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Mekong

Lungo il Mekong tra popoli e civiltà indocinesi

Il Mekong nasce in qualche angolo sperduto dell’Himalaya tibetano come Lants’ang e scende attraverso la regione cinese dello Yunnan per poi seguire il confine della Birmania e la Thailandia orientale,iniziando poi il suo corso in Indocina attraverso il Laos e la Cambogia,aprendosi nel suo grande delta di My To sul Mar Cinese Meridionale in Vietnam dopo aver percorso quattromila cinquecento chilometri tra montagne, foreste, gole, pianure, risaie, villaggi, città e grandiose rovine di civiltà delle quali è stato la culla.

Le vie delle prime spedizioni

Nel 1866 la Francia iniziò il suo dominio coloniale sull’Indocina,attraversata da quel fiume che costituiva una formidabile via commerciale con la Cina,il giovane Joseph Garnier presentò un progetto per rilevarne il corso e fu incaricato di affiancare l’esperto capitano di marina Doudart de Lagrée per una spedizione che partì dal delta di My Tho a Saigon su un battello a vapore.Risalì il corso più ampio del fiume agevolmente fino a dove si apre nel Grande Lago Tonle Sap invadendo la foresta,uno spettacolo grandioso,ma dalle condizioni climatiche terribili che rendono le palude insalubri che la spedizione attraversò per mesi.Il Mekong poi torna nel suo letto scorrendo da nord e la spedizionec ontinuò la risalita sulle barche indigene fino alle insormontabili cascate di Khone che i francesi superarono tirando le barche nella jungla per una quindicina di chilometri cercando un punto dove ricominciare la lenta risalita oltre il confine della Cambogia con il Laos.Proseguendo nel territorio laotiano nella calura insalubre delle piogge monsoniche,il capitano Lagrèe fu stroncato dalle febbri e Garnier prese il comando effettivo della spedizione,ma anche lui fu sconvolto da febbri deliranti che lo stavano conducendo alla pazzia fino a tentare di suicidarsi in quel fiume ormai maledetto dagli uomini.Ristabilitosi riuscì a condurre la spedizione fuori da quell’inferno tropicale e raggiungere Vientiane,dove il Mekong scorre da nord in un letto più stretto,costringendo la risalita su piroghe indigene fino all’antica capitale del Laos Luang Prabang,da dove la risalita divenne più penosa per affrontare le violente rapide che diventano insuperabili.Nella grande ansa tra Vientiane e Luang Prabang si stende l’enigmatica Piana delle Giare,dove un’antica civiltà laotiana lasciò centinaia di enormi giare affondate nel terreno,popolata dalle tribù di montagna Moi che al passaggio della spedizione avevano incendiato grandi zone della foresta per ricavare il terreno da coltivare e i francesi continuarono in un ambiente infernale tra le violente rapide e il fumo che si addensava dalle fiamme.Garnier cercò passaggi lungo le sponde per tirare le imbarcazioni e procedere a piedi nella foresta proseguendo poi nella jungla inesplorata oltre il confine tra il Laos,dove il Mekong scorre ancora più stretto e turbinoso attraverso una stretta gola di centocinquanta chilometri.La spedizione lasciò il fiume proseguì faticosamente tra le montagne fino al confine con lo Yunnan cinese,marciando in quei territori sconosciuti fino a Kunming,mentre in Cina era scoppiata una guerra civile e Garnier ottenne dei salvaondotti per procedere nel territorio controllato dai rivoltosi e raggiungere nuovamente il Mekong per continuare la sua risalita.Aveva percorso migliaia di chilometri da Phnom Penh attraverso zone inesplorate della Cambogia,Laos e Yunnan seguendo tenacemente il Mekong che si era rivelato impossibile da navigare,come voleva dimostrare,ma proseguì raggiungendo il centro dei ribelli a Tali nel cuore dello Yunnan.Sospettati di essere spie eruropee dei governativi cinesi,ai francesi fu impedito di continuare per raggiungere nuovamente il corso del Mekong e Garnier decise di procedere ad est lungo il fiume Yangtze che seguì fino al delta a Shanghai,dove giunse nel 1868 ad oltre due anni dalla partenza di un impresa memorabile nei bacini del Mekong e lo Yangtze.

Seguendo il Mekong

Scendendo dalle sue misteriose sorgenti tibetane il piccolo e vorticoso Lants’ang si insinua tra le valli dello Yunnan e si chiama Lancanjiang,alla sua destra scorre il Nujiang che in Birmania diventa Salween e si unisce all’Irrawady che fu culla della civiltà della Terra d’Oro Suvarnabhumi,alla sinistra lo Jinshajiang che piega ad est con una stretta ansa e diventa il maestoso Yangtze nel cui bacino sorse la grande civiltà cinese.A valle del massiccio di Changshan il Lacanjiang scorre a sud sfiorando altri monti dai quali nasce il Fiume Rosso Honghe che ha visto sorgere la civiltà vietnamita sulle sue sponde,condividendola con il Mekong.Nel territorio dello Yunnan,che accoglie i corsi iniziali dei grandi fiumi lungo i quali fiorirono le civiltà dell’Asia orientale,il Mekong procede tra i monti meridionali per il leggendario Triangolo d’Oro.La regione incuneata tra le montagne dello Yunnan meridionale, la Thailandia del nord, la Birmania e il Laos è chiamata da sempre Triangolo d’Oro, ma il suo tesoro non è il prezioso metallo o altre ricchezze minerarie, è una semplice pianta nota come papaver somniferum dalla quale di ricava l’oppio,secolare coltivazione delle tribù isolate che popolano la zona,le Tribù dell’Oppio.Gli antenati di razza Thai fin dal mesolitico cominciarono a lasciare il bacino dello Yangtze spinti dai più evoluti e potenti cinesi Han che vi fondavano la loro millenaria civiltà,giungendo tra queste montagne dove sparsero i loro villaggi tra le valli rimanendo isolati per secoli e dividendosi in vari gruppi.Dell’antica migrazione il milione e mezzo del popolo Karen è il più numeroso,le tribù sono divise in Rossi e Bianchi per le caratteristiche fisiche e per i colori dell’abbigliamento che hanno grande importanza simbolica,intrisa di magia e miti che si perdono nella storia dell’Indocina.I Karen Rossi sono più alti e scuri,dai lineamenti mongolici meno marcati dei loro parenti,gli uomini sfoggiano sul corpo vistosi tatuaggi dalle complicate simbologie magiche e le donne indossano elaborati copricapi e si decorano con gran quantità di monili che un tempo denotavano la dignità del clan.I Bianchi si dividono nelle due grandi tribù Sgaw e Pwa,concentrate in oltre quattrocento villaggi tra la Birmania e la Thailandia,sono più bassi,dalla pelle gialla e i volti che ricordano di più le antiche origini mongoliche e dai comuni discendono anche gli ultimi seicento Uomini della Montagna che sopravvivono isolati di caccia e agricoltura primitiva nell’impenetrabile jungla della regione di Mae Hongson.I Karen per secoli hanno resistito alle potenti popolazioni birmane Mon e Shan rifugiandosi nelle zone meno accessibili con i villaggi in posizione difensiva dominante le vallate.Le grandi capanne di bambù accolgono ognuna decine di famiglie dello stesso clan,alloggiate in stanze separate che affacciano su un lungo corridoio interno e gli scapoli abitano separati nella casa comune blaw.Anticamente i villaggi venivano abbandonati dopo alcuni anni quando si esaurivano i terreni agricoli e le risaie,poi un qualche antenato guidato dagli spiriti apprese l’arte dell’irrigazione e la coltivazione a rotazione che non inaridivano mai le terre,imparando anche a coltivare quel papavero che produce l’oppio il cui consumo è entrato nella tradizione Karen e di tutte le altre popolazioni dallo Yunnan al Laos.La pacifica tradizione tribale si trasformò in ricchezza e maledizione per le tribù del Triangolo d’Oro quando i cinesi e poi i bianchi cominciarono ad apprezzare i sogni che producono i batuffoli di fumo aspirati dalle grandi pipe di bambù,la richiesta divenne enorme e i campi strappati alla foresta si riempirono di papaveri.I contatti e gli scambi con i Thai del Siam,i Mon e Shan birmani e i cinesi portarono il buddismo che le ribù di montagna hanno integrato all’antico animismo e il misteroso mondo degli spiriti con i quali la comunità entra in contatto con cerimonie esoteriche e sacrifici propiziatori di animali celebrate dagli sciamani pagho.L’altro grande gruppo tribale della regione è quello dei seicentomila Meo,la cui mitologia trova gli antenati in Fu Hsi e Nuwa,fratello e sorella unici sopravvissuti al Grande Diluvio,la cui unione incestuosa generò la stirpe delle tribù che poi popolarono le montagne tra lo Yunnan e il Laos,protagoniste di fiere rivolte contro i cinesi alimentate dal mito messianico dell’avvento di un sovrano divino per guidarli nella vittoria su ogni nemico.L’ultima grande sollevazione dei Meo fu quella del secolo scorso contro l’impero Manciù che fu travolta dall’esercito cinese costringendoli ad una migrazione verso le vallate indocinesi dove si isolarono irriducibili ad ogni tentaivo di sopraffazione.Lasciato loYunnan,dove rimasero i parenti Miao,le fiere tribù Meo si stabilirono nelle regioni montuose tra la Birmania e il Vietnam in villaggi isolati dedicandosi alla coltivazione del papavero da oppio affidata alle donne fino al momento del raccolto,poi sono gli uomini a provvedere all’estrazione di quella sostanza che verrà modificata più volte,fino alla sua trasformazione nell’essenza di degradazione,devastazione e morte.Campi e villaggi sorgono in posizione nascosta e difendibile,le capanne prive di finestre ospitano più famiglie imparenate,ognuna delle quali con le proprie divinità protettrici del focolare,del giaciglio,del pilastro centrale e di ogni spazio e oggetto dell’abitazione.Le altre divinità sono di origine cinese taoista,come l’Imperatore di Giada che protegge la salute e il Quarto Mandarino la ricchezza,tra i discendenti dei mitologici Figli del Diluvio le antiche tradizioni animistiche si sono amalgamate al taoismo cinese e il buddismo Thai in un complicato mondo spirituale che solo lo sciamano sa interpretare.Nello stato di trance egli riesce a superare il confine del mondo sovrannaturale e cercare le anime che vi si sono perse,ha il dono di curare le malattie e scacciare gli spiriti maligni con le antiche formule magiche taoiste kaeu kong.Per i Meo e altre tribù del Triangolo d’Oro e il bacino del Mekong dalle stesse origini,ogni individuo possiede tre anime e alla morte una si reca nell’aldilà,un’altra resta nel sepolcro e la terra si reincarna in un altro essere vivente.Mentre avviene tutto ciò il defunto viene tenuto in casa per un mese vegliato dai parenti e visitato dai parenti della Grande Famiglia clanica negli antihi costumi tradizionali,sacrificando animali al suono degli strumenti sacri kreng,solo al termine di questo lungo periodo lo sciamano celebra il suo rito con un canto ch spiega al defunto le origini dell’universo,della vita e della morte,aiutando l’Anima della reincarnazione a raggiungere il Villaggio Celeste degli antenati.Poi la salma viene inumata in una fossa circondata da pietre e accompagnata da cibi e bevande che serviranno all’Anima del Sepolcro,costretta a vagare èper tre anni tra i vivi.All’epoca dell’imperatore Kao Ksin che regnò sulla Cina nel duemila trecento avanti Cristo,una cronaca racconta che i sudditi erano terrorizzati dalle sanguinose scorrerie della tribù Chuang Jong guidata dallo spietato condottiero Wou e l’imperatore promise la mano della figlia a colui che avesse liberato il regno dal flagello.Si presentò il mostruoso cane multicolore Pan Hou che uccise Wou e ne portò la testa a corte reclamando il suo compenso,con riluttanza Kao Ksin concesse la figlia a quell’essere dall’aspetto ripugnante e i due si unirono tra le montagne gnerando sei figli maschi e sei femmine,capostipiti dei dodici clan Yao.Essi si moltiplicarono e le tribù vissero a lungo nel cuore della Cina sullo Yangtze,poi cominciarono a migrare nello Yunnan e in Indocina restando sempre isolate tra le montagne più impervie,poi cominciarono a coltivare oppio che commerciavano con le altre popolazioni,ma evitando sempre ogni influenza sulle antiche tradizioni.Esse si fondano su un lungo ciclo iniziatico per accedere gradualmente ai vari stadi della gerarchia sociale e religiosa che domina la società Yao,dal sedicesimo anno di età ognuno riceve il suo nome religioso,adoperato in tutte le successive cerimonie iniziatiche,durante le quali riceve i segreti delle pratiche esorcistiche e divinatorie,assieme al sigillo personale con cui contrassegnare i messaggi da inviare alle divinità una volta salito al rango di sacerdote.Se non fosse per questa radicata tradizione religiosa,gli Yao sarebbero simili a tutte le altre tribù indocinesi nei villaggi,i cicli agricoli e i ritmi di un’esistenza che continua da secoli tra le montagne,dallo Yunnan alla Thailandia e dalla Birmania al Laos,se non si è attenti alle tradizioni e i cerimoniali,solo i costumi molto diversi tra i vari gruppi fanno capire di trovarsi tra tribù diverse,anche se dalle stesse antiche origini.Ormai le pololazioni tribali indocinesi sono tutte sedentarie,ma ncora molti dei centomila Akka,seminati con i loro villaggi nelle foreste tra la Thailandia,Birmania e Laos,continuano a spostarsi costruendo capanne di bambù tra i campi di papavero che abbandonano dopo ver sfruttato completamente il terreno per trasferirsi altrove e ricominciare il loro ciclo cacciando,coltivando,allevando maiali e producendo raffinati tessuti.L’abbigliamento e le decorazioni per gli Akka evidenziano il prestigio personale e hanno poteri magici,fin da bambini imparano ad aver cura dell’aspetto esteriore,indossando abiti colorati e decorati,urbanti,gioielli e monili come talismani che temgono lontani gli spiriti della foresta,mentre un codino sulla nuca impedisce alle entità maligne di penetrare nella testa e provocare la pazzia.Anche per gli Akka ogni malattia è provocata da influenze malefiche della multitudine di spiriti che risiedono in piante,animali ed oggetti da rendere benevoli con sacrifici propiziatori,ma le entità irriducibili che minacciano la famiglia vengono tenute lontane dall’insopportabile fetore di una carogna di cane appesa fuori dall’uscio,mentre il villaggio è protetto dagli Uccelli Guardiani scolpiti nel legno che gracidano magicamente all’approssimarsi degli spiriti ostili.Le tribù Akka sono diverse da tutte le altre indocinesi anche per le forme di iniziazione durante le quali un’autorevole vedova mida introduce i giovani maschoi alla sessualità e un esperto vedovo awshaw si occupa delle fanciulle,poi i giovani si incontrano in una parte apposita del villaggio ove esercitare in libertà ciò che hanno appreso lontano da occhi indiscreti.

 
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