BirmaniaAsia Orientale

Pegu

Lasciata la capitale Yangon a nord est si trova l’ antica capitale medioevale del più fiorente regno fondato dal popolo Mon, secondo la leggenda il Buddha che vi passava vide due uccelli mitici Hintha posarsi sul luogo ove predisse sarebbe sorta la fiorente città di Bago poi nota anche come Pegu. Si pensa fondata nel VI secolo dal popolo Mon che iniziava il dominio della regione con il regno di Thaton, rimase un piccolo centro fino a a metà del XIV secolo quando sempre i Mon ne fecero capitale del loro nuovo e potente regno di Hanthawaddy e nel 1539 lo divenne per sessanta anni della potente dinastia birmana di Taungù regnante tra la fine del XV secolo e la metà del XVIII, che ebbe come suo altro centro nella regione l’ omonima città di Taung ngu mrui o Toungoo. Pegu divenne quel florido centro profetizzato dalla leggenda e il suo splendore venne decantato da mercanti e viaggiatori come il veneziano Balbi, tra i primi europei giunti nel territorio birmano che la descrisse ammirato. Il regno Tangoo dei Taungù khì fu travolto dal sovrano Alaungpaya che riunificò i territori birmani dopo aver fondato la sua dinastia Konbaung , nel 1757 represse una rivolta dei Mon a Pegu distruggendo gran parte della città che venne poi ricostruita. Sulla cima di un colle nella nel monastero con la pagoda di Hintha Gon, un affresco narra la leggenda del Buddha che profetizza la futura fondazione della città osservando i due uccelli Hintha che ne sono il simbolo.

Quando riunificò i territori birmani, il sovrano Bayinnaung che fondò la nuova capitale Hanthawadi a Bagu, nel XVI secolo vi fece edificare il suo sontuoso palazzo Kanbawzathadi, semidistrutto e saccheggiato nel 1599 è stato ricostruito alla fine del secolo scorso nella stessa opulente ricchezza e definito il grande Palazzo d’ Oro, l’ originale aveva stanze lastricate dal prezioso metallo e al centro la grande Sala delle Udienze ove il sovrano riceveva funzionari ed ambasciatori assiso sul prezioso Thihathana o Trono del leone, i saloni residenziali erano nell’altrettanto sontuoso appartamento Bhammayarthana, mentre altri edifici erano residenze della famiglia reale. Nei pressi del Kanbawathadi l’ alta ed imponente pagoda del Grande dio d’Oro Shwemawdaw visibile da lontano, si erge magnificamente sulla città da quando sorse in epoca Mon nel X secolo per custodire la reliquia con il sacri capelli del Buddha e nel XIV secolo i denti dell’ Illuminato giunti dallo Sri Lanka. Ricostruita e restaurata più volte nei secoli, la Shwemawdaw che si innalza magnificamente per oltre cento metri è la più alta pagoda birmana, all’ingresso le consuete grandi statue di leoni mitologici Chinthe di guardia ai templi birmani, attorno alla base molte altre pagode minori circondano lo stupa centrale dorato che culmina nell’ ombrello cerimoniale hti coperto da diamanti. Nella terrazza alla base tra le statue raffiguranti i venerati spiriti Nat si trovano otto santuari associati a diversi pianeti ove devoti e pellegrini pregano e recano offerte in qullo corrispondente alla propria data di nascita. La parte superiore del tempio davanti la pagoda è aperta dal devastante terremoto del 1917 e attorno altri padiglioni e santuari con tetti a più piani Pyatthat dalle pareti decorate, mentre sulla piattaforma centrale troneggia la campana rituale con iscrizioni del sovrano Dhammazedi del regno di Hanthawaddy che la donò alla città alla fine del XV secolo. Ad ovest della città si trova il Grande Stupa come è chiamata la pagoda Mahazedi anch’essa fatta edificare nel 1560 dal sovrano Bayinnaung della dinastia Taungoo per contenere la reliquia del dente del Buddha proveniente dallo Sri Lanka, come diverse altre reliquie nei templi birmani, racchiusa in un’arca d’oro ricoperta di gioielli, dietro un monastero dal sikhara dorato. Anche se il dente dell’ Illuminato si scoprì essere una copia dell’ originale ancora custodito nel suo tempio cingalese a Kandy, continuò ad essere venerato a lungo in questa pagoda e poi spostato all’ inizio del XVII secolo in quella di Kaunghmudaw a Sagaing nel territorio di Mandalay ove ancora si trova nei percorsi buddisti birmani. Durante la rivolta dei Mon contro il dominio birmano nel 1757 e la distruzione di gran parte della città, la pagoda di Mahazedi fu ricostruita e di nuovo devastata dal terremoto del 1930 per essere restaurata nei successivi cinquant’ anni come la si vede. All’ingresso due grandi statue di elefanti bianchi ai lati del portale dove si accede ad un santuario dal tipico tetto dei templi birmani Pyatthat di sette piani che contiene tre raffigurazioni del Buddha seduto. La pagoda si erge su una base piramidale con uno stupa dorato e ripide scalinate ai lati dalle balaustre decorate e dietro si trova un tempio a mattoni ocra con un sikhara dorato che ricorda il famoso Ananda di Pagan, dall’ interno affrescato con al centro quattro statue dorate del Buddha in piedi. La grande statua del Buddha disteso Shwethalyaung venne fatta costruire dal re Mon Mingadeipka alla fine del X secolo poi decaduta e restaurata nel XV dal sovrano Dhammazedi, di nuovo dimenticata nella foresta dopo le devastazioni a seguito della rivolta Mon del 1757, fu ritrovata un secolo dopo e restaurata come la si vede protetta da un padiglione Tazaung metallico circondata da vari edifici sacri, nella suggestione di una delle più grandi statue birmane che raffigurano l’ Illuminato disteso, tornando ad essere il venerato Shwethalyaung. Lasciato il centro si trova il monastero con la pagoda di Kyaik Pun edificata nel XV secolo dal devoto sovrano dell’ Hanthawaddy Dhammazedi e dall’ epoca vi si venerano le enormi statue dei quattro Buddha che hanno raggiunto il Nirvana, l’ imponente e suggestivo Kyaikpun le raffigura nelle sue quattro incarnazioni Kakusandra, Konagamana,Kasyapa e Gautama seduti nella posizione del mudra Bhumisparsha con la mano che tocca la terra a testimonianza dell’ Illuminazione nelle direzioni cardinali. Poco distante il Kalyāṇī Sīmā o la Sala delle ordinazioni monastiche Kalyani, ospita dieci colonne con incise in lingua Pali e Mon del 1480 che ne prendono nome come iscrizioni di Kalyani narranti la storia della diffusione del buddismo birmano nella dottrina Theravada.

La roccia d’ oro di Kyaiktiyo

Lasciata Pegu verso est a Kyaikto, dal villaggio di Kinpun si raggiunge la base del monte a Ya Thay Taung e, con una lunga salita su sentieri tortuosi nella foresta, la suggestiva pagoda di Kyaiktiyo che domina magnificamente la valle sovrastato dalla rupe con il veneratissimo masso coperto d’ oro del Golden Rock. La leggenda vuole che quando vi giunse il Buddha trovò un eremita che ebbe in dono capelli come reliquia da custodire su un masso che avesse forma di testa, trovando questa sul bordo della scogliera divenuta la veneratissima Roccia d’oro che sembra in procinto di cadere, ma il mito vuole sia trattenuta dai sacri capelli dell’ Illuminato. La visita del suggestivo santuario di Kyaiktiyo è uno spettacolo indimenticabile, uno dei siti buddisti birmani più sacri con le consuete statue dei grandi leoni mitologici Chinthe che sorvegliano l’ingresso per accedere alle diverse piattaforme con pagode e santuari che racchiudono immagini del Buddha, alcuni quelle di venerati spiriti Nat, retaggio dell’ antico culto che si è legato alla pratica buddista birmana, quotidianamente animato da devoti recanti offerte, pellegrini e monaci che salgono verso la roccia di granito che solo gli uomini possono toccare coperta da lamine d’ oro offerte dai fedeli.

 

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