di tutte le credenze e si distinguono dalla maggior parte delle altre fedi maggiori per il loro forte incoraggiamento alla tolleranza verso questi diversi sistemi di fede.In sanscrito, il termine Sindhu indica in senso generale una distesa d’acqua (un mare, o un lago), ed in particolare il fiume Indo. Gli Arya chiamavano il proprio territorio Sapta Sindhu, la terra dei sette fiumi (tra i quali appunto l’Indo), con un’espressione attestata numerose volte nel Rig-veda. Il suono /s/ in persiano antico diventa /h/, e così nell’Avesta Sapta Sindhu diventa Hapta Hindhu. La regione a est del fiume Indo diventa così l’Hindustan, e i suoi abitanti sono chiamati “hindu” da Arabi e Persiani e, più tardi, da Greci e Romani. L’utilizzo del termine hindu nell’accezione di “abitanti dell’India”, probabilmente a causa dell’influenza iraniana, è attestato in alcuni testi medioevali in sanscrito, quali Bhavishya Purâna, Kâlikâ Purâna, Merutantra, Râmakosha, Hemantakavikosha ed Adbhutarûpakosha. L’induismo è definito anche “arya dharma“, la religione degli Arya e “Vaidika Dharma“, la religione dei Veda.

Forme

L’induismo esiste attualmente su due piani differenti, il primo basato puramente sulla fede e il secondo basato sulla filosofia, anche se spesso i due piani si incrociano.Si contano tradizionalmente sei antiche astika o scuole di filosofia ortodosse perché accettano l’autorità dei Veda, dette Darshana o Shad Dharshana le Sei Darshana: Nyaya, Vaisheshika, Samkhya, Yoga, Purva Mimamsa e Uttara Mimamsa o Vedānta. Le nastika, o scuole non ortodosse, che non sono qui trattate, sono il giainismo, il buddismo, il chârvâka, e l’ateismo antico classico dell’India che confuta l’esistenza dell’anima o Ātman.Contrariamente all’opinione popolare, il vero induismo non è né politeistamonoteista, ma è propriamente una religione enoteista. Le diverse divinità e Avatar adorati dagli indù sono considerati come diverse forme dell’Uno, il Dio Supremo, o Brahman, che adotta per rendersi accessibile all’uomo (si presti attenzione a non confondere Brahman, l’Essere Supremo e fonte ultima di ogni energia divina, con Brahma, il creatore del nostro universo particolare. l Brahmanesimo, che è la forma moderna della religione vedica si divide in rami, essi stessi divisi in varie correnti:Il vaishnavismo, che si rapporta all’Uno in quanto Viṣṇu, o tramite uno dei suoi Avatar. I libri sacri sono il Bhāgavata-Purāna spesso chiamato Shrīmad-bhāghavatam, e la Bhagavad-Gītā.Lo Śivaismo, che si rifà principalmente al culto di Śiva, divinità pre-vedica adorata inizialmente con il nome di Rudra, a cui è dedicato lo Śiva Purāna.Il Tantrismo che si suddivide in due o tre filoni secondo le classificazioni e il cui scopo è la realizzazione della shakti, l’energia vitale spesso associata a una forma di Devī, la Dea madre dai molti nomi come Kali e Durga. Ciascuno di questi culti si pratica con i medesimi mezzi filosofici o di yoga, sono solo i loro metodi che differiscono. Questi culti non devono essere considerati come delle “chiese”, perché non esiste alcun dogma, e perché le credenze individuali sono sempre rispettate. La maggior parte degli indù si considera non appartenente a nessuna “setta” in particolare. Ci sono altresì numerose organizzazioni riformatrici, come l’Arya SamajSocietà degli Arya” che adottano il monoteismo e la fede nei Veda, ma respingono l’idolatria.I Vaishnava, che costituiscono l’80% degli indù di oggi, adorano uno dei tre più recenti avatar – o incarnazioni terrestri – di Viṣṇu come divinità principale. Il settimo avatar di Viṣṇu è Rama, l’ottavo è Kṛṣṇa, e il nono cambia secondo le fonti: è identificato con Buddha nella grande maggioranza delle scuole, ma anche, più raramente e meno seriamente, con Gesù Cristo. L’integrazione di Buddha nel pantheon indù è comparsa tardi, probabilmente nell’VIII secolo; questo procedimento – in fin dei conti abbastanza ardito – è l’espressione della controriforma brahmanica al Buddhismo, iniziata nel II secolo aC. Alcuni riconoscono tutti i personaggi menzionati come veri avatar, aumentando così il numero tradizionale di dieci avatar, il Kali Yuga fino a 27.La maggior parte degli indù restanti venti per cento sono Śivaiti; il resto si consacra a Shakti, o Ishvari, una delle cui forme è la dea Kali, una divinità benefica e terrifica al tempo stesso. Tuttavia, solitamente, il credente induista possiede nella propria dimora le rappresentazioni murti di molte di queste forme di Dio Ishvara. Nella estrema varietà dell’induismo si trovano dei valori comuni a tutti i credenti:la fede nel Dharma Legge Cosmica, il modo in cui tutte le cose sono, Il Saṃsāra Reincarnazione; il Karma azione, ciclo di causa-effetto;la Moksha liberazione, trascendenza di ogni anima attraverso dei percorsi spirituali quali: Bhakti devozione,Karma come azione personale, Jñāna Illuminazione o Conoscenza e la fede in Dio Ishvara.

Karma

La trasmigrazione dell’anima è regolata dal Karma: la filosofia del Karma è basata sulle azioni compiute dal soggetto, che resteranno impresse sulla sua anima Ātman dell’essere individuale jiva, attraverso un ciclo di nascita e morte fino alla liberazione definitiva moksha.La teoria seconda la quale ci si possa convertire all’Induismo è contestabile. Infatti l’Induismo non è una fede evangelica come il Cristianesimo o l’Islam essendo totalmente assente dagli scritti induisti il momento della conversione religiosa, per uno straniero l’essere o meno indù dipende dalla sua accettazione come parte della comunità induista. L’Induismo, infatti, riconosce come egualmente validi numerosi cammini spirituali.Peculiare è anche il fatto che, benché la mitologia indiana riconosca l’esistenza di esseri demoniaci asura o rakshasa, opposti ai deva, la filosofia indiana non crede all’esistenza di un Diavolo, causa di tutto il male. Tale credenza diffama e sminuisce la perfezione e l’onnipotenza di Dio. Il male nel mondo è causato dall’ignoranza e dal libero arbitrio. Secondo alcuni non è corretto parlare di “Dio” in un contesto induista. Questo può essere vero solo in seguito ad un’analisi superficiale, poiché tale termine, nella cultura hindu, può riferirsi tanto alla totalità del Divino quanto ai Suoi singoli aspetti: ad esempio, l’aspetto personale o quello impersonale, l’aspetto creativo o quello distruttivo, l’aspetto femminile o quello maschile, l’aspetto dolce o quello austero, l’aspetto trascendente o quello immanente, e così via. Questa tendenza a racchiudere in simbologie aspetti tra loro opposti e complementari spiega l’apparente contraddizione tra le varie forme di Dio venerati nell’Induismo. Ciò si riflette nel sistema delle murti,raffigurazioni di Dio o dei Suoi aspetti: Devi, l’aspetto materno/femminile di Dio, a seconda dell’aspetto che si vuole considerare, viene chiamata Kali che è aspetto terrifico della Madre Divina che, per amore del devoto, distrugge i demoni oppure Bhavani aspetto creativo della Madre Divina, lett. “Colei che dà la vita”; e, allo stesso modo, Śiva ,aspetto paterno/maschile di Dio, viene chiamato a seconda dei casi Hara Distruttoreo Shankara Benefico. I Veda descrivono il Brahman come la Realtà Ultima, l’Anima Assoluta ed Universale. Il Brahman, un panteistico Spirito Cosmico, è indescrivibile, incorporeo, originale, infinito, assoluto, trascendente ed immanente, eterno. È il principio ultimo che non ha avuto inizio, non ha una fine, è nascosto in tutte le cose ed è la causa, la fonte, la materia e l’effetto di tutta la creazione conosciuta e sconosciuta. Esso rappresenta la base del manifesto e dell’immanifesto, uno stato indifferenziato di puro essere, eternità e beatitudine,, situato al di là di qualsiasi speculazione filosofica o moto devozionale.

Brahman

La personalità che si cela dietro il Brahman è è conosciuta come Parabrahman o Brahman superiore. “Dio”è un Dio-persona Ishvara, “ Signore Supremo”, o Bhagavan il Dio con una Sua individualità, attributi, nomi e forme in sanscrito, nama-rupa, il Dio dotato di tutti i poteri, al tempo stesso immanente e trascendente, il Dio che per amore dell’uomo si incarna ed impartisce gli insegnamenti necessari per ottenere la realizzazione spirituale. Ishvara nelle sue innumerevoli forme e nomi costituisce l’aspetto supremo di Dio presso i principali culti devozionali Bhakti o Bhakti Yoga , monoteisti, Śivaismo,Vaishnavismo,monoteismo di Viṣṇu Kṛṣṇa e Shaktismo ,monoteismo di Devi, la Madre Divina, Shakti. È importante sottolineare, tuttavia, che nessuno di questi culti nega l’esistenza o la validità delle altre forme/nomi divini; ciò che varia in ognuno di essi è soltanto l’aspetto peculiare di Dio su cui ci si vuole focalizzare, per farne oggetto di devozione.Come ogni religione, l’induismo ha fondato la sua fede su un rituale funebre particolare e su una originale concezione della morte. L’induista crede nella reincarnazione e nella vita dopo la morte, dal momento che il corpo è considerato un mero involucro materiale temporaneo. Quando giunge il momento di lasciare la vita, l’anima o Ātman abbandona il corpo. Se ha accumulato karma attraverso troppe azioni negative, l’anima si incarna in un nuovo corpo su un pianeta come la terra o inferiore, come l’inferno Naraka, per subire il peso delle sue malvage azioni. Se il suo karma è positivo, vivrà come un essere divino, o deva, su uno dei mondi celesti superiori alla terra, come il paradiso o Svarga nei quali sperimenterà grandi piaceri spirituali, fino al momento in cui il suo karma positivo non sarà esaurito; allora l’anima ritornerà in un altro corpo sulla terra, facendo parte di una casta spiritualmente elevata. Questo ciclo è chiamato Saṃsāra. Quando il karma viene completamente assolto, l’anima abbandona definitivamente il mondo fisico fatto di sofferenza, poiché soggetto a malattia, vecchiaia e morte e può infine raggiungere la liberazione, Moksha, ovvero l’unione con Dio. Ma per realizzare questo obiettivo e spezzare il ciclo perpetuo di morte e rinascita, l’indù deve vivere in maniera che il suo karma non sia né negativo né positivo, ovvero agendo solo per dovere Dharma, senza scopi egoistici, ed offrendo a Dio il frutto delle proprie azioni, così come prescrive la Bhagavad Gita; quest’ultima insegna vari metodi, o Yoga, tramite cui giungere a questo risultato, lasciando all’individuo la scelta del metodo che gli si addice di più, secondo le diverse scuole di filosofia indiana.

Dharma

Oggi, il credente indù, dal momento che vive in un’epoca estremamente materialista, chiamata Kali Yuga era delle tenebre, l’era attuale caratterizzata da una diffusa ignoranza spirituale, preferisce scegliere sentieri spirituali semplici ed efficaci, come ad esempio quello del Bhakti Yoga via della devozioneo del Karma Yoga. Secondo la tradizione vedica, l’indù deve attraversare quattro stadi della vita o ashram:Il brâhmâcârya: il giovane indù, sotto la guida del suo maestro o guru, osserva un periodo di castità e di formazione, tanto profana quanto spirituale, durante la quale svilupperà il suo sapere e la sua virtù.Il garhasthya: l’indù entra nella vita mondana, si sposa e fonda una famiglia, che è anche un dovere religioso. Durante questo periodo, ha il diritto di godere della vita, contemporaneamente imparando ad avere dominio di sé.Il vânaprasthya: dopo aver compiuto il suo dovere sociale, l’indù lascia la sua famiglia, a cui ha lasciato mezzi di sussistenza, e va a vivere un periodo di studio delle scritture sacre nel “soggiorno nella foresta”, praticandovi la meditazione e il digiuno.Il samnyâsa: l’indù raggiunge lo stato di rinuncia, disinteressandosi dal mondo, e diviene un samnyasi. Distaccato dal mondo, può ritornare tra i suoi poiché non teme più le tentazioni materiali e potrà far partecipi coloro che lo circondano della sua esperienza e del suo sapere. In parallelo ai quattro periodi della vita indù, l’induismo ritiene che esistano quattro scopi all’esistenza o purushārtha. Poiché i desideri umani sono naturali, ciascuno di questi scopi serve a perfezionare la conoscenza dell’uomo dal momento che, tramite il risveglio dei sensi e la sua partecipazione al mondo, ne scopre i princìpi. Ciò nonostante, l’indù deve guardarsi dall’essere affascinato da questi scopi, sotto la pena di errare senza fine nel ciclo del Saṃsāra. Gli scopi sono:Artha o la ricchezza: l’uomo deve partecipare alla società creandosi un patrimonio e delle relazioni che saranno il frutto del suo lavoro. Deve fare attenzione però a non farsi ingannare dal fascino di una vita agiata, la quale deve venire usata per trarne un insegnamento. Il periodo del Grihastha è propizio al perseguimento di questo fine.Kâma o il piacere: contrariamente alla tradizione cristiana, il piacere non è percepito come un male: è un dono della divinità.Nella mitologia induista, il dio Amore, Kāma, è la sorgente della creazione. Il Kama Sutra espone i mezzi per esaltare i sensi e far fiorire la vita di coppia. Grazie ai piaceri, il campo della conoscenza si allarga e l’atto amoroso ne è il culmine, in cui l’uomo e la donna non si distinguono più, ma formano un tutt’uno che ricrea l’unità divina. Il piacere deve essere diretto allo scopo di conoscere e non deve diventare uno stile di vita che condurrebbe a commettere degli atti immorali o contro il dharma o il dovere che deve dirigere tutti i quattro periodi della vita. Il dovere permette all’uomo di proseguire la propria vita sul retto cammino, conformandosi al diritto e alla morale che sono trascritti nel Dharma Sūtra o nel Manu-Samhitā detto anche Legge di Manu.Moksha o la liberazione: durante i due ultimi periodi della vita dell’indù, questo ricerca Moksha. Si tratta in realtà dello scopo ultimo della vita, che può essere raggiunto attraverso mezzi differenti, come ad esempio il Bhakti Yoga. I templi sono dedicati ad una divinità principale e a delle alle divinità subalterne, associate alla divinità principale. Alcuni templi sono tuttavia dedicati a divinità multiple. Quasi tutti i templi maggiori sono costruiti in accordo con gli agama shastra, e sono meta di pellegrinaggio. Per molti indù, i quattro Shankaracharya, responsabili dei monasteri di Badrinath, Puri, Sringeri et Dwarka – quattro tra i monasteri più sacri- e per alcuni anche un quinto, quello di Kanchi sono considerati come i principali “patriarchi” dell’induismo.Il tempio è un luogo per ricevere il darshan la visione della divinità, per la puja, per la meditazionee per altre attività religiose. Il puja, o adorazione, è generalmente rivolta ad una rappresentazione murti con canti e preghiere sotto forma di mantra. L’adorazione delle murti è fatta quotidianamente all’interno dei templi, e fa parte integrante della bhakti. La maggior parte delle case indù ha una stanza o uno spazio consacrato per l’adorazione quotidiana e la meditazione religiosa.

Le Caste

La società indù è tradizionalmente divisa in quattro grandi classi o caste, basati sulle professioni e sul guna da cui sono influenzati:Brahmana, sacerdoti ed insegnati Sattva guna;Kshatrya, re, guerrieri ed amministratori Raja;Vaishya, agricoltori, mercanti, uomini d’affari Rajas e Tamas;Shudra, servitori ed operai Tamas.Queste classi sono chiamate varna, ed il sistema sociale è il Varna VyavasthaIn India si ritiene che la società è organizzata secondo l’equilibrio del dharma. Questa organizzazione permette l’armonizzazione dei rapporti tra gli uomini e di definire i doveri che spettano loro. Questa preoccupazione per l’equilibrio ha un’origine dottrinale, perché essa corrisponde, di fatto, al simbolismo dei Guna, o qualità/sapori. Ai tre Guna corrispondono i tre colori che sono ciascuno associato ad una casta.All’origine, l’indù non nasce in una casta: acquisterà la sua casta in funzione del ruolo e delle responsabilità che sarà condotto a ricoprire. Molti testi mitologici denunciano l’usurpazione del titolo di brahmino da parte di certi personaggi che, sotto la copertura della nascita, approfittano di uno status importante senza compiere i propri doveri.Non è chiaro se il sistema delle caste sia o meno parte integrante dell’induismo: i testi Shruti ne fanno raramente menzione, il sistema è invece regolato dai testi Smriti. In precedenza, il sistema era basato esclusivamente sulla professione, e vi sono decine di esempi di matrimoni tra differenti varna e di cambi di professione. Verso il IX sec.a.C. il sistema diventò rigido e basato sullo status acquisito per nascita. Succesivamente, con lo sviluppo di numerose sotto-caste e di una casta di intoccabili Dalit al di fuori del Varna Vyavastha, è nato il sistema delle caste così come lo conosciamo oggi. In seguito alle invasioni e alla colonizzazione britannica, la regola si è fatta ancora più stretta a vantaggio delle caste superiori, relegando i shudra alla posizione di dominati. Dopo l’indipendenza del 1947, anche grazie all’opera di Gandhi, vengono emanate molte leggi per sradicare il sistema delle caste, ma ancora oggi esistono diversi pregiudizi, soprattutto nei confronti degli “intoccabili”.

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Fonti:

wiki Induismo

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