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Mondo Maya

L’antico mondo dei Maya, la storia, cultura, mitologia, tradizioni ed arte che fondarono una tra le più raffinate civiltà precolombiane tra Messico, Guatemala, Honduras e Belize.

Dal fertile territorio meridionale del Messico attraverso le montagne e le foreste del vicino Guatemala per l’ interno del caraibico Belize fino a lambire le terre delle essenze e della giada a Copàn si stendeva il vasto mondo immerso nella natura, miti e tradizioni del popolo che fondò la grande civiltà dei Maya. La creazione e la memoria del Mondo Maya è narrata nel Popol Vuh, il Libro del Consiglio che ne conserva la storia: « Questa è la radice di una storia antica chiamata “Quiché”. Qui noi dobbiamo scrivere, noi dobbiamo piantare quest’antica storia, l’inizio della sua piantagione, la sua radice, è questo, tutto ciò che è fatto nella Cittadella Quiché, la nazione delle persone Quiché. Quindi noi dobbiamo raccogliere il suo essere manifestato, il suo essere dichiarato, il suo essere espresso così, Conoscenza della Semina, Conoscenza dell’Albeggiare, dell’Artefice e del Formatore; Alom e Caholom sono i loro nomi. »

Nella lunga cronologia delle civiltà precolombiane che si sono susseguite in Mesoamerica, anche quella dei Maya è stata in parte influenzata dalla più antica degli Olmechi fiorita dal XIII secolo a.C. nelle regioni centro meridionali del Messico, lasciandone i resti più grandiosi nel vasto sito di Tres Zapotes e il più antico e ricco nel territorio del Veraracruz a La Venta, ma più di altro ne è rimasta la memoria nelle colossali Teste olmeche dai volti enigmatici legate ai loro miti che si sono diffusi fino alle terre meridionali popolate da tribù di agricoltori.

Dopo la decadenza di quella civiltà nel tardo periodo preclassico della storia mesoamericana nella meridionale regione tra montagne e foreste fino alla costa caraibica sorsero i primi centri Maya nel III secolo a.C. come Izapa nel Chiapas messicano, più a sud nel territorio di El Slvador Tazumal a Chalchuapa, nella regione occidentale guatemalteca dell’ Escuintla El Baùl e nella centrale quella che divenne la grande Kaminaljuyu sulle vie dei commerci tra le pianure settentrionali e la costa meridionale.

Da qui vi fu un’ espansione nel bacino del Petèn dove sorsero altre città e il grande centro di El Mirador continuando nell’ intero territorio del Guatemala e nelle regioni più meridionali del Messico edificando città e centri cerimoniali che anche qui hanno lasciato grandiosi resti.

Nella storia Maya Il successivo periodo che iniziò nel III secolo d.c. si definisce classico e ne rappresenta l’ apogeo durato per i successivi sei secoli con il fiorire dell’ agricoltura e i commerci di giada, ossidiana, selce, ceramica, tessuti e piume preziose. In questo lungo periodo di splendore vennero estesi i domini, sorsero altri centri e città Maya mentre venivano arricchiti i precendenti con una più ampia e complessa organizzazione sociale diretta dal Signore Divino k’uhul ajaw che era il sovrano con la sua corte che nelle iscrizioni e decorazioni indicato con il glifo Ajaw, supremo detentore del potere e fulcro della religione Maya assistito dalla potente casta sacerdotale.

In tutte le città, oltre ai quartieri residenziali sorsero imponenti centri cerimoniali con palazzi, templi e piramidi sacre finemente decorati, altari sacrificali e steli celebrative con iscrizioni glifiche che raggiunsero i più elevati livelli della raffinata architettura Maya in una varietà di stili propri di ciascuna i città stato autonoma che dominava il suo definito territorio.

Nelle regioni meridionali del Messico tra gli altri centri e città fiorirono la grande Palenque nel Chiapas dove sorse anche la città delle Mura Dipinte di Bonampak, nella costa del Quintana Roo splendidamente affacciata sul mar caraibico Tulum, le grandi città e centri tra le foreste dello Yucatan come Uxmal dalla raffinata architettura cerimoniale e la più grande e ricca Chichèn Itzà che fiorì per secoli.

Nella regione guatemalteca settentrionale del Petèn in questo periodo alla fine del III secolo d.C. sorse la potente Tikal dove tra quartieri, palazzi, templi e centri cerimoniali si si ergevano imponenti piramidi, come altre città Maya dell’ epoca commerciava con la lontana Teoihuacan messicana che dominava gran parte del settentrione mesoamericano e da essa fu in parte influenzata nell’ iconografia artistica e l’ uso delle armi.

Nel successivo periodo tardo classico mentre decadeva la cultura di Teotihuacan quella Maya continuò a fiorire raggiungendo anche ancor più elevati livelli architettonici ed artistici a Palenque nella regione messicana meridionale del Chiapas, la vicina Yaxchilàn con palazzi ed edifici sacri sempre più imponenti e finemente decorati, nello stessa zona e la Città dai muri dipinti Bonampak che ha lasciato magnifici affreschi tra i suoi resti nella foresta e poco oltre il territorio guatemalteco in Honduras Copàn.

Testimonianza di una società ove i sovrani assieme ai sacerdoti erano supremi custodi delle cerimonie, le ritualità sacrificali e dinastici, oltre condottiero nelle guerre di espansione e in loro onore vennero edificati elaborati sepolcri e piramidi da quell’ epoca considerati tramite tra le divinità e l’umanità. Alla fine dell’ VIII secolo tra conflitti e catastrofi naturali iniziò la decadenza del periodo postclassico con i progressivo abbandono di molti centri dovuto all’ agricoltura intensiva, deforestazione, mutamenti climatici e conflitti tra aristocrazia e popolazione, mentre decadeva l’ autorità regale.

Dopo appena un secolo inizò un vero collasso Maya in tutti i suoi territori e fino al XVI secolo all’abbandono delle antiche città si aggiunsero le invasioni di popolazioni Nahua messicane, intanto nel X secolo i Toltechi scesi dal nord estesero il loro dominio sullo Yucatán durata due secoli, mentre dopo la presa dell’ antica Chichén Itzá vi iniziarono la definita cultura maya tolteca sopravvissuta fino all’ arrivo degli spagnoli e la loro devastante conquista del Messico .

La popolazione Maya dei K’iche’ nel territorio centrale guatemalteco fondarono il il regno di Q’umarkaj nel XII secolo anch’ esso sopravvissuto fino all’arrivo dei conquistadores spagnoli guidati da Pedro Alvarado che lo travolsero nel 1524. Da essi discendono gli indios Quichè, gli Uomini di Mais dei monti guatemaltechi assieme al popolo Itza, ma gli unici che hanno conservato intatta la stirpe degli antichi Maya sono gli indigeni Lacandones sopravvissuti isolati per secoli nella foresta più profonda attraversata dal rio Usumacinta.

Miti e religione

I Maya concepivano l’universo come tredici regni celesti e nove sotterranei, tra essi la terra come piatta e quadrangolare percorsa dall’asse solare e al centro il sacro albero di Ceiba che aveva le sue radici nei mondi sotterranei e il tronco con le fronde in quelli celesti ove stavano le Divinità Maya principali, mentre altre quattro della terra e dell’ acqua Bacab sostenevano il firmamento.

Verso i colorati punti cardinali del bianco nord, il giallo sud, il rosso est e il nero lovest, gli anziani e barbuti dei Mam che sostenevano il cielo anche associati agli antenati e simili all’ aspetto di vecchio saggio del Dio L, come è stato chiamato dalla classificazione dei codici.

La terra poggiava sulla schiena di un mitico alligatore dalle immense proporzioni e un gigantesco serpente a due teste conteneva il cielo e le stelle, parte di un universo ove il mondo era tutt’ uno con lo spazio e il tempo, popolato dai molti Dei Maya di varie entità e un’ infinità di esseri sovranaturali benefici e malvagi identificati con le forze della natura.

Il dio Hunab Ku era considerato il supremo creatore delle entità sovranaturali e le altre Divinità Maya, rappresentava l’equilibrio di tutte le forze e la perfezione della coscienza universale pura essenza priva di forma poteva essere raffigurato solo con il suo simbolo spesso associato con il figlio divino Itzamnà e il potente dio delle tempeste che dominava il vento Huracan.

Come essenza universale il supremo dio creatore Hunab Ku non aveva un ruolo nella vita divina e mortale degli esseri generati, mentre il figlio celeste Itzamna era considerato la divinità che regnava sugli dei, entità, demoni e spiriti del vasto pantheon Maya e la loro influenza sull’ umanità, raffigurato come un anziano dal volto smunto e la bocca sdentata con un glifo che lo nomina ed un altro del segno del giorno Ahau che ne indica la regalità.

Veniva invocato contro le calamità nelle grandi cerimonie e nel mese di Uo si dedicava vano a lui i riti per trarne i presagi sull’anno nuovo in quello di Zip, assieme alla consorte Ixchel dea della medicina, veniva invocato per curare le infermità e nel mese di Mac era venerato dagli anziani.

Come in tutte le civiltà mesoamericane aleggiava il mito del leggendario Serpente piumato che per tutte era la divinità protettrice della collettività e dei sacerdoti Quetzalcōātl, chiamato e venerato tra i Maya come il potente, inflessibile ed invincibile dio Kukulkan.

Cavalca i venti dall’ aspetto magnifico e terribile con la duplice essenza benefica e devastatrice, era dio della guerra, la morte e la rinascita, colui che portò al mondo i quattro elementi, ma di essi controlla solo il vento ed è la fonte dell’ aria che permette la vita, introdusse il calendario che misura il tempo verso un futuro remoto che terminerà con immani catastrofi.

Conosciuto con vari nomi capace di assumere aspetto umano e animale feroce, venerato e temuto nei templi e piramidi ove è raffigurato come serpente e dove si celebravano i sacrifici per invocarlo ed appagarne la sete di sangue, ma per lui quello mortale era debole e per il suo appagamento finale sarà richiesto il sangue divino.

Molto rappresentato e venerato anche il benefico dio della pioggia Chaac dall’ aspetto mostruoso con zanne, occhi a spirale e lungo naso ricurvo, a volte raffigurato con una torcia che simboleggia la siccità o con un’ascia che rappresenta il fulmine, contro le carestie nelle cerimonie oltre alle offerte si praticavano sacrifici umani.

Le raffigurazioni con maschere di Chaac si trovano scolpite sui templi, i palazzi e nelle piramidi dei centri cerimoniali che emergono dalla foresta per celebrarne gli iflussi benefici sui raccolti, mentre poteva essere disastrosa l’ opera di quello delle tempeste Yopaat, così come quella del suo simile simile al dio fulmini, temporali e serpenti, K’awiil. Associato a Hunab Ku era il dio Q’uq’umatz chiamato anche Gukumatz considerato un creatore dell’ umanità, a volte identificato anche con Tohil che era un’altra divinità solare benefica. Potente e benefico era il venerato dio del Sole Kinich Ahau dall’antico culto che è rimasto tra i discendenti indigeni Lacandon nelle foreste attraversate dal rio Usmacinta.

Dopo la creazione della terra e l’ umanità a popolarla, nella religione Maya tra tutte le divinità e gli esseri del vastissimo e numeroso pantheon dalle origini celesti, ebbero il rango di personaggi mitici divinizzati Hunahpu e il suo leggendario fratello Xbalanque, celebrati antenati della stirpe regnante dei Maya e venerati come gli impavidi e benefici Eroi Gemelli che portarono ordine nel caos del mondo sconfiggendo le forze malefiche per armonizzare l’ universo divino ed umano. Tra gli dei del mais, dell’ agricoltura e la fertilità dei campi coltivati si trova Ah Mun o Yum K’aax, della guerra, il fuoco e la notte erano protettori i vari dei Giaguari anch’ essi raffigurati nei tempi e gli affreschi.

Il Signore delle Foreste Yum Kaax era i dio della jungla e ne custodiva i suoi animali, rappresentate in molti fregi e dipinti altre due divinità dai nomi andati perduti che sono state chiamate delle Scimmie Urlatrici protettrici delle arti, la musica e gli artigiani.

Tra le tante divinità femminili, non essendo noto il nome dall’ interpretazione dei codici è stata chiamata Dea I la protettrice della donna fertile che presiede all’erotismo, la procreazione e il matrimonio, associata alla terrestre dea della luna dalle stesse influenze sulle donne oltre che a proteggere la fertilità della terra, spesso associata alla dea delle nascite Ixchel raffigurata anche come giaguaro simbolo di guerriera dalla bocca spalancata che, nelle rappresentazioni Maya, a volte indica il cannibalismo rituale.

Altra divinità lunare era Auilix nota come la regina della notte, probabile dea della caccia originariamente era Ixtab, nelle interpretazioni è divenuta la singolare dea del suicidio, protettrice della caccia era ritenuta anche Xtabay poi associata anche ad una divinità demoniaca che seduce e uccide. Vi erano poi i terrificanti dei della morte Hunhau e Uacmitun Ahau, associati al potente dio Ah Puch, implacabili e temuti erano i signori degli inferi, del mondo sotterraneo chiamato Metal o Xibalba, abitato dagli spettri e spiriti malvagi wayob che potevano trasformarsi in giaguari e predatori sulla terra.

Da quelle terrificanti oscurità dello Xibalba scaturivano i demoni che portavano sofferenza, malattia, fame, paura, dolore e morte come Xiquiripat e Cuchumaquic che infettavano il sangue, Ahalpuh e Ahalgana facevano gonfiare i corpi, Chamiabac e Chamiaholom li trasformavano in scheletri, Ahalmez e Ahaltocob si nascondevano nelle case per uccidere gli abitanti, Xic e Patan che provocavano tosse e infermità mortali.

Al disopra stavano i signori degli inferi e nemici dell’umanità come la divinità demoniaca Vucub Caquix dall’aspetto di uccello rapace che ghermiva le anime, padre dell’ altro demone Zipacna che affliggeva la terra e l’ umanità, il fratello Cabrakan provocatore di terremoti e la demone insanguinata Xquic. Su tutti gli spaventosi esseri demoniaci regnava il terrificante dio Ah Puch raffigurato dal corpo scarnificato e in putrefazione, spesso associato al terribile e temuto Buluc Chabtan divinità della guerra e del sacrificio umano ove compare come Yum Cimil, che ancora i discendenti credono aggirarsi nei villaggi tra gli infermi per portarli via.

Religione dei Maya

La religione Maya era intimamente legata alla loro variegata Mitologia di divinità, esseri sovrannaturali, demoni, spiriti ed eroi mitici dalla vasta simbologia dedotta dai resti di città, templi a dagli antichi testi come il Libro del Consiglio che per i Maya era il Popol Vuh .

Racconta i miti della creazione del mondo, le vicende delle divinità gemelle e della creazione dell’ uomo Una pallina di acqua e mais modellata dagli dei, seguendone la storia dalle origini ai contatti con altri popoli mesoamericani, ancora sacro ai loro discendenti Quichè che popolano i villaggi tra i monti del Guatemala.

Gi altri testi sacri erano contenuti nei novei libri del Chilam Balam che oltre ai miti della creazione raccontano le tradizioni, la storia e le profezie nei libri Chumayel, Tizimin e Tusik, mentre quelli Kaua, Chan Kan, Nha, Tekax, Mani e Ixil ne descrivono la cultura con testi di astronomia, astrologia e medicina tradizionale.

Parte della conoscenza e la comprensione sulla complessa religione di quel popolo si deve anche ai testi di Chacxulubchen che descrivevano miti, divinità e riti ove si manifestava la voltontà divina interpretata dalla potente casta dei sacerdoti Maya capaci di cogliere le energie divine che dovevano essere però alimentate dalle azioni degli umani.

Erano anche depositari del sapere e dell’ astronomia esercitata dagli osservatori sorti nei centri cerimoniali seguendo le leggi dei movimenti astrali, misuravano il tempo con tre sistemi che calcolavano le osservazioni cicliche delle fasi lunari, gli equinozi e i solstizi, i passaggi zenitali del sole, la posizione degli astri e gli avventi delle delle eclissi.

I sacerdoti Chilan e Ah Kin eseguivano rituali, pratiche divinatorie e sciamaniche per soddisfare gli dei e garantire un ordine al mondo, alcuni celebravano matrimoni, battesimi e altri riti sociali legati ai cicli dell’anno, altri erano rituali dedicati a luoghi ed eventi, alcuni in occasione di quelli che prevedevano il pellegrinaggio Maya per venerare le divinità con i riti nei luoghi considerati sacri. Nelle cerimonie veniva consumata una varietà di droghe e bevande alcoliche per la pratica della divinazione che consentiva la comunicazione con le forze soprannaturali che permettevano di vedere nel futuro, interpretare le ragioni di malattia, disgrazia, condizioni meteorologiche avverse ed altri eventi.

Il sacrificio era condizione essenziale nel rapporto con le divinità che pretendevano offerte, l’ uccisione di animali o salassi di sangue rituali, ma in quelli delle cerimonie solenni era praticato il sacrificio umano. Con un coltello di ossidiana si estraeva il cuore da offrire agli dei ancora pulsante, ma era molto più comune decapitare o sventrare le vittime sacrificali, oppure legarli e spingerli giù per le scale dei loro templi.

Nel sacrificio Maya, oltre ai vari metodi i prigionieri di guerra venivano sacrificati con la decapitazione dopo essere stati sconfitti nel sacro e violento gioco a palla diffuso in tutte le culture mesoamericane.

Cultura e arte Maya

Se tutto era legato alla religione e mitologia, nella complessa Società Maya era dato grande spazio all’ osservazione degli eventi naturali in cielo e in terra, i calcoli per misurarli, la scrittura per descriverli e l’ arte per rappresentarli che ne hanno fatto una delle più raffinate civiltà precolombiane.

La numerazione maya si basava solo su tre simboli, lo zero rappresentato da una conchiglia stilizzata, il mumero uno da un punto e il cinque da una barretta con un sistema vigesimale basato sul venti anzichè decimale, scrivendo i numeri verticalmente, fondato sull’ astratto e fondamentale principio dello zero che dall’ altra parte del mondo era stato elaborato dai Babilonesi.

Il sistema di numerazione matematica Maya vigesimale era alla base del loro sacro Calendario della Coscienza creativa detto Tzolkin, fondamentale nel mondo Maya era un complesso calendario che nel conteggio dei giorni permetteva di trovare il proprio essere e armonizzarlo nel mondo realizzando la sua potenzialità del passato, il presente e il futuro anche attraverso l’ elaborato oroscopo che interpretava l’ influsso degli astri.

Il sacro Tzolkin esoterico dai venti glifi detto delle 13 Lune era la misurazione dalla Terra a Venere, di duecentosessanta giorni o energie che derivano dal moltiplicare i venti giorni del mese maya per i tredici della la settimana. I primi venti realizzati dalla convergenza delle dieci correnti energetiche cosmiche e delle dieci della terra, gli altri tredici delle principali caratteristiche umane.

Il numero venti si chiama Winak che significa persona umana ed il mese Winal è relativo alle venti dita, dieci delle mani collegate al cosmo e e dieci dei piedi alla terra, ai venti giorni delle energie si antepongono numeri dall’ uno al tredici per ottenere l’unità del calendario di duecentosessanta giorni che si ripete all’ infinito, ma essendo un calendario dimensionale energetico la misurazione non includeva le posizioni del sole, luna o le stelle. La complessità e la definizione del particolare Calendario Maya era legata all’ attenta osservazione astronomica, il susseguirsi delle stagioni, soltizie ed equinozi, fasi solari e lunari, ispirando gli studi e le risposte dell’ Astrologia con l’ altrettanto per loro fondamentale oroscopo.

Sono sopravvissute ventuno lingue Maya discendenti dall’ antico idioma di quella civiltà che ha saputo tradurlo nel complicato insieme di segni ideografici ove ogni carattere rappresentava un’idea astratta, concetto e suono base di quei geroglifici simbolici e pittografici, ma non sillabici pur possedendo una loro fonetica.

Essi erano ritenuti un sacro dono divino riservato ai sacerdoti e i pochi eletti che avevano il potere di mediazione tra le divinità e la popolazione, unici depositari e gelosi custodi della scrittura Maya con gli ideogrammi che avevano pertanto anche un significato religioso, raffigurati in simboli come Glifi dalla forma squadrata, su una colonna doppia per essere letti leggere da sinistra a destra e dall’alto in basso.

Tra i resti di gran parte dei siti Maya si trovano brevi iscrizioni celebrative incise o dipinte su mura, lastre e steli su eventi delle dinastie regnanti o di funzionari, oltre che poche note su di vasi funerari dipinti, mentre molto più ampie e dettagliate erano le storie e attente descrizioni e nei vari ed elaborati Codici Maya che contenevano la sapienza di quella civiltà dalla storia alla religione e mitologia dalle varie ritualità e cerimonie, pratiche divinatorie, astrologia ed eventi legati al calendario, trattati di astronomia, medicina, agricoltura e quanto la loro cultura aveva prodotto, distrutti dopo l’ arrivo degli spagnoli e in gran parte messi al rogo da uno dei primi stolti vescovi nel Nuovo Mondo Diego de Landa che, dopo averli attentamente studiati, nella follia inquisitoria li considerò come testi diabolici.

Ne rimangono il Codex Dresdensis redatto nell’ XI secolo che descrive osservazioni astronomici ed eventi come eclissi e la rivoluzione sinodica di Venere oltre a cerimonie, riti religiosi e pratiche divinatorie, il Codex Tro-Cortesianus o Codice di Madrid del XV secolo che è in gran parte un compendio sulle regole della divinazione per i sacerdoti indovini e la ritualità legata al calendario. Il Codex Peresianus conservato nella Bibliothèque nationale de France a Parigi noto anche come Codex Pèrez redatto probabilmente nel XII secolo in ventidue pagine che narra di divinità, eventi, cerimonie e ritualità dei tredici cicli di venti anni Katun, infine il Codex Sàenz conservato nella sezione archeologica del Museo Nacional a Città del Messico, noto anche come Codice Grolier, è l’ unico ad essere rimasto nella terra dove è stato concepito e scritto.

Fin dall’inizio della sua civiltà l’ arte Maya si espresse con gli abiti cerimoniali di sovrani, sacerdoti e dignitari in sgargianti tessuti lavorati, intrecci vegetali, copricapo, pelli di giaguaro, decorati da preziose piume, ornati da pettorali, bracciali e gioielli, spesso raffigurati nelle sculture, fregi e dipinti.

La raffinata scultura Maya nelle statue e i rilievi che decoravano colonne, palazzi e templi con lastre di pietra dai motivi mitologici e religiosi, figure zoomorfe e ambienti naturali spesso policromi con segni ornamentali calligrafici ed iscrizioni,magnificamente realizzati nelle suggestive steli commemorative.

Preziose maschere in ceramica decorate e in mosaico di giada che raffigurano divinità ed altre utilizzate come maschere funerarie di dignitari rivenute nei sepolcri assieme a collane, orecchini, braccialetti, ceramiche e altri oggetti per l’ oltretomba.

Di grande pregio le opere intagliate in pietre semipreziose, giada e ossidiana, come le statuette di figure umane, le collane, i gioielli e i corredi funebri nei sepolcri regali e dei dignitari. Tra le più suggestive creazioni dell’ arte Maya, oltre la raffinata decorazione della ceramica la pittura nel periodo classico raggiunse elevati livelli nella raffigurazione naturalistica in armonia con quella convenzionale della tradizione riuscendo a creare un’ illusione spaziale anche non conoscendo la prospettiva con l’ uso di registri orizzontali diversi ove distribuire i motivi accostandone i colori.

Tra tutte le splendide Pitture Murali che affrescano magnificamente il Templo de las Pinturas nel suggestivo sito di Bonampak raffiguranti eventi bellici dell’ VIII secolo d.C. in tre stanze con le scene delle cerimonie propiziatorie, la battaglia e il finale scacrificio.

Tutto era contenuto nella sontuosa architettura monumentale della grande e suggestiva urbanistica Maya con edifici, palazzi, templi, piramidi e i grandi centri cerimoniali costruiti con blocchi di pietra squadrati, rivestiti da lastre granitiche o calcaree, all’ interno sostenuti spesso da false volte che univano le mura nella parte superiore con il progressivo avvicinamento dei blocchi di pietra.

All’ esterno e all’ interno gli edifici erano decorati da rilievi e sculture, pareti e pavimenti con stucchi anch’ essi decorativi e spesso dipinti. Vi fu una varietà di stili nei siti dei territori meridionali del Messico a volte distinti da quelli guatemaltechi settentrionali del Petèn, ma in tutti si realizzavano le grandi creazioni cerimoniali, sociali, culturali ed artistiche della città Maya.

Già in gran parte perse e cadute nell’ oblio quando la storia travolse le civiltà successive nella sanguinaria conquista spagnola del Messico, ne rimaneva memoria tra i discendenti e nella sopravvissuta Chichèn Itzà quando anch’ essa fu presa per poi essere dimenticata come il resto del Mondo Maya.

Dall’ ultimo dei libri Chilam Balam vennero le cronache del Chilam Balam de Chumayel e ne furono tratti i corridos con sommessi canti della fine tratti dopo la distruzione dell’ antica Chichén-Itzá qundo giunsero i conquistadores “..Insegnarono la paura, fecero appassire i fiori, rubarono fino a uccidere l’altrui fiore perché vivesse il loro.Uccisero il fiore di Nacxitl.Non c’erano più sacerdoti che ci insegnassero.E così s’installò l’altro tempo, cominciò a dominare e fu la causa della nostra morte.Senza sacerdoti, senza sapienza, senza coraggioe senza vergogna, tutti uguali.I Conquistadores eran venuti solo per castrare il sole!E i figli dei loro figli sono rimasti fra noi,che solo ne abbiamo avuto amarezza.”

 
 

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