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Antica Arabia

Preistoria araba

Antichi fammenti di pietre lavorate ed asce scheggiate sparsi in una vastissima areadel deserto Rub’Al Khali raccontano che il popolamento dell’Arabia risale probabilmente al paleolitico inferiore. Un’ immensa zona di caccia periodica di popolazioni provenienti dall’Asia minore e forse furono questi gruppi di cacciatori che per primi si insediarono stabilmente nelle zone più favorevoli della penisola, a quel tempo non interamente dominata dal deserto, la scienza la definisce Periodo Acheuliano, fu l’ Età della Pietra d’ Arabia. Poi giunsero popolazioni più evolute che portarono tecniche più avanzate nella lavorazione della pietra e nell’ aggregamento sociale, dando luogo alla cultura levalloisiana che aveva i suoi centri maggiori nel sud, come raccontano i ritrovamenti nello Wadi Hadhramaut.

La preistoria dell’ Arabia ancora sfugge a chi cerca di ricostruirla frugando il deserto e le montagne che hanno rivelato strutture in pietra cerimoniali nella regione yemenita di Taizz, incisioni rupestri vicino a San’a e alcuni tumuli funerari nella zona di Sa’da, appartenenti alla mitica popolazione degli Aditi, secondo un’antica leggenda arabica. Le mura ciclopiche di Ghaiman nella regione di San’a escono dalla leggenda e si fanno datare molto precedenti alle più antiche costruzioni arabiche rimaste che risalgono al primo millennio a.C. In Arabia quell’ Età della Pietra, che la scienza definisce neolitico levaìloisiano, ebbe una lunghissima durata, quasi sicuramente fino al III millenio a.C.; successivamente popolazioni semitiche si insediarono nella parte più meridionale della penisola introducendovi l’ agricoltura e varie tecniche artigianali, tra le quali la ceramica decorata simile a quella della Mesopotamia, da dove sicuramente provenivano. Il resto si confonde tra le cronache degli storici antichi, dei racconti di mercanti e viaggiatori che per secoli hanno percorso la mitoca Via dell’ Incenso che da quei luoghi partiva per irradiarsi nel mondo conosciuto.

I regni dell’incenso

L’Arabia meridionale, assieme alla Somalia, è l’unica zona al mondo dove crescono la Balsamo dendron mvrrha e la boswella, piante particolarmente resinose ed aromatiche dalle quali si ricavano rispettivamente la mirra e l’incenso. Probabilmente la presenza di tali piante fu una delle cause dell’insediamento di queste popolazioni mesopotamiche, che ne intrapresero la coltivazione su vasta scala. La ragione di ciò è dovuta al fatto che, fin da quell’epoca, le grandi civiltà sviluppatesi in Asia Minore e sul Mediterraneo facevano un enorme consumo di aromi per usi cosmetici, medicinali e, soprattutto, funebri e cerimoniali, una grande richiesta crescente che aveva fatto raggiungere a questi prodotti dei prezzi elevatissimi sui mercati del mondo antico.

Questo secondo millennio a.C. coincise con un evento fondamentale nello sviluppo del traffico commerciale, costituito dall’addomesticamento del cammello per il trasporto, l’unico animale da soina che poteva consentire le lunghe traversate del deserto arabico; qui si aprì la grande rotta carovaniera dell’ incenso. Dall’oasi di Qarnaw si sviluppò il regno Mineo, da quella di Shabwa il regno dell’Hadhramaut, da Timna il Qataban e da Maryab, che non era una vera e propria oasi ma un centro urbano cresciuto attorno ad un ingegnoso sistema di irrigazione, si sviluppò fin dal X sec. a.C. lo stato Sabeo. Tutti gli stati sud arabici che nacquero e prosperarono sul commercio di incenso e mirra, erano costituiti da una popolazione dalle origini e cultura comuni, ma con specifiche differenziazioni locali.

La lingua apparteneva ad un sottogruppo semitico-meridionale e sviluppò un alfabeto ricco e originale caratterizzato da una particolare grafia simmetrica; di tale lingua sopravvive ancora oggi il dialetto mahari che è parlato nella regione omanita del Dhofar, mentre l’uso dell’alfabeto è estinto. Della antica lingua sud arabica sono state rinvenute numerosissime iscrizioni relative soprattutto a divinità, ma anche a personaggi importanti e sovrani, dalle quali si conoscono i regnanti che si sono succeduti dal X sec. a.C. al VI sec. d.C., mentre pochi frammenti danno notizie sulla vita e la storia dei vari stati lasciando spazio alla leggenda.

Le tribù che si organizzarono attorno alle oasi sulla via dell’incenso, originariamente possedevano una struttura clanica governata dai re-sacerdote mukkarib, successivamente sostituiti da sovrani veri e propri e da un’organizzazione sociale più articolata.

Tuttavia gran parte delle caratteristiche tribali e teocratiche furono conservate, corne la famiglia matriarcale e la poliandria ancora diffusa ai tempi di Strabone, il quale ci lascia anche la testimonianza di una antica usanza sopravvissuta che consisteva nel nominare successore al trono di un re appena incoronato, il primo tra i nati appartenenti alle famiglie del clan più importante; in presenza di nascite contemporanee, appositi funzionari controllavano il momento esatto dei parti e nominavano il successore che veniva portato a corte per ricevere l’educazione necessaria al suo futuro ruolo.

Appena incoronato, il re diventava ache il sommo sacerdote del tempio principale dove venivano adorate alcune divinità astrali, fra le quali le più importanti erano il dio-Luna e la dea-Sole; il tempio era il centro della vita religiosa, sociale ed economica dello Stato, e con il grande aumento della domanda di incenso, mirra e altri prodotti tipici, la potenza commerciale dei regni sud arabici crebbe notevolmente, il traffico carovaniero si intensificò moltissimo e fu accompagnato dalla scoperta delle rotte marine sfruttando i monsoni stagionali che permetteva di trasportare rapidamente le merci nel Golfo Persico e in Egitto attraverso il Mar Rosso.

L’ aumento del commercio portò in seguito ad una importazione di merci nuove, prodotti artigianali e artistici provenienti dalle maggiori civiltà del mondo antico, in modo particolare statue, bronzi, terracotte e vasi ellenistici e mediorientali. Sorsero vere e proprie città con grandi edifici in pietra decorati simili a quelli della Fenicia e Mesopotamia, centri minori con case in mattoni murati, palazzi, templi, mercati che accoglievano le merci più preziose.

Tuttavia la conversione più importante della ricchezza commerciale, oltre le grandi importazioni di beni di lusso, fu il perfezionamento delle grandi opere idriche e di irrigazione che, a loro volta, permettevano un aumento della produzione agricola destinata al fabbisogno interno e ad una maggiore esportazione. Le tecniche di irrigazione erano avanzate; quella più antica consisteva nella raccolta dell’acqua delle scarsissime piogge in grandi canali di terra dai quali defluiva nei campi, la più perfezionata si serviva di grandi dighe che sbarravano gli “wadi” asciutti facendoli così riempire ad ogni breve precipitazione.

Da questi bacini l’acqua defluiva attraverso canali in muratura e condotti che si ramificavano anche tra le coltivazioni più lontane. La più importante e perfezionata di queste dighe fu quella di Marib che poteva irrigare ben 1600 ettari di terreno in pieno deserto, uno dei simboli della potenza del regno Sabeo che acquisì l’egemonia su tutti gli altri. Il territorio del regno Sabeo, corrispondente a parte dell’attuale Yemen, era considerato il punto più meridionale del mondo antico e rappresentò a lungo il passaggio delle merci provenienti dalla vicina Africa e dal più lontano Oriente, una caratteristica geografica e commerciale che indusse i mediterranei a ritenerlo come produttore di tali merci; da qui la leggenda del ricchissimo paese che Strabone chiamò Arabia Felix.

La descrizione fatta dal grande storico greco, poi ripresa da Artemidoro di Efeso nel I sec. a.C., rappresentò a lungo il documento principale del regno Sabeo, fino alla moderna indagine storica e archeologica. L’interesse archeologico per l’antica Arabia Felix cominciò nel 1763 con la spedizione del danese Niebhur che tentò di copiare le iscrizioni rimaste dei regni sud-arabici, senza però riuscirci; per tutto il XIX sec. seguirono altri tentativi, ma senza risultati apprezzabili. I primi veri scavi furono effettuati solo nel 1927 da Von Vissman e Rathjens che portarono alla luce un tempio ad Haqqa vicino San’a; dieci anni più tardi la spedizione di Geltrude Canton Thompson scoprì le rovine di alcuni edifici, un tempio e opere di irrigazione nello wadi Hadhramaut. Dopo molti anni di inattività, nel 1950 fu ripresa la ricerca archeologico da Phillips e Albright nello wadi Beihan e, in seguito, da altri a Timna, dove fu scoperta una necropoli, e Hajar Bin Humed dove furono individuati ben venti livelli di insediamenti compresi tra il XII sec. a.C. e il 111 sec. d.C. La stessa missione archeologico statunitense fece poi il ritrovamento più importante nel deserto, dove sorgeva l’antica Marib, portando alla luce il tempio della leggendaria Maharam Bilquis, la “regina di Saba”.

 

©Paolo Del Papa.Estratto da: Vie della Soria. Vol.Asia.Via dell’ Incenso.

Collegamenti: Via dell’Incenso | Incense Route

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