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Antartide Ernest Shackleton

Come non ricordare quella frase di Ernest Shackleton contemplando l’ incanto dell’ Antartide ove giunse la prima volta nel 1901 tra i membri della nave Discovery assieme al comandante Robert Scott, partecipando alla spedizione National Antarctic che di quella nave prese il nome Discovery. Fu la prima a raggiungere l’ immensa barriera ghiacciata avvistata nel 1840 da James Ross da cui prese nome come il mare gelato ove affaccia, dopo sbarcati Shackleton, il comandante Scott e il naturalistA Edward Wilson dalla costiera insenatura ghiacciata di McMurdo s’ avventurarono nell’ interno con slitte trainate da cani, poco attrezzati, con scarse provviste e privi di esperienza, giungendo l’ ultimo giorno del dicembre 1902 a novecento chilometri dall’ agognato Polo sud che sarebbe rimasto inviolato per un’ altro decennio. Sfiniti e ammalati tornarono faticosamente indietro e poco dopo Scott ordinò all’ ormai guarito Shackleton di rimpatriare con sua notevole riprovazione, ma comunque accolto da eroico esploratore.

La spedizione Nimrod

Tornato da quella spedizione nel 1903 per i suoi meriti fu nominato dirigente della Geographical Society scozzese ove rimase per due anni e nel 1907 con vari finanziamenti organizzò la sua spedizione British Antarctic, meglio nota come Nimrod dal nome della nave utilizzata. Nell’ equipaggio e i vari membri erano il meteorologo Jameson Adams secondo in comando, il secondo ufficiale Aeneas Mackintosh, il terzo ufficiale Alfred Cheetham, il capitano John Davis, l’ ingegnere capo Harry Dunlop, il direttore del personale scientifico Edgeworth David, l’ altro noto geologo e geografo antartico Raymond Priestley, l’ assistente geologo Philip Brocklehurst, il fisico australiano Douglas Mawson, il medico scozzese Alistair Mackay, il chirurgo e cartografo Eric Marshall, Il biologo James_Murray, lo zoologo e resposabile dei cani da slitta Ernest Joyce, l’ ingegnere Bernard Day che portò la prima auto a motore, l’ esploratore veterano antartico Frank Wild, infine l’ artista britannico George Marston.

Dopo che la Nimrod era salpata dall’ Inghilterra nell’ agosto 1907, Shackleton con alcuni partecipanti raggiunse più velocemente la Nuova Zelanda per organizzare i rifornimenti e il primo gennaio 1908 partirono da Lyttelton facendo rimorchiare la nave per duemilasettecento chilometri fino al circolo Antartico risparmiando il carburante prezioso all’ esplorazione. Giunti a metà gennaio cercarono un passaggio per raggiungere la barriera ghiacciata trovando una baia che fu chiamata Whales bay, per evitare di passarvi l’ inverno australe si diresse verso la penisola ribattezzata Edward VII tentando di attraccare ostacolato dai ghiacci. Sebbene avesse promesso a Scott di non adoperare quella via, Shackleton diresse verso l’ insenatura McMurdo ove giunse il 29 gennaio e quindi l’ isola battezzata con il nome di James Ross che l’ aveva scoperta nel 1841 durante la sua spedizione nell’ omonimo mare e sbarcato a Cape Royds fece costruire la sua base. Da qui Shackleton esplorò il vulcanico Mt Erebus individuando poi il polo magnetico e a metà gennaio 1909 scoprì il ghiacciaio Beardmore che poteva essere un passaggio per spingersi a sud tentando l’ impresa con Frank Wild, l’ ufficiale di marina Jameson Adams e Il tenente colonnello Eric Marshall. Scarsamente attrezzati, preferendo ai cani per le slitte degli inadeguati pony che morirono tutti, la marcia nella neve ghiacciata fu stentata, riuscendo tuttavia ad arrivare a soli centottanta chilometri dal Polo, costretti a tornare indietro nella saggia convinzione che un asino vivo è meglio di un leone morto Better a live donkey than a dead lion, come Shackleton ricorda nel suo The heart of the Antarctis pubblicato nel 1909.

La spedizione Endurance

Tornato dalla British expedition ormai a tutti nota come Nimrod nel 1909, per un paio di anni Shackleton si adoperò a cercare finanziamenti e studiare un’ altra impresa, ma nel frattempo la spedizione norvegese guidata da Roald Amundsen Il 14 dicembre 1911 aveva raggiunto Polo sud, precedendo di un solo mese il termine della drammatica spedizione dello sfortunato Robert Falcon Scott che vi perse la vita. Tre anni dopo Ernest Shackleton aveva elaborato una traversata Transantartica trovandone i finanziamenti e l’ appoggio della geografica Royal Society per organizzare l’ Antarctic expedition che fu nota come spedizione Endurance prendendo anch’essa nome dalla nave principale utilizzata che doveva giungere nel mar Weddell, mentre l’ altro vascello Aurora in quello di Ross. Degli imbarcati sull’ Endurance oltre al comandante Ernest Shackleton va ricordato il suo secondo comandante Frank Wild che, lasciata l’ Endurance bloccata dai ghiacci per l’ isola che chiamarono Elephant vi rimase con il primo ufficiale Lionel Greenstreet e una ventina di uomini tra stenti e fame. I soccorsi furono cercati dall’ abile capitano neozelandese Frank Worsley con la lancia James Caird avventurandosi dall’ isola Elephant all’ arcipelago della Georgia meridionale attraversando il mare in tempesta per arrivare sulla costa. Proseguendo poi a piedi con Shackleton, l ‘ufficiale Tom Crean e il marinaio John Vincent per lo sperduto centro baleniero di Stromness dove chiedere aiuto. Dell’ equipaggio facevano inoltre parte il terzo ufficiale Alfred Cheetham, l’ ufficiale di rotta Huberht Hudson, l’ Ingegnere Alexander Kerr, l’ altro Ingegnere meccanico Thomas Lees e il motorista Ernest Holness. Tra i partecipanti del gruppo scientifico il geologo scozzese e direttore James Wordie, il biologo Robert Clark, il medico Alexander Macklin, il meterologo Leonard Hussey, il fisico Reginald James, per la documentazione fotografica l’ australiano Frank Hurley, mentre l’ artista George Marston ne ha realizato i dipinti. Completavano l’ equipaggio Il fuochista pompiere Stephenson e il collega Holness, il carpentiere McNish, il magazziniere Blackborow, il cuoco Green, oltre a vari marinai come il britannico How, lo scozzese McLeod, l’ irlandese McCarthy e l’ americano Bakewell .

L’ Endurance salpò il primo agosto di quel fatidico 1914 che vide esplodere la guerra mondiale, con una rapida traversata atlantica giunse nell’arcipelago della Georgia meridionale attraccando nell’insenatura Grytviken da dove all’ inizio di dicembre ripartì per arrivare nel mar di Weddell un mese dopo rimanendo bloccata nella banchisa che andava alla deriva. Nell’ impossibilità di liberarla e mentre veniva stritolata sai ghiacci Ernest Shackleton sbarcò con tutto l’ equipaggio a novembre costruendo un rifugio che chiamò Ocean, come narra nel quinto capitolo del suo racconto e dal successivo settimo capitolo sappiamo che vi rimase fino alla fine di dicembre prima di spostarsi nel campo che chiamò Patience. Vi rimasero fino all’ inizio di aprile per poi raggiungere con le scialuppe di salvataggio rimaste l’ isola che chiamarono Elephant dove era impossibile essere trovati dai soccorsi, così il comandante Shackleton decise di partire il 24 aprile con la lancia baleniera James Caird in cerca di aiuto assieme al capitano Worsley, il macchinista irlandese McCarthy, il carpentiere scozzese McNish con gli abili marinai Vincent e l’ irlandese Crean. Affrontando un’ avventurosa navigazione percorsero in due settimane milleseicento chilometri per tornare nella Georgia del Sud sbarcando in una costa remota da dove Shackleton a piedi assieme a Tom Crean e il capitano Frank Worsley attraversarono l’ aspro territorio per arrivare sulla costa settentrionale nel centro baleniero di Stromness organizzando il salvataggio dei suoi uomini con la nave cilena Yelcho alla fine di agosto 1916.

I dispersi dell’ Aurora

L’ altro gruppo che venne chiamato Ross Sea partì con la nave Aurora che imbarcava il comandante Æneas Mackintosh, il suo secondo Ernest Joyce anche incaricato dei cani da slitta, Ernest Wild fratello di Frank imbarcato sull’ Endurance e l’altro esploratore Victor Hayward, il capitano scozzese Joseph Stenhouse, l’ australiano Irvine Gaze, il medico biologo John Cope, Il fisico australiano Andrew Jack e il collega compatriota Richard Richards, il geologo Alexander Stevens, il cappellano e fotografo Spencer Smith e altri diciassette marinai andarono alla deriva con la nave quando il gruppo rimase a terra.

Raggiunta la Tasmania ripartì dal porto di Hobart nel Natale del 1914 per Ross island dove agli inizi di maggio venne travolta da una tempesta a Cap Evans, mentre rimanevano sulla banchisa il comandante Mackintosh con il suo secondo Wild e diversi membri del gruppo come Joyce , l’ altro esploratore Hayward e il medico John Cope, la danneggiata Aurora andava alla deriva con il capitano Stenhouse e diversi marinai per poi bloccarsi tra i ghiacci per ripartire a metà marzo 1916 giungendo dopo un mese in Nuova Zelanda. Intanto gli uomini rimasti sulla banchisa trovarono riparo ad Hut Point nel vecchio rifugio costruito da Falcon Scott durante la sua drammatica spedizione Terra Nova da dove proseguirono nella Barriera ghiacciata per cercare di costruire depositi come nei piani della spedizione fino al ghiacciaio Beardmore . Continuando tra stenti, fame per risparmiare le provviste e alcuni colpiti dallo scorbuto, iniziarono il ritorno tra tempeste e venti antartici, Spencer Smith ammalato morì il nove marzo, Mackintosh assieme a Hayward scomparvero a maggio inghiottiti dal mare gelido per la rottura del ghiaccio mentre procedevano sulla slitta. I sopravvissuti riuscirono a raggiungere il rifugio sulla costa di Cape Evans dove trascorsero l’ inverno antartico fino al 10 gennaio 1917 quando giunse in soccorso Shackleton ripartito dalla Nuova Zelanda con la riparata Aurora dopo aver soccorso i naufraghi di Elephant.

L’ ultima spedizione Quest

Tre anni dopo Ernest Shackleton venendo a conoscenza dei progetti di Amundsen per l’ esplorazione del Polo nord, pensò di anticiparlo organizzandone una sua, ma per difficoltà di finanziamenti e l’ inizio del lungo inverno artico decise per una nuova spedizione antartica con la nave Quest e come di consueto adoperandone il nome la spedizione fu chiamata Quest che partì da Londra a metà settembre 1921 con l’ equipaggio che contava diversi veterani dell’ Endurance. Raggiunse la Georgia meridionale che gli era ben noto come il porto di Grytviken da dove era partito con la precedente Transantartica, ma quella che doveva essere la sua ultima spedizione terminò subito in quella sperduta Grytviken ove su sepolto morto per un infarto che lo colse il 5 gennaio 1922. Ne prese il comando Ernest Wild incrociando le vicine Sandwich australi nel mare in tempesta per procedere verso la costa orientale antartica di Enderby tentando più volte di continuare evitando di rimanere incastrato tra i ghiacci, alla fine di febbraio era nel mare chiamato di Weddell come il suo scopritore James Weddell che vi giunse nel 1823, facendo poi rotta per Elephant Island nelle Shetland australi e tornare all’ inizio di aprile nella South Georgia per passare l’ inverno australe. Vi rimase un mese nel centro baleniero di Grytviken fondato da Carl Larsen e nel piccolo cimitero su dove era sepolto pose una lapide in ricordo di Shackleton prima di ripartire all’ inizio di maggio per il ritorno dalla spedizione.

©Paolo del Papa da: Viaggiatori ed esploratori. Vol.Ocaeni :Antartide

 

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