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Dal Sahel all’Oceano

Il Sahel: sulle piste dell’Africa occidentale

L’Africa del Sahel. Fin dall’antichità il fiume Niger ha accolto le carovane che attraversavano il Sahara dalle lontanissime regioni settentrionali dell’Africa mediterranea e berbera, popolazioni e culture diverse tra loro si incontravano nei grandi mercati sul “Fiume dei Neri” dove le merci venivano scaricate per essere imbarcate sulle grandi piroghe verso i centri dei potenti regni neri del Mali e Songhai, per secoli isolati dal resto del mondo e accesso all’Africa che si stendeva a sud misteriosa ed immensa con le sue savane e foreste tropicali.

Dopo la via fluviale le antiche rotte verso l’Africa Nera riprendevano le piste carovaniere che raggiungevano il Golfo di Guinea o la costa dell’Atlantico, completando un immenso sistema di vie commerciali che collegava il Mediterraneo alle profondità del continente, due mondi sconosciuti tra loro che per millenni si sono ignorati, fino alla penetrazione islamica che vide la nascita di regni neri musulmani, ma rigorosamente interdetti ai bianchi.

Seguirono i navigatori portoghesi sulle coste africane che aprirono le rotte marittime e inaugurarono il triste periodo dello schiavismo, ma le vie carovaniere dal Niger all’Atlantico rimasero ignote ai bianchi ancora a lungo e solo nel secolo scorso esploratori ed avventurieri ne attraversarono gli sconosciuti territori fino a quell’epoca indicati con grandi spazi bianchi nelle carte geografiche e segnati con le inquietanti scritte “Hic sunt Leones” o “Unknow”.

Una di esse partiva dai centri fluviali del Mali per attraversare il Sahel occidentale fino alle coste atlantiche del Senegal, aperta in epoche remote dalle popolazioni nomadi per commerciare con gli agricoltori e i pescatori dell’ovest, fu poi percorsa dalla penetrazione islamica nel Continente Nero ed adoperata da arabi ed europei per le razzie di schiavi nei villaggi dell’interno dell’Africa occidentale dai centri costieri.

Lasciando il grande “Fiume dei Neri”, l’antica carovaniera partiva dal vecchio villaggio di Segu e attraversava il territorio delle tribù di agricoltori sedentari Bambara, villaggi ampi e ordinati tra i campi di miglio e i piccoli orti che, come spesso accade in Africa, nella loro semplicità racchiudono una vasta tradizione mitologica che ha sviluppato un complesso ordinamento sociale dove individui, famiglie e clan possiedono ruoli e rapporti precisi regolati dalle leggi degli antenati.

Un’armonia tra il mondo degli uomini, l’universo spirituale e la natura che ha prodotto un’affascinante cultura orale espressa nelle suggestive cerimonie collettive,nelle statue e le maschere rituali che rappresentano mirabilmente le entità protagoniste di un equilibrio dove il reale si confonde con il sovrannaturale.

Africa del Sahel

Allontanandosi dalla fertilità del Niger, i villaggi Bambara si diradano e la vecchia carovaniera continua a nord penetrando il Sahel occidentale, dove si lascia il mondo agricolo e sedentario per entrare in quello completamente diverso degli aridi pascoli dei pastori nomadi Pehul che si spostano con le loro mandrie lungo la pista per lo sperduto villaggio di Nara, frequentato anche dai Tuareg che un tempo vi arrivavano con le carovane dal Sahara e dal Niger.

In questa regione dimenticata, solo la vecchia pista polverosa che si perde nella pianura caliginosa ricorda l’epoca del traffico carovaniero, pochi villaggi spopolati e qualche campo di nomadi che difficilmente vedono passare veicoli, raramente di stranieri e mai di bianchi.

Nioro du Sahel fu un grande centro carovaniero sulla rotta dell’ovest dove si incrociavano le piste provenienti dal Sahara e dal Niger, per secoli le popolazioni del deserto e della savana ne hanno animato il mercato incontrandosi per scambiare merci, notizie e idee che hanno fatto la storia di questa parte d’Africa, poi le antiche vie furono abbandonate e Nioro diventò un annoiato villaggio polveroso frequentato da pochi agricoltori e mercanti Malinké e Sarakolé, qualche Pehul e Tuareg che si ritrovano in una pittoresca decadenza che per un po’ ricorda il tempo che fu.

Da qui la pista attraversa la desolazione del Sahel spopolato dalla siccità che lo flagella da anni e i pozzi prosciugati, dove un tempo vi era la grande animazione periodica dei nomadi negli spostamenti stagionali, sono dominati dal silenzio rotto solo dal sibilante “haewattan”che porta la sabbia del deserto che avanza. Pochi Pehul e Tuareg compaiono come fantasmi sulla via di Kayes, l’ultima cittadina del Mali vicino alle frontiere con la Mauritania e il Senegal, ma le carovane e i viaggiatori che percorrevano la rotta dell’ovest non avevano frontiere, entravano ed uscivano da territori tribali a volte liberamente, a volte pagando tributi a chi li controllava, poi arrivarono gli europei e si inventarono i confini.

Spesso netti e precisi tratti di penna sulle carte geografiche che dividevano territori e popolazioni nella razionale assurdità della spartizione dell’Africa come sarti che si ritagliano pezze dello stesso tessuto per ricucire vestiti diversi senza tenere conto dei disegni e i colori identici. Quando i bianchi se ne sono andati le frontiere sono rimaste e i nuovi capi ne hanno ereditato i sistemi tracciando altri confini sempre più netti e assurdi che hanno diviso altri territori e popolazioni, così a Kayes, e più avanti nel villaggio di Ambidédi, le laboriose formalità burocratiche dei pigri e annoiati funzionari che, non vedono mai stranieri da queste parti, sono lunghe ed estenuanti e il piacere è condiviso dagli altri funzionari oltre il confine, anche se l’ambiente e le facce sono le stesse.

La via dell’ovest prosegue più comodamente tra i villaggi di Kadira e Bakel correndo lungo il fiume Senegal che divide il Sahel della Mauritania meridionale dal Ferlo senegalese popolato dagli allevatori Pehul, discendenti dalla potente confederazione Fulbe che dominò un vastissimo territorio tra il Sahel e le savane occidentali.

Se ne incontrano piccoli gruppi con le povere mandrie, anche qui decimate dalle siccità che si sono susseguite negli ultimi anni, a volte compare qualche vecchio cavaliere armato di spada e nel tradizionale costume dell’antica casta guerriera dei Fulbe, fieri fantasmi di un leggendario medioevo africano che vide fiorire potenti regni neri con le loro città, i mercati e i centri carovanieri governati da sovrani circondati da corti e nobili vassalli, protetti dai cavalieri erranti che difendevano la fede e la giustizia le cui gesta sono raccontate dai vecchi cantastorie “griot” nei villaggi.

Procedendo ad ovest si entra nel territorio dei Toucoleurs, i cui antenati dominarono l’ovest con il potente regno islamico di Tekrour che per secoli controllò il traffico carovaniero dalla Mauritania e dal Mali, altri protagonisti del fiorente medioevo africano assieme ai Fulbe e Songhai con i quali ebbero epiche contese. La casta più elevata era quella dei nobili guerrieri e difensori della fede”Tarobè”, poi diventati funzionari, proprietari e mercanti, seguivano i fieri guerrieri contadini “Sobbé”, ridotti a semplici agricoltori indebitati che convivono con gli inferiori “Saubaldé”nei villaggi sulle rive del Senegal,all’ultimo livello stavano i “Diawambé” che continuano ad essere pastori e mezzadri al servizio delle caste più elevate o sono immigrati nelle città sopravvivendo di espedienti.

Anche l’antica società dei Toucoleurs, come le altre culture dell’Africa occidentale, è stata inevitabilmente travolta dalla storia dopo la decadenza delle antiche rotte carovaniere, il colonialismo che ha generato deboli e corrotti stati nazionali e l’impoverimento del loro territorio tradizionale.

L’ultimo tratto della via carovaniera arriva al villaggio di Dagana in un territorio a lungo conteso tra i Toucoleurs e i Mauri, altri antichi carovanieri e mercanti di nobili tradizioni che si incontrano a gruppetti avvolti nelle lunghe tuniche e turbanti azzurri provenendo dal confine oltre il fiume da dove un tempo arrivavano guidando le carovane dal Sahara o per razziare i villaggi costieri, anch’essi ridotti a fantasmi di un passato leggendario che si muovono su vecchi veicoli carichi all’inverosimile per vendere qualche prodotto artigianale e monili ai turisti al mercato di St.Louis.

St.Louis: antica capitale del Senegal

Una cittadina tranquilla e piacevole sulla costa atlantica alla foce del fiume Senegal fondata dai francesi nel 1659 come primo centro strategico e commerciale per penetrare all’interno dell’Africa occidentale, poi divenne capitale della colonia senegalese e decadde rapidamente sostituita da Dakar. Non è rimasto molto del suo passato, qualche vecchio edificio coloniale e il porto che ormai accoglie solo pescherecci e qualche piccola carovana proveniente dalla Mauritania e dal Mali su quelle antiche rotte che collegavano la costa atlantica al Sahara, ormai dimenticate e perse nella storia, a sud si stende il Senegal e il Continente Nero.

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