Il Rajah del Borneo
Attraverso il Borneo nella leggenda del Rajah Bianco e tra i “cacciatori di teste”
Il Rajah bianco
Il Sarawak è la parte più nota del Borneo,terra di avventure e pirati raccontata da oltre un secolo di letteratura e che hanno appasionato generazioni di lettori dei romanzi di Salgari con il suo ciclo di Sandokan le cui gesta si svolgevano proprio nella regione e i cui Tigrotti della Malesia erano i Dayak di mare che ne popolano le coste settentrionali,in perenne conflitto con il perfido Rajah Bianco Brooke.Il personaggio è storico e tutt’altro che perfido,un abile avventuriero che esplorò le coste del Borneo stabilendosi a Kuching nel Sarawak dove riuscì a riunificare le tribù costiere delle quali divenne il rajah,spessso in contrasto con la potenza coloniale britannica che avanzava in tutta l’Asia orientale.Lungo le coste del Borneo settentrionale passava una delle rotte orientali della Via delle Spezie seguita da secoli dai navigatori e mercanti indiani,giavanesi,cinesi e arabi,nel tredicesimo vi fu creato fiorente sultanato islamico del Brunei,ma solo trecento anni più tardi cominciò a ricevere i vascelli portoghesi ,seguiti poi da spagnoli,olandesi ed inglesi he si succedettero nel dominio delle antiche rotte commerciali e nella colonizzazione dell’Asia.La famiglia Brooke aveva quarti di nobiltà e il padre era alto magistrato britannico incaricato della Indian Company a Benares,dove nacque James nel 1803 e a dodicenne fu inviato in Gran Bretagna per gli studi che durarono quattro anni.Tornato in India nel Bengala si arruolò nel Sesto Reggimento di Fanteri Indigena e rivelandosi un buon sottufficiale.Nel 1825 partecipò alla campagna contro il regno di Birmania che minacciava gli interessi della Indian Company in Bengala e rimase seriamente ferito in uno scontro,dopo un lungo periodo di cure a Calcutta fu rimpatriato per la convalescenza e gli fu assegnata una pensione di guerra.Nel 1830 era di nuovo in viaggio per l’India,ma la nave subì un lunghissimo ritardo per un’avaria e il giovane Brooke decise di non riprendere più servizio nell’esercito e proseguì per la Malesia,visitò Malacca,l’isola di Penang e la nuova città di Singapore fondata dal nobile avventuriero britannico Raffles. Libero da ogni impegno,continuò il suo viaggio per scoprire quell’oriente che lo affascinava sempre di più e navigò lungo le coste indocinesi per raggiungere la Cina e visitarne i centri costieri meridionali,tornò in Inghilterra convinto che il suo destino era in estremo oriente e sempre meno in madrepatria dove si sentiva estraneo.Nel 1835 alla morte del padre,con l’eredità fu in grado di finanziare le sue avventure e acquistò la nave Royalist con la quale prese la rotta per l’estremo oriente, in gran parte dominato da regni locali e colonie europee dove non si sentiva a proprio agio,restava il Borneo le cui coste meridionali erano sotto l’influenza degli olandesi che avevano colonizzato l’indonesia,il resto era ancora un”immensa isola dai territori selvaggi e inaccessibili,montagne,fiumi,foreste e popolazioni ignote.Le coste settentrionali facevano parte del sultanato islamico del Brunei,ma da tempo infestate da pirati che rendevano insicura l’antica rotta delle spezie orientale e attaccavano con le veloci navi phraos tutti i vascelli che la incrociavano,saccheggiando anche le popolazioni Dayak costiere,costrette a rifugiarsi nell’interno della foresta lungo i fiumi ,ma anche qui i potenti pirati malesi facevano violente incursioni razziando e distruggendo i villaggi,i cui abitanti erano destinati alla schiavitù.Tra le coste del Borneo Sarawak e l’arcipelago filippino delle Sulu,il dominio dei potenti pirati malesi era incontenibile e in questa situazione James Brooke nel 1839 sbarcò sulla costa del Sarawak con la sua nave ben armata Royalist e si stabilì nel centro di Kuching ove regnava il rajah Muda Hassim,zio e vassallo del sultano di Brunei Omar Ali Suffedin,che gli offrì volentieri la base per le sue proposte commerciali in nome dell’Inghilterra.Brooke visitò le tribù dayak della costa e dell’interno,annotandone i costumi tradizionali,in particolare l’uso di tagliare le teste ai nemici per scopi religiosi e cerimoniali,dopo aver esplorato il Sarawak fece rotta sul Brunei con la sua nave e un phrau del sultano.Durante la navigazione,nella notte il phrau venne attaccato dai pirati che il Royalist mise in fuga con una cannonata,poi Brooke decise di tornare in Sarawak per riportare i numerosi feriti tra i suoi accompagnatori che avevano subito l’arrembaggio,manifestando quella generosità che lo rese popolare tra gli abitanti della costa.Da Kuching ripartì subito per la grande isola indonesiana di Sulawesi sotto l’influenza olandese,i cui capi e sultani locali non gradivano sudditi britannici nelle loro terre,comunque ne visitò le coste e tornò in Sarawak,però deciso a lasciare il Borneo.Il sultano lo convinse ad aiutarlo per sedare le rivolte scoppiate nell’interno e Brooke risalì i fiumi nella jungla fino al sultanato di Sambas sotto l’influenza olandese,dove annotò che gli avversari si limitavano a costruire piccole fortificazioni e palizzate di bambù per fronteggiarsi suonando con gong e xilofoni musiche guerriere ed insultarsi senza mai combattere,i suoi tentativi di convincere i sudditi armati del Sarawak ad attaccare i rivoltosi di Sambas risultarono vani e comprese che quel singolare modo di fronteggiarsi era parte di una qualche antica tradizione.Tornò a Kuching con l’intenzione di lasciare il sultano alla sua “guerra di insulti”,ma Muda Hassim riuscì di nuovo a convincerlo e guidare il suo esercito contro quello di Sambas,ritornato all’avamposto nella jungla Brooke guidò l’attacco con la sciabola in pugno,ma si accorse che a seguirlo c’era solo la ventina di inglesi del suo equipaggio che però provocò la resa incondizionata senza combattere dei ribelli. La vittoria gli rese onori nel sultanato e Muda Hassim gli concesse i territori promessi per aiutarlo,nel settembre del 1841 si proclamò governatore del Sarawak e la notizia mise in allarme gli olandesi che lo credevano inviato del governo britannico,protestando diplomaticamente a Londra per l’intrusione.Brooke tentò invano di coinvolgere la Gran Bretagna in Borneo,prospettando la possibilità di sfruttamento minerario della costa del Sarawak e l’isola di Labuan, l’apertura di centri commerciali e altre proposte per essere aiutato a sconfiggere le piaghe della pirateria e dello schiavismo,oltre che allo sfruttamento delle popolazioni dayak da parte di malesi e cinesi che si erano insediati nel sultananto.Dopo anni di tentativi,durante i quali egli era divenuto il vero rajah bianco del Sarawak,nel 1847 la Gran Bretagna proclamò colonia l’isola di Labuan,egli fu nominato Sir e la flotta dell’ammiraglio Keppel incrociò quei mari per aiutarlo a combattere i pirati ai quali fu dato un colpo decisivo con uno scontro nel 1849 a Batang Marau.Brooke cominciò a ristabilire la pace e l’ordine nella regione che governò con saggezza,acclamato come un grande capo dalle tribù dayak i cui guerrieri ne divennero la fedelissima e devota armata personale,alimentando il mito del rajah bianco tra tutte le popolazioni costiere e dell’interno.Dai gusti raffinati,amava circondarsi di arredi europei e preziosi oggetti da tutta l’Asia nel suo palazzo di Kuching.era circondato da una pittoresca corte,guardie del corpo dayak acconciate con le decorazioni di guerra,funzionari e cortigiani,servitù con i costumi delle varie tribù di provenienza,personaggi strani ed inquietanti,ricevendo gli impressionati vistatori e mercanti che arrivavano in gran numero attratti dal porto del piccolo e potente stato.In patria si scatenò una lotta politica contro di lui e il suo potere in Borneo,venne accusato di millantare i suoi successi e che la pirateria era solo una menzogna per avere l’appoggio dell’inghilterra,al contrario fu accusato di tiranneggiare la popolazione e di essere nient’altro che un avventuriero senza scrupoli che si era costruito un regno con l’inganno e la violenza.Brooke reagì tornando in Gran Bretagna per difendersi dalle accuse e rispondere alle inchieste sul suo operato,riuscì a chiarire la sua posizione,ma comprese che in patria aveva troppi nemici e ormai sentiva di non appartenere più alla vecchia Europa,così decise di fondare una vera e propria dinastia nel Sarawak e staccarsi dall’influenza britannica.Fondata la dinastia dei Brooke nel 1853,completò la sua opera contro la pirateria e ingaggiò furiosi scontri con le ultime e potenti bande della costa e lo spietato capo Rentab che insanguinava con le sue razzie l’interno,nominando poi come successore il nipote Charles Johnson nel 1861.Invecchiato e malato il grande rajah bianco si ritirò nella sua propietà di Burrator e si spense il sei giugno del 1868,ma il suo spirito è sopravvissuto nella leggenda dei suoi dayak come quello di un grande e potente antenato che protegge la stirpe degli antichi guerrieri.In Europa,al contrario,l’avversione e le calunnie diffuse dai detrattori ne hanno fatto un personaggio cupo e malvagio che ha attirato l’attenzione di un geniale ed inconsapevole scrittore italiano che dalla sua scrivania ha navigato con la fantasia nei mari d’oriente e il buon Emilio Salgari ha trasformato il nobile James Brooke nel tiranno bianco del Sarawak e gli spietati pirati che ha combattuto nei fieri Tigrotti di Mompracem.La dinastia fondata da Brooke fece prosperare il Sarawak fino alla brutale deposizione degli invasori giapponesi nell’ultima guerra,contro i quali i fieri guerrieri dayak combatterono a lungo in epici scontri nella jungla “decorando” le loro case lunghe con le teste tagliate ai nemici in battaglia,alla liberazione l’ultimo dei Brooke lasciò i vecchi territori della dinastia alla colonia britannica che poi la passò alla Malesia indipendente.
Sulle orme di Brooke
Il porto di Kuching è sempre frequentato come ai tempi del rajah bianco da navigatori,mercanti,viaggiatori e avventurieri nell’affascinante atmosfera di vecchio porto cosmopolita sulla Via delle Spezie con i suoi commerci,traffici e avventure di varia natura,animato da cinesi,malesi,indiani,indonesiani,europei, è anche un importante centro commerciale gestito in gran parte da cinesi,ma tutti convivono pacificamente sulla costa nella prospettiva del futuro sfruttamento delle immense risorse dell’interno,ancora custodite da una natura grandiosa e selvaggia che irresponsabili disboscamenti hanno comiciato a violare.Da qualche tempo è divenuta anche meta turistica che ha sviluppato alberghi e attrezzature per illudere i visitatori di rivivere la leggenda del rajah bianco e un’avventura tra i temibili “cacciatori di teste” dayak che,come putroppo in tante parti del mondo,nei villaggi più vicni frequentati dai turisti si sono ridotti a “comparse”per gli stranieri in cerca di emozioni.La vera “avventura” può comiciare spingendosi ben oltre i villaggi visitati dai turisti su uno degli impetuosi fiumi che penetrano la foresta,per tornare alla vera dimensione del Borneo misterioso e selvaggio dagli indecifrabili rumori della jungla,il caldo umido e soffocante,il tormento degli insetti e la presenza invisibile degli animali grandi e piccoli,le scimmie e le ultime tigri che l’avanzata dell’uomo ha decimato e spinto nelle zone più remote.Sbarcando sulle minuscole radure lungo i fiumi e lontano dal fragore delle rapide,si “sente”la foresta con i canti degli uccelli delle specie più diverse che si confondono e si sovrappongono a quello,sordo e ritmato come una trombetta,del calao sacro ai dayak,le scimmie si muovono quasi invisibili tra i rami più alti e fittissimi,gibboni,macachi,”simango”,i cui calcoli biliari sono richiestissimi dai farmacisti cinesi ed oggetto di caccia spietata,l’uomo della foresta orang outan,possente e dolce come un uomo coperto di lunghi peli che gioca con i piccoli assumendo straordianarie espressioni umane,ma in fuga dal disboscamento e dalla caccia.
Dayak
Le tribù dayak appartengono al grande gruppo Dusun e sono giunte in Borneo da Sumatra attraverso l’arcipelago indonesiano in epoche remote, i Dusun di mare si sono stabiliti sulle coste settentrionali,una parte delle tribù sono penetrate nell’interno insediandosi lungo i fiumi e abbandonando le antiche tradizioni marinare,adattandosi all’ostile ambiente della jungla popolata da altre tribù meno evolute e sono divenuti i Dusun della foresta,ai quali appartengono gli Iban del Sarawak e tutto il Borneo centro settentrionale e i Murut, diffusi nel Kalimantan indonesiano.Attraversando il Borneo sembra impossibile la presenza di tanti gruppi umani in un ambiente così ostile e selvaggio,in gran parte hanno adottato alcuni costumi e il tipo di villaggio dei più evoluti dayak Iban o Batan Lupara,come vengono chiamati nel Sarawak dove appaiono molto pacifici ed ospitali,ma un tempo bellicosi e ostili,come testimoniano i molti crani di teste tagliate che “arredano”immancabilmente i loro villaggi “case lunghe”.Il villaggio longhouse è un’unica grande capanna su palafitte che può raggiungere la lunghezza di diverse centinaia di metri e divisa in varie stanze bilek,ognuna delle quali abitata da una famiglia,affacciate su un lunghissimo corridoio interno ruai dove si svolgono tutti gli eventi collettivi,le cerimonie e la vita in comune,all’esterno vi è una lunga terrazza parallela al sotto la quale razzolano maiali e polli.Arrivando in piroga sui turbinosi fiumi dell’interno,la longhouse appare improvvisa dalla jungla e ad ogni sbarco si ripete lo stesso accorrere di bambini curiosi e un po’ intimoriti,poi le donne e infine qualche uomo appena tornato dalla foresta,qualcuno corre ad avvisare il capo tuak rumah che deve verificare le intenzioni dei visitatori,dopo di che recita il tradizionale discorso di benvenuto entrando nella longhouse dove esamina i doni che divide equamente tra i capifamiglia.Se il loro consiglio ritiene che gli ospiti siano di un certo livello vengono eseguite danze e canti in loro onore accompagnati da grandi xilofoni e gong suonati dalle donne e i ragazzi,nel caso di particolari eventi viene eseguita la danza dei guerrieri il cui ritmo provoca una specie di trance fino a mimare lo scontro e il taglio della testa al culmine della cerimonia.Nel periodo della caccia alle teste il rito durava tutta la notte e i guerrieri si preparavano alla spedizione esaltandosi e ricevendo dagli spiriti la forza per il combattimento,nel Sarawak e le altre zone controllate prima dai rajah bianchi e poi dalla colonia,furono proibite le spedizioni ingiustificate per la caccia alle teste reprimendo le tribù che non si sottomettevano,ma l’usanza fu ripresa durante l’occupazione giapponese e i dayak non ebbero mai tanto “materiale” per il loro sinistro costume,a giudicare dalla gran quantità di crani appesi in tutte le case lunghe appartenenti alle forze imperiali nipponiche.Per i dayak ogni cosa possiede un’energia vitale,nell’uomo è la più potente e risiede nella testa,tagliandola per conservarla nella longhouse il guerriero e la comunità ne assorbono la forza e più teste vengono conservate più la tribù prospera,molti crani anneriti dal fumo nelle longhouses isolate sono più recenti di quanto si creda e oggetto di importanti cerimonie.Un tempo i dayak erano temibili guerrieri e prima di ogni spedizione gli sciamani eseguivano le pratiche magiche degli antenati per ingraziarsi gli spiriti interpretandone i misteriosi auspici,mentre la tribù eseguiva le cerimonie e i guerrieri si esaltavano nella danza,all’alba partivano sulle piroghe da guerra decorati con copricapi piumati,corpetti di pelle e scudi dai disegni geometrici raffiguranti gli spiriti,armati di lance e i lunghi coltelli decorati.Arrivavano al villaggio nemico per sorprendere la popolazione che si svegliava e si impegnavano in furibondi combattimenti uccidendo gli uomini e tagliando loro la testa,bruciavano tutto,razziavano e portavano via le donne prigioniere,se la spedizione coincideva con la costruzione di una nuova casa lunga,una delle fanciulle catturate veniva sacrificata agli spiriti schiacciandola sotto il pilastro centrale della nuova costruzione.Le varie tribù del Sarawak e il Kalimantan dedicano molto tempo al tatuaggio che ha importanti funzioni magiche,senza le quali sarebbe impossibile sopravvivere: protegge in battaglia, dalle insidie della jungla e dagli animali feroci,soprattutto dai mortali assalti della tigre che solo la magia può evitare, i tatuaggi vengono fatti su tutto il corpo con disegni geometrici e figure stilizzate dal preciso significato, i guerrieri e i cacciatori più abili ne hanno sulla schiena, ma solo coloro che hanno tagliato teste possono averne sulle mani,ogni segno rappresenta una testa spiccata dal busto del nemico e tra i più anziani se ne contano a decine.