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Vie dell’ Amazzonia

Tra i vari viaggi in America gli itinerari sulle vie amazzoniche che ne hanno permesso la penetrazione devastando ambienti e popolazioni mi hanno svelato uno straordinario territorio ormai irreversibilmente violentato nella sua natura e le popolazioni che ci vivono. Tra essi un lunghissimo percorso dalla Guyana venezuelana attraverso l’ amazzonia brasiliana per le foreste della Bolivia e l’amazzonia del Perù a testimoniare ciò che sopravvive dei devastanti mutamenti ambientali e i popoli indigeni che ne sono progressivamente travolti.

Tra la Guayana e l’ Orinoco

Nella Guayana venezuelana a Puerto Ordaz parte un itinerario nella regione Bolìvar per la ruta de la Gran Sabana passando per Upata, il centro si Guasipati e il capoluogo El Callao nel distretto di Roscio dove vi sono le più ricche miniere d’oro del paese e patria del calipso. La strada continua scorrevole per Tumeremo e il centro di El Dorado, quindi entra nella riserva della Sierra Imataca procedendo tra una lussureggiante vegetazione incontrando le comunità degli indios di antica stirpe Arahuacos a S.Miguel de Betania e Araimatepui.

Poco oltre Las Claritas la zona del indigeni del popolo Aricuna Pemòn, passando per le comunità del territorio Kavanayen si entra nel vasto parco nazionale di Canaima dalle suggestive cascate che si inseguono nei massicci Tepui dominanti la foresta dal massiccio Auyatepui al magnifico cerro Roraima. Passando per le rombanti cascate del salto Aponwao, che per gli indigeni è il Chinak Merù ove aleggia la presenza di spiriti e divinità, lungo il rio Kamarang si trovano quelle di Cuquenan che precipitano come altre tra i tepuy sacri agli indios e l’indimenticabile spettacolo del Salto_Angel.

Oltre il rio Aponguao si riprende la pista verso Santa Elena de Uairèn, ultimo centro sulla via dell’ affascinate Gran Sabana attraverso la Guayana venezuelana, ad ovest a lungo gli esploratori vi cercarono il leggendario lago Parime nel mito del favoloso El Dorado.

Usciti dal Roraima per l’ omonimo stato venezuelano e il brasiliano Amazonas si trovano le comunità dei nativi Ye’kuana e degli indios Maquiritare , procedendo ad ovest del Bolivar quelle degli E’ñepa Panare . Nel territorio guayano Esequiba conteso da secoli lungo il rio Essequibo le sperdute comunità Wapixana e inoltrandosi nell’ isolata regione i piccoli villaggi nella foresta dei Makuxi e gli altri indios Taurepang di antica stirpe Caribe.

Scendendo nell’ Amacuro dal suo vasto delta si risale nella jungla il rio Orinoco verso sud ove si incontra con il Casiquiare, ritrovando le comunità dei Kurripako e i villaggi dei Piaroa e inoltrandosi nel territorio urihi a pree degli ultimi indigeni del popolo Yanomamö dagli antichi costumi e tradizioni sopravvissuti nella foresta, ma anche questi fieri Yanomami sono stai travolti e rimangono in una difficile sopravvivenza .

il tempo in Amazzonia non era come nel resto del pianeta, non si misurava in ore, bensì in albe, maree, stagioni, piogge

Brasile

Superata la frontiera con il Brasile si raggiunge Boa Vista dove passa il tratto finale della transamazzonica brasiliana proveniente da Belèm che qui dalla regione Roraima attraverso lo stato Amazonas poi scende nella Rondônia.

Lungo il rio Branco cercando le comunità degli indios Yugapkatã Arara si trova a sud il rio Negro fino alla confluenza nell’ encontro das aguas del maestoso rio fiume con il gran Solimoes, dove le acque scure del primo corrono parallelamente con quelle giallastre del secondo, che gli spagnoli avevano battezzato Amazonas.

Qui sorse l’ avamposto portoghese di Forte São Josè che divenne il centro di Barra do rio Negro e poi la città di Manaus, poco fuori la Reserva do Tupè ne ricorda l’ambiente originario. Per circa due secoli la capitale amazzonica brasiliana fu la città battezzata Belèm con il porto sull’immenso estuario del fiume e questo era solo un piccolo centro, ma intanto sul finire del settecento il naturalista francese La Condamine, portò in Europa una sostanza ricavata dall’ Hevea Brasilensis, un albero diffusissimo nella jungla dalle proprietà a lungo studiate per la produzione del caucciù.

A metà ottocento l’inglese Makintosh pensò di utilizzarne la gomma ricavata per farne impermeabili, poi l’ americano Cahrles Goodyear per fabbricare scarpe, ma risultava ancora pesante e poco elastica, così pensò di aggiungervi zolfo per far diventare la gomma più leggera ed elasticissima inventando il procedimento di vulcanizzazione che segnò la nascita del grande impiego in­dustriale del caucciù.

Cominciò il garnde sfruttamento con O ciclo da borracha che fu l’ Eldorado amazzonico, i nuovi padroni della foresta accumularono fortune colossali trasformando la vecchia città in una Manaus opulenta che ha lasciato la Praia da Ponta Negra e il grande porto , dalla centrale Praça da Saudade verso quello che era l’ elegante largo de São Sebastião diramano strade e palazzi, liberty come il Palacio Rio Negro, ma soprattutto il lussuoso teatro che ne divenne simbolo.

Fu l’ epoca dello sfruttamento spietato di padroni come Julio Cèsar Arana che sottomettevano e schiavizzavano i lavoratori in condizioni indicibili. Il britannico Wichkham fu protagonista dell’ evento che cambiò la produzione mondiale portando segretamente migliaia di semi in Malesia, poi le piantagioni si estesero in Indonesia e nell’ isola Sri Lanka, iniziando la rapida decadenza della città e dell’ intera Amazonas brasiliana che sprofondò ancor più nella miseria quei lavoratori.

Da essi discendono le povere comunità di indigeni e meticci caboclos e le condizioni dei seringueiros che si incontrano nella foresta e lungo i fiumi ai quali ha dedicato la vita e la lotta Chico Mendes. Dopo decenni di declino cla costruzione della transamazzonica, violentando la foresta e scacciando comunità indigene, fece rifiorire Manaus , ridiventando il centro commercia­le più importante della regione di Amazonas, collegata dalla nuova strada con quelli dgli altri stati limitrofi tra il settentrionale Roraima e a sud gli occidentali Acre e il Rondônia.

Venne creata la zona libero scambio franca da imposte con industrie, magazzini e negozi, la crescita del porto fluviale investimenti spesso senza scrupoli, così la città si è ripopolata, ma un quarto vive nelle baraccopoli delle infernali favelas simili a quelle nel resto del Brasile.

Il vecchio porto fu ampliato per accogliere i mercantili, ma le merci arrivano anche con i grossi camions dalla frontiera della Guyana venezuelana e Boa Vista a sud per Porto Velho e i confini con la Bolivia che ho percorso alternando i mezzi locali con lunghe navigazioni sui fiumi nelle zone più remote.

La transamazonia rodovia Br 230 parte da João Pessoa nella costa del Paraìba attraversando il Tocantins e il limitrofo Parà passa per la città di Marabà proseguendo per Altamira da dove scende a Humaità nello stato di Amazonas e quindi la vicina Boa Vista nel Roraima dove incrocia la via che viene dalla Guyana venezuelana.

Da qui ad ovest prosegue per Benjamin Constant ed entra nel Peru amazzonico verso Iquitos mentre a sud dirama per il Rondônia e dalla città di Porto Velho si raggiunge il entro di Guajarà Mirim sul rio Mamorè che si traghetta per Guayaramerìn entrando in Bolivia.

Vi transita di tutto, petrolio dal bacino costiero di Campos, oro dalle infernali miniere della Sierra Pelada , giacimenti di pietre preziose e diamanti soprattutto dal Minas Gerais e dilaga la piaga del narcotraffico .

Ormai anche gli indigeni più isolati abbandonano la foresta per sfuggire al disboscamento e i trafficanti di droga che sono andato a cercare nelle zone più isolate. Nei vari viaggi in Amazzonia ne ho vissuto i rapidi mutamenti, solo il clima resta lo stesso, ma il territorio con la sua controversa economia e la variegata popolazione che la subisce con la devastante deforestazione implacabile in questo grandioso ambiente travolgendo i popoli indigeni brasiliani che cercano di sopravvivere decimati e rifugiati nelle zone meno accessibili, la più recente politica indigenista ha portato alla creazione del Funai Fundação Nacional do Indio che dovrebbe proteggerli.

Tra gli ultimi indios dell’Amazonia brasiliana

Sono molti gli itinerari in Brasile tra le comunità più o meno accessibili dei popoli amazzonici e tribù indigene più isolate, nello stato Amazonas ad est nella Valle do Javari si incontrano i Korubo e tornando lungo il rio negro Vaupès si trovano le comunità Tucanos. Procedendo sulle vie di Francisco de Orellana, gli avventurieri per il mitico El Dorado e le rotte della colonizzazione, lungo il maestoso Rio delle Amazzoni alternando lunghe navigazioni e impegnativi itinerari nella foresta, si cercano i villaggi dei Ticuna, gli sperduti Mawè e gli isolati Munduruku .

Verso il Peru nella selva lungo il confine i Matsè e a sud tra il Purus peruviano e il Madeira si trovano i Mura, nella foresta di Humaità le ultime comunità Pirahà.Tornando lungo il rio Tocantins si trovano le comunità Xakriabà, nelle foreste e savane del Minas Geiras sopravvivono tremila Xerente e circa qundicimila A’uwe Xavante, nel confinante Mato Grosso oltre il fiume Araguaia le comunità dei poco più di seicento Tapirapè.

Nella regione dell’affluente amazzonico Xingu è sorto il vasto Parque Indigeno dove rimangono circa trecento Yudjá Jurunas e quattrocento Kamaiurà, il triplo sono i Kayabì. Addentrandosi si trovano i Mehinaco Mehinaku, di stessa stripe e lingua Arawak , i cinquecento Enawenè Nawe, i quattrocento Wauja e I centocinquanta Yawalapiti.

Al variegato gruppo linguistico Caribe appartengono cinquecento Kuikuro, poco più di quattrocento Ikpeng Txikào, trecento Kalapalo, centoquaranta Matipu e un centinaio Matipuhy Nahukua, di lingua gê sono i trecento Kisêdjê Suya e isolati sopravvivono una novantina Ho kod ke Trumai.

Nelle foreste del Maranhão la popolazione più numerosa è quella dei Tenetehara della stessa stirpe dei Guajajara che, verso il Pará nell’ Alto Turiaçu sono stati i primi ad entrare in contatto con i nomadi Awà Guajà sopravvissuti in circa trecento divisi tra quattro comunità isolate, ma anche la foresta di quest’ ultimo rifugio è stata incediata.

Tutto ciò che rimane dei vari popoli indigeni un tempo numerosi e ridotti a questa triste contabilità di sopravvivenza che sono andato annotando per tutti gli itinerari in quei territori nella devastazione che non s’arresta togliendoci respiro e coscienza.

per ogni albero tagliato un pezzo della nostra anima si dissolve nel cielo…e quando non ci saranno più alberi non avremo più ossigeno per alimentare la nostra coscienza.”

Bolivia le vie della coca

Nella foresta brasiliana come nel resto del paese sì è accesa la guerra dei narcos che si percepisce tornando sulla diramazione transamazzonica che da Boa Vista e lo stato Roraima scende nel Rondônia ove incrociano fiumi e affluenti amazzonici per la città di Porto Velho sul rio Madeira che s’anima nel tradizionale mercado central e nei festivi attorno la Catedral Sagrado Coração de Jesus, ne rimane museo la stazione della vecchia ferrovia che dall’ inizio del 900 per qualche decennio l’ ha collegata a Guajarà Mirin a fasi alterne.

Ci si arriva continuando sulla strada nella foresta traversando parte del territorio degli indigeni Askuntsu che ne sono stati travolti in pochi anni e a Guajarà Mirim quando ho percorso questa via, si traghettava sul rio Mamorè alla quasi omonima Guayaramerìn che la fronteggia entrando in Bolivia nell’amazzonico dipartimento di Beni dall’ immensa foresta attraversata dal fiume omonimo ove anche qui s’ è cercato il mitico El Dorado e la ciudad perdida di Paititi.

Tra Santa Ana del Yacuma a ovest del Beni, la capitale Trinidad Fondata da Ñuflo de Chavez a metà del cinquecento e Santa Cruz de la Sierra nell’ omonimo dipartimento amazzonico, non v’ è molto da raccontare se non che già all’ epoca la zona era infestata da trafficanti e manovalanza narcotraffico boliviano.

Tra vallate nascoste e lungo i fiumi nella foresta lussoreggia l’ erythroxylum pianta della coca coltivata e protetta dai cocaleros e da essa si estrae la benzoilmetilecgonina base dello cocaina, è da queste piantagioni di coca boliviana che nasce il commercio illegale esploso nel vasto e redditizio traffico internazionale ammorbando il mondo. Così anche in questa regione amazzonica tutto ciò s’aggiunge alla selvaggia deforestazione per dare spazio a deleteri allevamenti, l’insana febbre del petrolio, strade realizzate e assurdi progetti per farne di nuove, finendo di devastare ambiente e popolazioni che qui ci vivono da secoli.

Tra gli indios della selva boliviana

Delle trentasei etnie e popolazioni indigente tradizionali gran parte si trovano nelle regioni amazzoniche del Beni e la limitrofa Santa_Cruz fino alle foreste del Gran Chaco orientale boliviano.

Dall’ epoca dei miei viaggi ne posso testimoniare la presenza, spesso cercata in impegnative spedizioni tra i fiumi e la foresta, ma della loro sopravvivenza con lo sfruttamento selvaggio amazzonico, la febbre del petrolio, i traffici di droga e nefandezze, anche qui bisogna affidarsi ad una triste contabilità di quel che ne rimane.

Nel dipartimento del Pando verso il Perù dell’antico popolo chiamato Chàcobo rimangono un migliaio sparsi nei villaggi come i cinquecento Esse-ejja , trecentottanta Itonamas e duecento Machineri, poche comunità di Joaquinianos, una cinquantina di Yaminahua, vagano nella foresta gli ultimi Nahua ridottI ad una quindicina come i Pacahuara e poco si sa degli isolati Toromona anch’ essi in via d’estinzione. Lungo il rio Mamorè gli indios Moxeños Moxo come molti altri furono evangelizzati dalle misiones gesuite nel periodo coloniale, più legati alle antiche tradizioni sono i Chimanes e la cinquantina di Reyesanos.

La popolazione più numerosa sembra essere dei quattromilacinquecento Cayubabas con il loro villaggi di agricoltori nella foresta, seguiti dai Cavineno con poco meno di tremila, alcune comunità nella foresta di indigeni del popolo Araonas, meno di duecento quelli che erano i temuti guerrieri Sirionò e spinti dall’ invasione spagnola da secoli si trovano i Canichana di origine andina qui rifugiati.

Nella regione di Santa Cruz si trovano le comunità dei Camba di origine Guaranì, oltre quattromila moxenos nei villaggi della foresta come i gli Izoceño Chanes, nonostante i tentativi disperati di resistenza gli Ayoreos vivono un processo violento e irreversibile di acculturazione, mentre dei nomadi Baures si presuppone l’assimilazione da altre popolazioni.

Con circa ottantamila il popolo Chiriguanos dei Guaranì boliviani è il più diffuso, dopo di loro l’ etnia più numerosa è dei Tarapecosi Chiquitano. Nel Gran Chaco orientale boliviano le comunità dei Guarayose dalla città di Yacuiba procendendo ne dipartimento Tarija si trovano poco meno di duemila Weenhayek travolti dallo sfruttamento petrolifero della regione.

Quando l’ultimo albero sarà stato tagliato, l’ultimo animale abbattuto, l’ultimo pesce pescato, l’ultimo fiume inquinato, allora vi accorgerete che il denaro non si mangia.”

Peru

Dal boliviano dipartimento di Pando , passando per Cobija adagiata sul rio Acre e attraverso antichi territori di indigeni come gli Yaminawà, ad ovest si entra in Perù nella regione amazzonica Madre de Dios attraversata dal fiume omonimo.

Seguendone il corso si giunge a Puerto Maldonado alla confluenza con il fiume che si apre nella magnifica riserva Tambopata e di qui ci si immerge nella natura di questo rigoglioso territorio passando nel Bahuaja Sonene dalla suggestiva foresta come il vicino Madidi, altro ambiente incontaminato minacciato dalle ricerche di petrolio e oro, espansione agricola e altre violazioni compresa la costruzione della amazzonica Apolo-Ixiamas.

Tra gli indigeni dell’ amazzonia peruviana

Delle tante e varie popolazioni indigene peruviane molte etnie cercano di sopravvivere nella regione amazzonica, alcuni gruppi mai contattati da difendere e lasciare in pace nei territori ove sono rifugiati, evitando i safari umani per avvistarli, per queste popolazioni come tutte le altre sono crescenti minacce d’ ogni tipo oltre deforestazione che avanza, l’ingordigia delle imprese minerarie e la sinistra presenza dei trafficanti di droga.

Continuando nella regione si trova la riserva Manu popolata da tribù dall ‘esistenza tradizionale, alcune molto isolate come cacciatori i nomadi Cujareño Mashco Piro e altri fino ad ora incontattati .

Tra le più relativamente accessibili le comunità degli indios Yaminahuas che si trovano anche più a nord nell’ Ucayali nella foresta dell’ Alto Purus che è divenuta riserva , a volte in conflitto con i Machiguengas che ho ben conosciuto risalendo il rio Urubamba nella vita e cerimonie sciamaniche con l’ uso dell’ allucinogena Ayahuasca, ve ne sono piccoli gruppi anche lungo il fiume Ucayali ove si trovano popolose comunità di Shipibo chiamati anche Conibo .

Del popolo Piro si pensa ne siano rimasti circa cinquecento distribuiti anche lungo i fiumi Cushabatay Willkamayu Urubamba e il grande Purus, mentre gli indigeni della popolazione Amahuaca sono ridotti a meno di cinquecento in gran parte nella foresta del rio Juruà affluente amazzonico ad ovest del rio Purus dove si trovano anche comunità dei brasiliani Ashaninka. Poco meno di ottocento indios del popolo Cashinahua, trecento Culina, rimasti devastati da epidemie sono sopravvissuti circa quattrocento Sharanahua, nella regione tra Alto Purus e l’ Acre brasiliano gli indios che cercano di resistere si definiscono Huni Kuin Uomini Veri noti come Kaxinawa.

Proseguendo ad ovest tra le foreste dell’ Ecuador orientale e l’amazzonico Perù sopravvivono popolazioni che non conoscono frontiere, ci vivono gli Achuar rimasti molto più isolati degli altri Jívaros Shuar di antica stirpe guerriera Nijínmanya Shiwiáre noti per la ritualità Tsantsa della macabra riduzione di teste, verso il rio Tigre i villaggi degli imparentati Jivaroan peruviani noti come Jibaro.

Tra il rio Aguarico e la foresta del Cuyabeno ecuadoriani al Loreto settentrionale peruviano nelle comunità Secoya cerca di sopravvivere la loro cultura. Seguendo l’ itinerario dal rio Pastaza al territorio del Morona e la laguna Rimachi si trovano gli indios della comunità Candoshi, dalla foresta del Yasunì e oltre il confine peruviano vivono i Sàpara.

Tra il rio Putumayo verso la frontiera colombiana e il Napo ecuadoriano sopravvivono i Bora , lungo il Paranapura e nell’ interno i villaggi dei Chayahuita e nel territorio del rio Chambira sembrano sopravvivere forse cinquecento Urarina delle migliaia che se ne trovavano.

Poco più di un centinaio i Chamicuro lungo il rio Huallaga affluente del Marañón e sull’ altro affluente Morona si trovano centocinquanta Huambisa verso il confine con amazzonico con l’ Ecuador.

Oltre il confine brasiliano la riserva nella Sierra del Divisor è divenuta protetto parco, ma da tempo a rischio di degrado come il territorio degli Isconahuas. Ad ovest cercano di sopravvivere gli indios della comunità Amuesha nella selva alta del Huànuco, nella regione Junìn orientale di Pangoa si trovano duemilacinquecento Nomatsiguenga e nel Paranaquiro rimangono seicento indios del popolo Mayoruna sparsi su entrambe le sponde del rio Javary sul confine brasiliano assieme alle comunità dei circa duemila Matsè che dal loro tradizionale mondo tenacemente resistono al devastante sfruttamento petrolifero del territorio.

Lo sciagurato progetto di trasporto dal rio Urubamba dalla multinazionale del gas Camisea attraverso il territorio tra il rio Juruà e l’affluente Purus amazzonico ha sconvolto la foresta e le isolate tribù assieme all’ estrazione dell’ oro che ha prodotto un’ epidemia dovuta all’ avvelenamento da mercurio che ha devastato le comunità degli ultimi Nahua.

Dopo aver seguito il rio Ucayali alla confluenza con il Marañón nel maestoso rio delle Amazzoni si prosegue ad Iquitos per entrare nelle foreste del Loreto, sugli affluenti del Putumayo le popolazioni di indios più numerose sono le migliaia di Cocama Kokamilla seguiti dalle comunità degli Yihamwo Yagua e circa duemila indios Komini come si definiscono gli Huitoto anch’essi schiavizzati e decimati all’ epoca delle piantagioni di caucciù come molte altre popolazioni amazzoniche.

Vi sopravvivono anche circa quattrocento Bora , meno di duecento Ocaina e circa trecento Orejon così chiamati per l’ uso di pesanti orecchini, della stessa stirpe degli ultimi Maijuna e nella regione peruviana del rio Napo si trovano i villaggi dei trecento Arabela rimasti, alternati a quelli dei duecento Iquito anch’ essi sopravvissuti alle decimazioni che ancora continuano, come gli indios Awajún Aguaruna che vivono nella foresta lungo il rio Marañón. Nel dipartimento Ucayali amazzonico si trova l’ etnia degli ultimi indigeni Cashibo, tra la regione dell’ Ucayali e la selva alta orientale del Huànuco hanno resistito all’impero incaico e i conquistadores i fieri Campa Ashàninka, poi travolti anch’ essi dallo sfruttamento del caucciù, oro, petrolio, conflitti sociali e traffico di droga.

Solo la triste previsione d’una nostalgica saggezza indigena può chiudere il racconto di un itinerario che si riduce ad un lungo e triste elenco di luoghi e popoli travolti dagli eventi “Quando l’uomo taglierà tutti gli alberi della nostra madre Terra che sono le colonne che sostengono il cielo, il cielo cadrà e la Terra finirà.”

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