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Bolivia: una storia andina

La Bolivia precolombiana

Tra le civiltà sudamericane precolombiane l’ altipiano boliviano settentrionale fu la culla una delle più affascinanti culture andine con il suo centro di Tiahuanaco o Tiwanaku fondato nel II secolo a.C. che fiorì nei successivi con il suo apogeo fino al IX secolo d.C. nella regione ove splende il lago Titicaca. Per la mitologia andina era al centro del mondo come Lago del Puma o Titi-Kaka popolata f dai giganti di pietra prima dell’ umanità e gli antenati dei fondatori di Tiwanaku che dominò gli altipiani boliviani fino alla costa peruviana e la quella settentrionale cilena. Nella seconda metà del IV secolo d.C. venne edificato il centro monumentale sacro con edifici e templi dai maestosi portali decorati, steli incise, sculture e statue che celebravano l’ apogeo di Taypikala, come era anche noto quel fiorente regno dalla cultura raffinata, simboleggiata nel suggestivo Inti Punku, il portale di pietra dalle enigmatiche figure che gli spagnoli ribattezzarono Puerta del Sol con al centro il Sole Piangente che raffigura la divinità suprema che stringe nelle mani sacri simboli di potere e così definita come Dio dei bastoni, simile alle rappresentazioni della divinità felina della cultura andina settentrionale di Chavìn. Interpretato anche come una rappresentazione di pietra di un grande e ancora in parte misterioso calendario solare, nella raffigurazione del Sole piangente, che stringe due bastoni di comando decorati con teste di condor e felini, i raggi sostengono teste di giaguaro, il volto ove scorrono enigmatiche lacrime sembra guardare lo sconfinato altipiano desertico, legato al mito andino della creazione simile alle altre culture precolombiane sudamericane che ha ispirato la suprema divinità Viracocha. A lungo avvolta nei suoi mister, l’ arte di Tiwanaku e la sua monumentale architettura fu anch’ essa in parte influenzata dalla cultura e la mitologia di Chavìn che ne hanno ispirato la simbologia, come altre culture andine dell’ Orizzonte medio tra il II secolo a.C. e il VI d.C., simile a quella che aveva centro nella vicina regione peruviana di Puno nota come Pucará o Pukara.Dopo il suo apogeo dal IX secolo il centro sacro nella fiorente città di Tiahuanaco iniziò il suo rapido declino e con essa la cultura che dominò il suo regno perso nell’ oblio della storia con l’ invasione del bellicoso popolo degli Aymara che ne dominarono il territorio tra i loro regni di Colla, Pacaje, Canchi, Cana, Lupaka e Umasuyo. Edificarono centri fortificati occupando vaste regioni per l’ agricoltura tra l’ altipiano andino e la costa del Pacifico divisi in grandi clan ayllu che le governavano, sottomettendo le antiche comunità che popolavano il territorio del Titicaca che ancora vi sopravvivono come Uros. All’ inizio del XV secolo fu tracciato l’ ultimo periodo nella lunga storia della Bolivia_precolombiana quando varie comunità andine divise tra loro degli indigeni Quechua si unificarono in quello che divenne il bellicoso e potente popolo Inca, fondando il loro impero sempre più vasto espandendosi nei quattro angoli del mondo come Tahuantinsuyo. Conquistarono ben presto anche i domini sugli altipiani boliviani degli Aymara che, nella seconda metà del XV secolo, divennero una delle quattro regioni imperiali suyu come Collasuyo, parte di quel vasto impero che si stendeva nei quattro angoli del mondo incaico dominato dalla Valle Sacra con la capitale Osqo definita l’ Ombelico del Mondo.

La conquista spagnola

Dopo i viaggi di Colombo alla scoperta del Nuovo Mondo, iniziarono le spedizioni degli spagnoli alla conquista del continente americano, mentre continuavano le esplorazioni e di quell’ ignoto continente si tracciava una sempre più dettagliata cartografia, nell’ immenso territorio meridionale continuava a fiorire la civiltà degli Incas che aveva sottomesso tutte le altre culture e popolazioni comprese nei Quattro regioni del mondo come era chiamato il impero Tawantinsuyu, con un vasto sistema di vie, percorsi e vere lunghe strade attraverso i territori delle Ande che collegava tutte le regioni dell’ impero, dall’ Ecuador ai più remoti territori meridionali cileni lungo la costa del Pacifico e dell’ Argentina. Quel vasto impero che sembrava invincibile fu in breve conquistato e sottomesso con la violenza di un manipolo di avventurieri conquistadores guidati dall’ intrepido quanto rozzo e spietato Francisco Pizarro che ne prese possesso come colonia spagnola. Dopo poco iniziarono i contrasti per il potere con il suo compagno Diego de Almagro che, prima dello scontro diretto che insanguinò la colonia per undici anni, fu nominato governatore dei territori più meridionali e nel 1535 partì dalla capitale Cuzco sulla strada incaica imperiale del sud Collasuyu con qualche centinaio di armati seguendo una delle vie delle Ande verso gli sconosciuti altipiani boliviani che sale ad oltre quattromila del lago Titicaca continuando ove si trovavano i resti della cultura e l’antica città di Tiahuanaco proseguendo sull’arido altipiano andino nella regione del lago Poopò, dal gelido clima rarefatto clima andino che decimò uomini e cavalli, verso Bolivia Ande lagunal’ abbacinante deserto salato di Uyuni e a sud ovest lungo la cordigliera e l’immenso deserto costiero cileno di Atacama. Dopo la sanguinosa guerra civile tra Pizarro ed Almagro nel 1544 il sovrano spagnolo Carlo V ristabilì il domino reale sulla colonia come Virreinato del Perù, inviando all’ inizio come primo governatore e vicerè il nobile Blasco Núñez Vela per organizzare l’ amministrazione dei vasti territori che fu completata nel 1572 dal suo successore e nuovo vicerè dai pieni poteri Francisco de Toledo che fece edificare centri, città e fortificazioni, dotato di un potente esercito e della flotta navale Armada del Mar del Sur contro la pirateria e i corsari britannici, introdusse l’ Inquisizione con i suoi spietati tribunali come strumento di dominio assieme alle leggi che sottometevano coloni e popolazioni indigene, reprimendo ogni ribellione e conquistando il libero territorio di Vilcabamba fondato dagli indios, ponendo fine a qualsiasi tentativo di riscossa indigena con la cattura e la condanna a morte del condottiero ribelle Túpac Amaru. Sottomettendo al lavoro servile le comunità indigene per estendere le propietà terriere e la scoperta di vasti giacimenti d’ argento, il viceregno del Perù prosperò come la più vasta e fiorente colonia spagnola nel Nuovo Mondo, mentre il territorio boliviano veniva annesso al viceregno come Alto Perù o Charcas. Nella regione meridionale del Chuquisaca, ove sorgeva il centro degli indigeni Charca chiamato Choke-Chaka , nel 1538 gli spagnoli guidati da Pedro de Anzur fondarono la Ciudad de la Plata de la Nueva Toledo ribattezzata poi Sucre .Sull’ altipiano dominato dal massiccio andino dell’ Illimani, ove si apre la valle del rio Choqueyapu, nei pressi del villaggio indigeno aymarà di Chiquiago Alonso de Mendoza nel 1548 fondò la città d Nuestra Señora de La Paz che ne divenne capitale nota poi come La Paz . Per sfruttare i giacimenti d’ argento a quattromila metri sull’ altopiano sud occidentale nel 1545 venne fondata Potosì che attirò cercatori e coloni divenendo ben presto tra le più grandi città coloniali spagnole, avanzando poi nelle pianure centro orientali guidati dal capitano Ñuflo de Chaves, gli spagnoli nel 1561 ai margini della foresta fondarono la città di Santa Cruz. L’ edificazione delle città coloniali boliviane continuò nel centrale territorio che gli indigeni chiamavano Quchapampa dove il governatore e vicerè Francisco de Toledo per creare una regione agricola nel 1571 fece fondare un grande centro che divenne la città di Cochabamba. Nella stessa regione dell’ altipiano occidentale ove sorgeva il centro indigeno di Uru Uru furono trovati altri vasti giacimenti di argento e nel 1606 da Don Manuel Castro de Padilla vi fondò la città di Real Villa de San Felipe de Austria, abbandonata per l’ esaurimento dell’ argento e poi rifondata nel XIX secolo come Oruro con la scoperta dei giacimenti di stagno.

La Bolivia coloniale

Come il resto del Nuovo Mondo nella storia della Bolivia coloniale la conversione più o meno forzata al cattolicesimo fu la via per sottometterne le popolazioni, fin dalla metà del XVI secolo con i coloni giunsero i missionari per convertire gli indigeni fondando la prima diocesi vescovile nella città di La Plata come era chiamata Sucre, nel 1605 seguì l’ Archidioecesis Pacensis in Bolivia fondata a La Paz e nello stesso periodo l’altra Archidioecesis Sanctae nella città di Santa Cruz. Poco più tardi nel 1623 i gesuiti sempre a Sucre fondarono la prima università cattolica boliviana Usfx o Universidad de San Francisco Xavier, all’ inizio del XVIII secolo furono fondate le missioni gesuite di Chiquitania San José, San Miguel, San Rafael, Santa Ana, Concepción e San Francisco Javier nella regione orientale a Chiquitos. Le missioni gesuitiche sud orientali riuscirono a convertire parte degli Indigeni di stirpe Guaranì con le loro comunità che ancora popolano il territorio più meridionale di Charagua, alcuni nella nuova fede lasciarono le loro antiche tradizioni adattandosi all’ ordine coloniale, mentre gran parte degli indios andini cercarono di rimanerne legati in un sincretismo tra il cattolicesimo e le tradizioni della mitologia religiosa derivata da quella inca. Nel XVIII secolo tra i territori peruviani e boliviani della colonia gli indigeni cercarono di sollevarsi contro il giogo spagnolo con varie rivolte popolari, ma solo alcune impegnarono seriamente gli spagnoli, a cominciare da quella guidata da Santos Atahualpa che per otto anni dal 1742 si scontrò con le armate coloniali nella selva alta dell’ amazzonia peruviana prima di essere sconfitto. Il meticcio convertito José Gabriel Condorcanqui che prese il nome di Tùpac Amaru II fu a capo della grande rivolta contro i proprietari terrieri e i coloni spagnoli radunando decine di migliaia di indigeni per scacciare i conquistatori e riappropriarsi dell’ antico territorio incaico fino ad essere sconfitto nel 1781 e messo a morte con famigliari e seguaci a Cuzco, mentre il fratello Diego Cristóbal Túpac Amaru continuava le resistenza in territorio boliviano l’ anno seguente che venne definitivamente repressa. Nel frattempo infuriava la rivolta degli indigeni boliviani Aymarà guidata da Tùpac Catari resistendo con migliaia di seguaci alla possente armata spagnola inviata dal vicerè Agustìn Jàuregui finendo sconfitto nel 1781 per essere poi torturato e squartato pubblicamente, come Tupac Amaru e i capi delle altre rivolte, mentre i seguaci venivano trucidati. A quell’ epica rivolta si è ispirato il movimento indigeno boliviano del Katarismo che dalla fine degli anni settanta del novecento iniziò ad unificare le comunità degli Ayllus Rojos, mentre il resto della sinistra boliviana era compreso nel Movimiento al Socialismo por la Soberanía de los Puebloso Mas, il settore più rivoluzionario del Katarismo entrò nella lotta armata fondando l’ Ejército Guerrillero intitolato a Túpac Katari celebrandone il mito mai sopito tra gli indios sottomessi e diseredati. All fine del XVIII secolo i discendenti dei coloni spagnoli criollos, poi identificati con i nati dalle unioni tra indigeni ed europei mestizos, erano la popolazione produttiva della colonia impegnata nell’ agricoltura e nell’ estrazione mineraria, ma sottomessi dalla casta dei funzionari inviati dalla madrepatria, iniziarono anch’ essi a manifestare contro il giogo coloniale e ne cominciò la storia dell’ indipendenza boliviana .

La Bolivia indipendente

All’ inizio del XIX secolo il regno spagnolo fu coinvolto nelle guerre napoleoniche che sconvolsero l’Europa, con la dinastia borbonica che riprese il potere nella Restaurazione sulle colonie dove la casta di funzionari spagnoli rimasero fedeli al regime assolutista, mentre una parte dei criollos nel territorio boliviano dell’ Alto Peru già nel 1809 si rifiutarono di riconoscere l’ autorità della Junta Central iniziando la prima rivolta indipendentista detta di Chuquisaca che fu ben preso repressa. Lo stesso anno i criollos e mestizios boliviani si ribellarono a La Paz in un’ altra rivolta guidata da Pedro Murillo proclamando l’ indipendenza del territorio, poi estesa in quelli di Potosì, Cochabamba e Oruro, proseguendo i conflitti assieme agli altri paesi sudamericani dove le milizie indipendentiste guidate da Simón Bolívar portarono alla vittoria liberando dal giogo coloniale i territori del Venezuela, la regione panamense più settentrionale e della limitrofa Colombia, divenuti indipendenti fino a quelli più occidentali dell’ Ecuador, liberati dalla monarchia iberica per riunificarli nella nuova repubblica della Gran Colombia, poi ben presto divisi in stati nazionali, mentre il territorio dell’ Alto Peru proclamò l’ indipendenza nel 1826 e si chiamò Bolivia dal nome del libertador che ha ispirato tutti i movimenti di emancipazione popolare sudamericani come Bolivarismo. Ma in Bolivia quel sogno libertario svanì subito dopo l’ indipendenza con il susseguirsi di colpi di stato e un perenne conflitto con i paesi limitrofi per tutto il XIX secolo, fino a veri scontri armati come quello che dal 1879 per cinque anni contro il Cile alleandosi con il Perù per i giacimenti costieri di salnitro nella guerra detta del Pacifico che ne vide la sconfitta con la perdita dell’ unico sbocco al mare sull’ oceano. Nel 1899 il conflitto contro il Brasile per il Bolivia Ande desertocontrollo delle piantagioni di caucciù nel territorio dell’ Acre che dopo un anno di scontri è rimasto territorio brasiliano, conflitti vari con i paesi confinanti sono continuati fino agli anni trenta del XX secolo. Dopo la disastrosa guerra del Pacifico nel 1884 il governo boliviano fu costretto a rinunciare nel suo unico porto sull’ oceano da trattato di Valparaiso con la cessione del territorio di Arica al Cile, cercando poi di ottenere un porto sul fiume Paraguay all’ omonimo stato che lo rifiutò considerando il fiume come suo confino naturale con il territorio boliviano nella vasta regione del Gran Chaco contesa fin dall’ inizio del XIX secolo. Dopo l’ indipendenza dalla colonia spagnola il Paraguay occupò quella regione sottomettendo e scacciando le popolazioni indigene in gran parte Guarani come gli Ava e Simba nel territorio settentrionale e i vicini Kaiowà, di simile stirpe i Guarani Ñandeva chiamati localmente anche Chiripá che condividono il territorio centrale del Chaco con gli Ayoreo o Ayoréode, le comunità Ebitoso e Tomarah del popolo Chamacoco e nella regione argentina settentrionale i Qom’lek noti come Toba. La disputa riprese all’ inizio degli anni trenta ritenendo che nel Chaco Boreal vi fossero ricchi giacimenti minerari e petroliferi da scoprire e nel 1932 per tre anni si scatenò la devastante guerra del Chaco tra i due paesi con oltre cinquantamila morti boliviani e un gran numero di avversari. La disastrosa sconfitta boliviana di quella sanguinosa guerra combattuta nel Chaco alimentò il nazionalismo di destra e l’ ascesa della casta militare che da allora prese il potere nel paese, a cominciare da Germán Busch divenuto presidente nel 1937 salvaguardando gli interessi dei proprietari terrieri e delle potenti compagnie minerarie che dominavano l’ estrazione e il commercio dello stagno, tra esse dominò il monopolio mondiale di Simon Patiño che favorì la nascita di un governo asservito agli Usa fornendo a bassissimo costo stagno e altre materie da estrazioni minerarie come alleato nella seconda guerra mondiale, inaugurando il lungo vassallaggio dei governi boliviani al potere statunitense.

La rivoluzione boliviana

A difesa della popolazione sottomessa, sfruttata e sprofondata nella povertà si impose il Mnr o Movimiento Nacionalista Revolucionario fondato tra gli altri da Paz Estenssoro nel 1942 che, reagendo al potere dei militari nazionalisti e al dominio dei proprietari minerari asserviti agli Usa, dieci anni dopo guidò la popolazione boliviana alla Revolución nacional boliviana nota anche come Rn del 1952 che nel decennio successivo emancipò il paese introducendo libere elezioni a suffragio universale, riforme economiche e sociali per levare le classi lavoratrici e combattere la povertà, realizzando quella rivoluzione boliviana con una radicale riforma agraria e la nazionalizzazione dei giacimenti di stagno con la presidenza di Hernán Siles Zuazo e ancora dello stesso Victor Paz Estenssor. Il primo governo di ispirazione socialista che risollevò il popolo boliviano sorto dalla rivoluzione del 52 non poteva essere tollerato dalle multinazionali e domino statunitense sui paesi latinoamericani ulteriormente umiliato dal trionfo della rivoluzione cubana e nel 1964 ne venne organizzata la fine con la destituzione del presidente Victor Paz Estenssoro dal golpe militare che portò al potere il generale René Barrientos con il suo regime oppressivo a ripristinare quel dominio, spazzando ogni riforma sociale e libertà.

La guerriglia e Che Guevara

Dopo il golpe che aveva annientato le conquiste della breve rivoluzione boliviana, il nuovo ordine che doveva rappresentare la rinascita dell’ oscurantismo fascista in Bolivia e il resto dell’ America Latina si oppose il movimento della guerrilla ispirata al pensiero rivoluzionario del suo eroico condottiero e protagonista della rivoluzione cubana Ernesto Guevara, già universalmente noto come El Che, con il suo Ejército de Liberación Nacional o Eln detto anche guerrilla Ñancahuazú dal suo centro nei pressi del fiume omonimo boliviano. Gli ultimi giorni del comandante, come la storia del breve ed epico tentativo di liberazione, sono raccontati da lui alla fine diario del Che nell’ ultima battaglia con pochi seguaci tra i monti della quebrada del Yuro contro l’ esercito boliviano assieme a rangers e agenti della Cia statunitense che l’ 8 ottobre del 1967 riuscirono a trarre in un’ imboscata il Che, ferito e catturato per essere assassinato il giorno seguente in una scuola fatiscente nel villaggio di La Higuera dal milite boliviano Mario Teràn incaricato dell’ omicidio, per poi essere fotografato come un trofeo. Pensavano di aver chiuso definitivamente ogni opposizione al dominio di questa ed altri dittature latino americane asservite agli interessi statunitensi, ma al contrario Che Guevara divenne simbolo universale di ogni lotta di liberazione nel mondo. Nonostante che all’ epoca delle sue gesta e la sua morte non fosse conosciuto dalla popolazione più povera e diseredata che difendeva, a distanza di anni viaggiando tra i paesi andini e sudamericani in umili case di indios e campesinos in qualche angolo ho trovato spesso un’ immagine del Che conservata come un mitico eroe che forse sarebbe tornato a liberarli.

Golpe, fascisti e narcotraffico

Due anni dopo il dittatore Barrientos perì in un incidente aereo, seguì un periodo di instabilità fino alla presa del potere del generale di sinistra JJosé Torres nel 1970 che cercò di ristabilire un governo socialista per un anno fino ad essere spodestato dal violento colpo di stato militare del generale Hugo Banzer, costretto all’ esilio a Buenos Aires ove rimase anche dopo la violenta ascesa della dittatura argentina nel 1976 e lo stesso anno fu rapito ed assassinato da una squadra di fascisti con la complicità del dittatore Videla nell’ ambito della vasto piano statunitense per eliminare ogni minaccia socialista al suo dominio nei paesi latinoamericani tristemente nota come Operazione Condor. Il sanguinario complotto statunitense aveva portato alle devastanti dittature di militari sudamericane con il golpe in Cile del 1973 orchestrato dalla Casa Bianca e guidato dal sanguinario Pinochet e lo sporco conflitto argentino che fu detto Guerra sucia per reprimere violentemente ogni opposizione di sinistra ed eliminarne i militanti uccisi e anche solo sospettati Desaparecidos. Un orgia di potere criminale dal 1976 dopo il cruento golpe argentino, anch’ esso orchestrato dal governo statunitense con il segretario di stato Kissinger come quello cileno che portò al potere la sanguinaria accozzaglia di assassini della Junta militare con a capo l‘ apprezzato anticomunista e feroce dittatore Videla. La dittatura boliviana di Banzer cercò di legittimarsi chiedendo il consenso popolare nelle elezioni del 1978 drogate da brogli come le successive fino all’ elezione democratica di Lidia_Tejada nel 1980, costretta alla fuga lo stesso anno quando con un altro violento e sanguinario golpe prese il potere il generale García Meza. Ero nel primo dei miei viaggi in Peru ancora all’ inizio di una lunga serie di reportages nel resto del mondo, entrai dalla frontiera boliviana chiusa nei giorni del golpe corrompendo un ufficiale boliviano e quando gli chiesi cosa accadeva a La Paz mi rimane stampata nella memoria la risposta ”Cortamos las bolas comunistas para la comida de los perros”. Ricordo bene quei giorni con i posti di blocco militari e le ronde che spingevano i prigionieri, le vie di La Paz presidiate, le violente incursioni, gente portata agli interrogatori e alle esecuzioni, solo a vedere una fotocamera ti sparavano, la reclusione notturna in un hotel fatiscente per stranieri mentre fuori crepitava la resistenza, all’ alba su una parete davanti vedevo un scritta “paremos el golpe fascista” subito cancellata per ricomparire il giorno seguente, ne pubblicai uno dei miei primi reportage di guerra Morire a La Paz. A dirigere lo scempio golpista era il famigerato Arce Gómez nominato ministro degli interni, tra arresti di massa, torture ed esecuzioni l’ inferno boliviano attirò la feccia nazista e fascista europea subito al servizio dei militari, usciti dalle fogne ne furono degni consulenti come il boia di Lione Klaus Barbie che fu tra i più efferati criminali nazisti e il nostrano ratto Stefano Delle Chiaie, protagonista del più sanguinario terrorismo fascista in Italia e già infame collaboratore nel golpe cileno con la Dirección de Inteligencia Nacional nota come la sanguinaria polizia segreta Dina. Altri suoi degni compari meno noti me li sono ritrovati come narcotrafficanti nella regione di Santa Cruz de La Sierra, loschi figuri che si sono rifugiati nella culla golpista come Diodato del gallo che dalla feccia fascista hanno continuato la loro carriera criminale nel traffico di droga. Fu proprio la tragica e violenta dittatura di Luis García Meza che incrementò la produzione e il commercio della coca come primo fornitore al cartello di Medellìn colombiano dall’ inizio degli anno ottanta che ha intossicato il mondo di cocaina, ho seguito quelle vie della droga boliviana nella regione del Beni tra Santa Ana del Yacuma, Santa Cruz de la Sierra e la capitale Trinidad, infestata da trafficanti e manovalanza del narcotraffico boliviano. Lungo i fiumi nella foresta e tra vallate nascoste e si stendono le piantagioni della coca coltivata e protetta dai cocaleros per estrarne la pasta base della cocaina, da qui è nato quel perverso oggetto di desiderio narcotico che è dilagato nel lucroso traffico internazionale ammorbando il mondo. Anche nella foresta boliviana come nel resto dell’ Amazzonia ho visto la deforestazione per aprirla a devastanti allevamenti, la frenetica ricerca di giacimenti minerari e petroliferi, squarciata da vie che attirano trafficanti ed avventurieri, progetti di strade nella devastazione di ambiente e popolazioni che qui vivono da secoli.

Neoliberismo ed altre dittature

Dopo la devastante dittatura nel 1982 si tornò a libere elezioni che portarono alla sua seconda presidenza Hernán Siles Zuazo iniziando il cammino alla nuova democrazia, tre anni dopo furono indette altre elezioni dove il generale Banzer fu ricandidato dall’ Acción Democrática Nacionalista con il partito Adn che ebbe la maggioranza relativa, seguito dal candidato Paz Zamora del Movimiento de Izquierda Revolucionaria di sinistra Mir e dal Movimiento Nacionalista Revolucionario o Mnr con la ricandidatura del passato presidente Paz Estenssoro che alla fine fu eletto nuovamente trovando il paese nella disastrosa situazione economica e sociale provocata dalla dittatura. L’inflazione catastrofica, la povertà dilagante e la dissoluzione di ogni diritto avevano sprofondato la popolazione i condizioni insostenibili affrontate nei successivi quattro anni dal governo democratico tenendo fuori i militari e le criminali associazioni fasciste, nel frattempo crollò il prezzo dello stagno nei mercati internazionali e venne a mancare il lavoro per migliaia di minatori che, assieme ad un regione di austerità imposto dalla crisi economica, riportò il malcontento popolare. Bolivia AndeNel 1989 le nuove elezioni nessuno dei partiti raggiunse la maggioranza per governare, solo il Mnr con la candidatura di Sànchez de Lozada raggiunse una maggioranza relativa e venne eletto Jaime Paz Zamora che formò un governo di centro sinistra sostenuto dal Mnr ed esternamente da una coalizione degli altri partiti, cercando di ridurre l’ inflazione e la situazione sociale con alcune riforme, represse la guerriglia con l’ esercito nel 1990 contro la formazione del del Cnpz o Comitato Néstor Paz Zamora, intitolato al fratello guevarista Nestor Paz Zamora ucciso venti anni prima negli scontri a Teoponte, e due anni dopo contro il movimento indigeno Egtk dell’ Ejército de Guerrilla Tupac Katari. La politica socialdemocratica moderata e la repressione della guerriglia non venne considerata sufficiente agli interessi statunitensi trovando la scusa che il governo di Paz Zamora non combatteva adeguatamente il narcotraffico dato che il presidente si era rifiutato di eliminare le tradizionali piantagioni indigene di coca e di ampliare il trattato di estradizione dei trafficanti. Nell’ opera di smantellamento del governo socialdemocratico venne coinvolto lo stesso presidente accusato di collusioni con il trafficante Isaac Chavarria, come il parlamentare del Movimiento de Izquierda Revolucionaria, Oscar Eidwas che venne arrestati screditando la sinistra boliviana del Mir. Nelle elezioni del 1993 una coalizione di centro sinistra portò alla presidenza Gonzalo Sànchez de Lozada che continuò il riformismo economico con il rigorismo imposto dal Fondo Monetario Fmi, vennero privatizzate le imprese statali delle telecomunicazioni, energia, trasporti, estrazione minerari e petrolifera, il nuovo governo riuscì a decentrare l’ amministrazione statale, introdusse il piano pensionistico Bonosol per gli anziani avviò una riforma agraria per moderare il latifondismo, intervenne con leggi a regolamentare il selvaggio sfruttamento forestale e riassegnò territori tradizionali alle popolazioni indigene nelle regioni del Chaco ed amazzonica delineandone i contesi confini. Se appariva in parte progressista in realtà non fu vero il riformismo di Sànchez de Lozada che, per il suo neoliberismo e la cessione del diritto per la ricerca e sfruttamento delle risorse di gas e petrolio alle multinazionali, fu definito El Gringo. Nel 1997 il partito fascista Acción democrática nacionalista con una coalizione della destra populista riuscì a far rieleggere il famigerato generale Hugo Banzer, che era stato a capo della sanguinaria dittatura devastando il paese per cinque anni dal 1971, il governo abolì gran parte delle riforme sociali riportando ad una selvaggia economia neoliberista riprivatizzando ogni risorsa e attività produttiva per favorire nella sua corruzione la vorace imprenditoria boliviana e le multinazionali. Dopo tre anni della sua nuova dittatura proteste e manifestazioni della popolazione ancora una volta sottomessa ed impoverita, Banzer impose lo stadio d’ assedio militare nel paese fronteggiando la rivolta che fu detta Guerra de Agua contro la privatizzazione dell’ acqua nella povera regione di Cochabamba e il movimento indigeno andino guidato da Felipe Quispe, che fu chiamato come il potente spirito delle montagne nella tradizione degli indios aymara Mallku .Tra repressioni e violenze proprie del criminale Banzer, per malattia si dimise lasciando il potere al suo vice presidente Jorge Quiroga e nelle successive elezioni del 2002 non prive di sospetti brogli, venne rieletto per un minimo margine Sánchez de Lozada El Gringo neoliberista contro il partito Mas del Movimiento al Socialismo che aveva candidato il sindacalista indigeno Evo Morales osteggiato dal governo statunitense con la minaccia di sanzioni e la chiusura dei rapporti commerciali. L’ anno seguente per il permanere della disastrata condizione economica continuarono i conflitti sociali culminati con quella che fu definita la guerra del gas contro il progetto di esportarlo negli Stati Uniti attraverso il Cile per il lucro delle multinazionali, mentre la popolazione andina più povera ne chiedeva la nazionalizzazione per beneficare delle risorse naturali, la rivolta iniziata tra i poveri contadini e minatori dell’altopiano dilagò tra gli operai e studenti delle città sfidando il governo di Gonzalo Sanchez de Lozada che scatenò una violenta repressione.

Il socialismo indigenista di Evo Morals

Travolto dalle manifestazioni popolari fu costretto a dimettersi riparando in Florida e venne sostituito da Carlos Mesa che indisse un referendum per cercare di risolvere il conflitto sulle risorse naturali, i conflitti ripresero e mentre la capitale La Paz era ormai in stato d’ assedio invasa dai manifestanti nel 2005 anche Mesa si dimise e venne eletto direttamente dal parlamento il magistrato a capo della Suprema Corte Rodríguez Veltzé che indisse nuove elezioni democratiche, senza i brogli e l’ ingerenza statunitense portarono finalmente alla rivincita del popolo Aymara, di tutti gli indigeni e gli oppressi boliviani con l’ elezione a presidente il sindacalista indio Evo Morales che ne divenne ben presto simbolo di riscossa. Nel 2006 dopo meno di un anno dalla vittoria di Morales la nuova amministrazione boliviana entrò nel piano di cooperazione economica e sociale dell’ Alba o Alianza bolivariana para América Latina y el Caribe assieme a Cuba e il nuovo governo chàvista bolivariano che aveva trionfato in Venezuela per non subire l’ imposizione del progetto statunitense che doveva riunire i paesi latinoamericani nell’Área de libre comercio de las Américas noto come Alca. Il popolo venne chiamato per condividere ricchezza, giustizia e democrazia a votare la nuova Costituzione riconoscendo i diritti della popolazione di ogni classe, lavoratori, i ceti rurali più poveri e di tutte le minoranze indigene fino all’ epoca emarginate e sprofondate nella povertà, una più vasta rappresentanza alle organizzazioni politiche, sociali e sindacali. il governo di Morales completò il progetto della nazionalizzazione del gas boliviano assieme ai giacimenti petroliferi e minierari escludendo per le multinazionali e le organizzazioni di vendita all’ estero a beneficio delle finanze boliviane nel progetto di retribuzione del reddito alla popolazione assieme a quella della terra con la riforma agraria. Con le nazionalizzazioni e le riforme boliviane il governo si è schierato con gli altri di ispirazione socialista che affermano l’autodeterminazione e sovranità dei paesi latinoamericani contro l’ ingerenza neoliberista statunitense, come altrove la svolta rivoluzionaria progressita di Evo Morales ne ha provocata la reazione con tutti i mezzi, compreso il sostegno ai progetti di golpe organizzati da ex militari della sconfitta dittatura argentina nel 2009. Con il modello boliviano costituzionale popolare ed indigenista ha risollevato l’ economia preda degli interessi stranieri e delle multinazionali, conferendo dignità ad una popolazione da sempre sottomessa e sfruttata, inoltre l’ entusiasmo riformista di Morales sostenuto dalla popolazione ha portato ad una seria lotta alla criminalità e la corruzione con la sua Transparencia. Ha ottenuta la terza presidenza con il successo popolare riconfermato nelle elezioni del 2014 per continuare l’ opera riformatrice contro disuguaglianze sociali e la povertà, riducendo ulteriormente l’ influenza delle multinazionali con la nazionalizzazione delle imprese energetiche, idrocarburi, elettricità e telecomunicazioni per la ridistribuzione delle ricchezze tra la popolazione povera ed indigena. Le vittorie e le sfide di Morales in pochi anni hanno emancipato questo paese liberandolo da un lungo periodo di indigenza dominato dagli interessi di latifondisti, proprietari terrieri, imprese private e minerarie legate alle multinazionali, tra gli ultimi governanti di ispirazione socialista e come vero capo indigenista destinato ad essere l’ unico ormai rimasto tra i paesi latinoamericani. Il suo grande errore è stato il conferimento di un’ aurea antimperialista alla tradizionale coltivazione di coca tra le popolazioni indigene, schierandosi in una inopportuna battaglia per la coca che, al contrario, ne favorisce il lucroso traffico delle organizzazioni criminali straniere, così quella che è nata come una sorta di protezione indigenista ha avuto diverse conseguenze da quelle previste, ha cercato di rimediare scatenando le proteste dei cocaleros coltivatori. Assieme ad altre motivazioni orchestrate dalle opposizioni, è stata anche questa una delle cause della sconfitta nel referendum del 2016 per modificare la Costituzione e permettere una sua a nuova candidatura alla presidenza che ne segna il declino e un futuro incerto, Morales e il suo governo rappresenta tutto ciò che è inviso alla voracità statunitense nel continente e il governo di Donald Trump che anche qui organizza il suo funesto intervento, per ricondurre i paesi latinoamericani che se ne sono liberati, al dominio dei gringos preparandosi a cacciare Evo Morales, così come assieme all’ asservita Unione Europea sta facendo con la legittima sovranità del Venezuela.

Conosco bene questo paese e tutti gli altri dall’ estremo nord al profondo sud d’ America per averne percorsa la storia, cultura, ambienti e popolazioni, appartengo ad una generazione che un tempo ne avrebbe difeso la dignità contro ogni aggressione in nome di un’ Hasta la victoria siempre ormai dimenticata ed altro non si può dare che esserne testimone.

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